I brevissimi 2008 – La malattia di Valter Malenotti_Feriolo(VB)
anno 2008 (Le quattro virtù cardinali – La prudenza)
Si destò al trillo della sveglia, premette il pulsante e si alzò dal letto come
qualsiasi altra mattina. S’accovacciò nella doccia e lasciò che l’acqua gli
portasse via ogni residuo della notte e ogni indecisione. Finì di lavarsi, con
cautela buttò fuori prima una gamba, poi l’altra. Mentre si asciugava
bussarono alla porta. S’irrigidì, s’infilò i pantaloni e andò a guardare dallo
spioncino: era la ragazza del piano di sotto, una studentessa carina,
indossava una corta vestaglietta di seta. “Desidera?” chiese attraverso la
porta.
La ragazza rispose d’aver finito lo zucchero. Aprì di una spanna, la
catenella tesa. Sbirciò alle spalle di lei, sul pianerottolo. Avvertì un
profumo dolce, spalancò la porta ma non la invitò a entrare. Mentre
prendeva lo zucchero la sveglia squillò di nuovo. Gli cadde la zuccheriera
dalle mani, infrangendosi accanto a un piede. Soffocò una dolorosa
bestemmia. La ragazza si precipitò in cucina. “No, no, niente di grave”
disse lui guardando verso l’uscio, “la porta, la prego, vada a chiudere la
porta”. Lei ubbidì, quindi azzittì la sveglia. Gli chiese dove poteva trovare
delle garze e un disinfettante. Lui, seduto sul pavimento, le fece cenno in
bagno: “L’armadietto dei medicinali è a lato della specchiera”. Tornò con il
necessario, era pallida. “Mi dispiace” disse lui, “le fa impressione il
sangue?” Fece di no con la testa, inquieta. Lui si batté una mano sulla
fronte. “Mi scusi” continuò, “ha visto la pistola?” Deglutendo lei accennò
un sì. “Non si preoccupi, è tutto in regola, ho il porto d’armi”. Le sorrise,
gli piaceva quella ragazza, la trovava sensuale e allo stesso tempo
innocente. Lei parve rilassarsi:
“È un poliziotto?”
“No, un semplice ragioniere… La pistola l’ho presa per difesa personale.
Sa, con i tempi che corrono…”
Lei annuì. Lo guardava negli occhi, quasi con ardimento. “Arriverà in
ritardo al lavoro…”.
“Non è un problema, oggi ho altro da fare”. I loro sguardi s’incontrarono di
nuovo, lei era inginocchiata, dalla vestaglia un poco aperta s’intravedevano
dei seni come frutti maturi. La desiderava. Si rese conto in quel momento
di essere a torso nudo. Aveva un bel fisico, faceva ginnastica tutti i
maledetti giorni. Sarebbe bastato poco, accarezzarle una guancia e attirarla
verso di sé. No, non era proprio il caso, pensò. “Mi scusi signorina,
potrebbe assicurarsi che non sia rimasta una scheggia di vetro nella ferita?
Sa, le infezioni…” Lei distolse lo sguardo e allargò il taglietto. Lui si morse
un labbro e l’ultimo languore di desiderio gli si spense dentro.
“È tutto occhéi” confermò, poi gli fasciò veloce il piede. Lo aiutò ad
alzarsi.
Zoppicando lui la accompagnò alla porta. “Mi dispiace per lo zucchero”
disse.
“Non fa nulla, scusi lei piuttosto”.
Richiuse immediatamente e guardò fuori dello spioncino. La vide scendere
le scale, le forme ondeggiavano nella vestaglia di raso. No, aveva fatto
bene, non sapeva nemmeno chi era, con tutte le malattie che c’erano in
giro…
All’improvviso si rammentò che era lui il malato e che quella mattina aveva
deciso di guarire. Aprì l’armadietto, zeppo di medicinali. Afferrò la Smith &
Wesson, prese una scatoletta con la scritta Prozac e fece scivolare fuori
mezza dozzina di proiettili calibro 9 che infilò rapidamente nel tamburo.
Finì di vestirsi, s’infilò l’arma nella cintola, quindi, uscì sul terrazzino.
S’appoggiò alla ringhiera di ferro, era al settimo piano e soffriva di
vertigini. Tremando scavalcò la ringhiera, si lasciò scivolare con le mani
fino alla base, penzolando nel vuoto. Era proprio all’altezza del balcone
della ragazza. Lei lo vide, al di là dei vetri, sgranò gli occhi. Lui
abbandonò la presa della mano destra e andò a prendere la pistola,
aggrappato con l’altra mano. La ragazza fece un passo indietro, urlò. Lui si
mise la canna della pistola in bocca con le labbra protese in un
atteggiamento scimmiesco. Bene, pensò, mentre il dito premeva il grilletto,
così sono sicuro. D’altronde, la prudenza non è mai troppa.