I brevissimi 2008 – La Prudenza di Eliana De Giorgio_Taranto
anno 2008 (Le quattro virtù cardinali – La prudenza)
“La prudenza” era il titolo del libro lasciato sul sedile del treno. Lo notò
subito dopo aver appoggiato i bagagli e pensò che chi si dedicava a tali
letture poteva essere un buon compagno di viaggio. Quel particolare
insolito contribuì a convincerla della scelta di quel posto. Non appena si fu
creata il suo spazio, diede un’occhiata intorno. L’ambiente era tranquillo, il
treno non era molto affollato né troppo rumoroso e l’aria condizionata era
regolata al punto giusto, in modo da lasciar evaporare lentamente il calore
accumulato nel corpo. Iniziò a immaginare chi potesse essere il possessore
di quel libro. Era un uomo o una donna? E di quale età? Tentò di
individuarlo di volta in volta nelle persone che entravano dalla porta
scorrevole, ma dopo alcuni tentativi abbandonò la ricerca e si rivolse al
finestrino. La prudenza….quella parola dal suono misterioso e un po’
intimidatorio scatenò nella sua mente una serie infinita di associazioni. Lei
lo era stata, prudente? Nell’immediato pensò di sì, aveva sempre fatto
scelte ponderate, calcolando i rischi, soppesando svantaggi e benefici,
facendosi guidare dall’equilibrio e dalla razionalità. Era una cosa positiva
dunque essere prudente. Cercò di circoscrivere il significato di quella
parola, a primo impatto così indefinito e confuso, fino a distinguerne
un’immagine chiara e nitida nella sua mente. Prudenza voleva dire
razionalità, rigore, equilibrio.
In quel preciso istante un rumore improvviso interruppe i suoi pensieri e
voltandosi vide davanti a sé una figura esile, un ragazzo sui venticinque,
dall’aspetto composto e preciso: capelli corti, jeans, polo e un paio di
occhialetti che gli davano un’aria da intellettuale. Era seduto sul sedile di
fronte, ma lungo il corridoio, ed aveva in una mano il libro e nell’altra uno
zaino, che aveva appoggiato sul tavolino facendo un po’ di rumore. Il
ragazzo accennò un sorriso a cui lei rispose con naturalezza. Quel sorriso
si rivelò per lei come una porta aperta, al che non esitò poco dopo a
rivolgergli la domanda: “Di che libro si tratta?”. “E’ un romanzo” disse.
“Me lo ha consigliato il mio professore di Cinese”. “Cinese” esclamò lei
sorpresa. “Sì, studio Cinese all’Orientale” precisò il ragazzo. “E di cosa
parla? Il titolo è piuttosto insolito…” incalzò incuriosita. “E’ la storia di un
uomo che ha vissuto gran parte della sua vita pensando di essere stato
prudente, di aver fatto le scelte più giuste e ragionevoli, per poi scoprire
un giorno di essere andato nella direzione sbagliata, di aver scelto una
strada, ragionevole e giusta per gli altri sì, ma non la “sua” strada. Allora –
continuò – si rende conto che il suo equilibrio, che fino a quel momento
aveva considerato incrollabile, era in realtà precario e artificioso ed era
stato costruito mettendo tra parentesi la parte più importante di sé, cioè i
suoi desideri.” “Sembra interessante” esclamò lei “Ma qual è il nesso col
cinese?” “Il mio professore sostiene che il vero equilibrio non può che
venire da un incontro tra l’anima e il corpo: una decisione equilibrata
contiene sempre in sé un po’ di corporeità, così come la fisicità per essere
vissuta in modo equilibrato deve portare con sé un po’ di razionalità. La
vera prudenza quindi non può prescindere da questi due elementi e da una
loro attenta ponderazione”. Le parole dello studente di cinese la
affascinarono. Ma non erano solo le sue parole, c’era qualcosa nel suo
modo di fare che le lasciava intravedere un’altra cultura, un altro modo di
pensare e comportarsi, come se lui si fosse a tal punto calato in un altro
mondo da assorbirlo in parte nella sua stessa identità. Quasi leggendola
nel pensiero lui continuò: “Imparare una lingua è un incontro, e come tutti
gli incontri implica in qualche modo una trasformazione, di cui spesso non
siamo immediatamente consapevoli”.
Prudenza quindi poteva voler dire anche paura, rinuncia e fuga da se
stessi. Era l’altra faccia della medaglia. Forse non vi era parola più
ambivalente. Da una parte il controllo supremo della razionalità, dall’altra
il dominio incontrollato della paura. Ma un punto di contatto forse c’era ed
era lì nella ragione, strumento potente e pericoloso che poteva essere
usato tanto per realizzare se stessi nel bene, quanto per allontanarsi dal
proprio centro in un bene puramente illusorio e artificioso. Ecco il limite
della mente – pensò – ed ecco dove viene in aiuto il corpo, con la sua
fisicità, con la sua chimica, con le sue emozioni che, a differenza della
ragione, non ingannano quasi mai. Pensandoci bene essere prudente aveva
voluto dire anche abbandonare i propri sogni, lasciarli scivolare lentamente
giorno per giorno fino a tradirli, e a tradire inevitabilmente in questo modo
la parte più intima e profonda di sé.