Battaglie culturali_I parte
di Franco Buffoni
Scriveva Gaetano Salvemini: “Tutti in Italia sembrano aver dimenticato che la libertà non è la mia libertà ma è la libertà di chi non la pensa come me. Un clericale non capirà mai questo punto né in Italia né in nessun altro paese del mondo. Un clericale non arriverà mai a capire la distinzione fra peccato, quello che lui crede peccato, e delitto, quello che la legge secolare ha il compito di condannare come delitto. Il clericale punisce il peccato come fosse delitto e perdona il delitto come se fosse peccato. Perciò è necessario tener lontano i clericali dai governi dei paesi civili”.
Credo che mai come oggi, per comprendere il senso profondo dello scontro in atto tra chiesa cattolica e modernità, queste parole meritino di essere meditate. Che cosa significa perdonare il delitto come se fosse peccato? Significa che sul sacramento della confessione – oggi ribattezzato “della penitenza” – il cattolicesimo post tridentino ha costruito i fondamenti di quel potere che oggi il mondo moderno disconosce: il potere che concede l’assoluzione al delitto in presenza di “vero pentimento”.
Nel mio libro GUERRA (Mondadori, 2005) pubblicai un testo concepito come una reazione alle reiterate richieste di “perdono” per i “delitti” commessi in nome di santa romana chiesa: richieste avanzate da Giovanni Paolo II in occasione dell’anno giubilare 2000.
Non costa nulla chiedere perdono
Per archi trionfali popolati
Di allegorie screziate
Consustanziate in lame ed armature,
Tasse sul miele al papa-re per S. Michele
Spade pugnali attrezzi di tortura
Non costa nulla chiedere perdono.
Per il potere di sciogliere e legare
Convertire reprimere annientare
Non è possibile chiedere perdono.
Non ha senso – scrivevo – chiedere perdono per avere esercitato il potere di sciogliere e legare, convertire, reprimere e annientare nel momento in cui A QUESTO POTERE NON SI E’ RINUNCIATO E NON SI HA ALCUNA INTENZIONE DI RINUNCIARE. Anzi, tali richieste di perdono suonano ad orecchie laiche e moderne come un ulteriore atto di violenza e di arroganza. Non è possibile chiedere perdono se non si rimuovono le cause che portarono ai crimini. Ma la chiesa cattolica – ovviamente – non può rinunciare al proprio potere di sciogliere, legare, convertire e concedere l’assoluzione, se non rinunciando a se stessa.
Scandali recenti come quello dei cosiddetti preti pedofili, o più circoscritto quello relativo al ritrovamento del cadavere di Elisa Claps nel sottotetto della parrocchiale di Potenza, o più indietro nel tempo quello relativo al triplice omicidio-suicidio che coinvolse a Roma il comandante delle guardie svizzere, o persino la mancata autopsia sul cadavere di papa Luciani, presentano tutti un denominatore comune: l’urgenza a non fare chiarezza, a non indagare, a non denunciare, a soffocare qualunque voce si levi (o si levasse, come quella della madre della povera guardia svizzera sulla cui memoria pesano due omicidi) a chiedere una indagine seria, circostanziata, libera da condizionamenti. Troncare, sopire, padre molto reverendo, sopire, troncare…
Perché questo denominatore comune? Perché la prima preoccupazione non è scoprire il colpevole e condannarlo o farlo condannare. Queste sono logiche illuministiche e liberali. La prima preoccupazione è che l’affaire non trapeli, o se trapela che se ne sappia il meno possibile, e soprattutto che ne parlino il meno possibile i nemici là fuori, sempre pronti a puntare il dito contro i depositari del bene assoluto e della verità rivelata. Il segreto come dimensione istituzionale. Il colpevole come il minore dei mali: se si confessa e si pente, si legherà ancora di più alla sacra istituzione, e sarà grato e servo umilissimo. Lo si può perdonare e assolvere, riammettere nei ranghi, rimettere in circolazione, magari proprio tra quei fanciulli che lo attraggono. Sarà una “prova”. E se “cadrà” di nuovo? Dovrà nuovamente pentirsi. Perché ciò che più conta non è l’adolescenza violata, ma il confratello da proteggere, salvare e conservare.
Qual è l’elemento istituzionale che favorisce e giustifica l’omertà? Nel 1996, riferisce il New York Times, il cardinale Tarcisio Bertone diede istruzioni ai vescovi del Wisconsin di avviare un processo canonico segreto che avrebbe potuto portare alla riduzione allo stato laicale di padre Murphy (stupratore di oltre duecento bambini sordomuti). Lo stesso Bertone, tuttavia, pochi mesi dopo fermò il processo, perché padre Murphy aveva scritto al cardinale Ratzinger: “Vorrei solo vivere il tempo che mi resta nella dignità del mio sacerdozio. Chiedo il vostro aiuto in questa vicenda”. Fu accontentato. Padre Murphy non ricevette alcuna punizione o sanzione e fu trasferito in segreto in altre parrocchie e scuole cattoliche. Sui motivi per i quali padre Murphy non sia mai stato punito riducendolo allo stato laicale, il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, ha risposto che “il diritto canonico non prevede punizioni automatiche”.
Fuori da ogni logica istituzionale, semplicemente inconcepibile, sarebbe in questi casi pensare ad una denuncia alle autorità civili da parte ecclesiastica. Questo compito spetta sempre e solo alle vittime, dopo qualche anno, quando sono cresciute, se riescono a vincere vergogne e timori, se qualcuno le sostiene. E quando un procuratore della repubblica italiano (è accaduto a Milano) si azzarda a dichiarare: “Riceviamo le denunce sempre e soltanto dalle vittime, mai dalle autorità ecclesiastiche”, il ministro della giustizia italiano pensa subito ad inviargli un’ispezione ministeriale.