I brevissimi 2024 – Bialoweiza sotto la neve, Marco Bandini_Forlì(FC)
Anno 2024 (Le stagioni: Inverno) – finalista
Dei leggeri fiocchi di neve si stavano posando sull’impermeabile di Anna. Le sfioravano leggermente le spalle e il cappuccio per poi sciogliersi, la forma cristallina e perfetta non poteva sopportare il calore di una persona.
Anna non ci faceva caso. Lei continuava a camminare; a ritmo costante, il suo unico pensiero era mantenere il respiro. Ormai non poneva più nemmeno attenzione alla natura attorno a lei. Erano almeno otto ore che camminava. Aveva passato alberi e laghi, cespugli, uccellini e piccole lucertole. Gli aveva dedicato tempo e scattato qualche foto con la sua fotocamera, una Nikon Z8 su cui aveva montato uno zoom da 400mm adatto per le fotografie naturalistiche. A questo punto del cammino però non aveva più tempo. Mancava un’ora al tramonto, e lo zaino sulle spalle più pesante ad ogni nuovo passo. Non aveva più tempo. La neve stava lentamente iniziando a coprire l’erba. Mancava ancora da montare la tenda e non avrebbe potuto farlo con troppa neve. Però doveva continuare non poteva fermarsi. Era convinta della necessità di raggiungerlo a tutti i costi. Non poteva fermarsi. O tutto sarebbe stato inutile.
Un altro passo.
Un altro ancora.
La valigia era troppo pesante. Il respiro incominciò a diventare affannoso. Non poteva mollare ora. Dopo tutta questa fatica. No, non poteva mollare.
Qualche anno prima durante il cammino di Santiago un giovane ventenne greco le aveva consigliato, vedendola in affanno, che per mantenere il ritmo un regolare doveva pensare a degli avvenimenti passati da qualche giorno, così la mente si perdeva in pensieri ancora lucidi e il corpo lavorava in automatico, come una macchina.
Anna allora mentre la neve cadeva e il bosco la circondava si focalizzò su un ricordo, fuori dallo spazio e dal tempo in cui si trovava.
Una settimana prima, il tre di gennaio, il telefono davanti a lei appoggiato sul tavolo della cucina mentre stava chiamando Elena per la quinta volta. Il telefona di lei squillava e sapeva che aveva letto i messaggi che le aveva mandato. Era preoccupata. Si era immaginata che qualcosa di grave fosse successo. Forse il padre era stato male. Forse in incidente in macchina, tutte le opzioni erano possibili. Però, questa volta, al quinto tentativo, Elena rispose alla chiamata.«Ho pensato a tutti i modi possibili per non dover fare questa cosa al telefono, ma…»
Tre anni di amore e gioia, per finire con qualche parola trasmessa da un microfono.
Ne seguirono tre giorni di pianti e sconforto. Anna si sentiva fredda e triste come l’inverno milanese che aveva attorno.
Decise di partire il giorno prima che Elena sarebbe ripassata dall’appartamento per riprendersi le sue cose. Non voleva vederla non avrebbe sopportato. Era finito con una chiamata. Ormai non aveva più senso rendere questa fine reale.
Si domandò a lungo dove andare per quel giorno e durante questo processo alternato da momenti di pianto disperato, le ritornò alla mente una frase di Elena al telefono. Mentre le spiegava i vari motivi per cui la loro relazione non funzionava le aveva rinfacciato che lei perdeva troppo tempo dietro la fotografia, una passione a detta di Elena stupida per una persona di trentadue anni. Un conto era scattare le foto durante i viaggi, ma perdere i propri fine settimana ad andare nei boschi a scattare foto a dei cervi le pareva al quanto idiota e avrebbero invece potuto spendere del tempo insieme. Riprese quindi un suo vecchio piano di viaggio di una inverno di due anni prima che aveva abbandonato per una vacanza con Elena.
Fotografare i bisonti nella foresta di Bialoweiza in Polonia.
Anna comprò i biglietti dei treni, riempì uno zaino e partì.
Ora era lì, camminando a fatica. La paura che alla fine fosse tutto inutile.
Poi però eccola, oltre la boscaglia.
Un’enorme radura.
Dieci bisonti, il manto bruno sormontato da una neve bianca e splendente.
L’occhio nell’obiettivo. Attorno non resta niente, tutto il mondo attorno scompare. È tutto calmo, tutto magnifico. Va tutto bene.