I brevissimi 2021. Bianco, Irene Brocchieri_Busto Arsizio(VA)
anno 2021 (Bianco)
Chissà di cosa sono fatti i monitor delle bilance elettroniche.
Me lo sono chiesta un giorno quando, per caso, bighellonando tra camera mia e il bagno, ho deciso di pesarmi. Ho aperto qualche pagina di Wikipedia e, dopo un po’ di ricerche, ho desistito, accettando la mia ignoranza sulla tecnologia che sta alla base dei display.
Conosco solo ciò che vedo: un rettangolo bianco che quando viene stimolato dal mio peso si illumina e crea interessanti ghirigori neri che si muovono e mescolano un poco per poi stabilizzarsi.
Qualche giorno dopo la mia prima magica e intrigante esperienza sono inciampata di nuovo in quello strumento misterioso e, dopo esserci salita sopra, mi sono chiesta: chissà perché possiedo una bilancia, come è finita in casa mia?
Ho scoperto che gli aggeggi di quel genere si chiamano “pesapersone” e mi sono messa a ridere, ridere di gusto. Perché mai una persona dovrebbe pesare sé stessa, come se fosse pasta o prosciutto?
Nei mesi successivi mi sono resa conto del fatto che la pesapersone si trovava in qualsiasi bagno di qualsiasi casa che visitavo: alcune erano vecchie, altre nuove di zecca e iper tecnologiche; ce n’erano di gialle, di rosse e di blu. Le mie preferite sono quelle trasparenti con qualche elemento in metallo. Mi piacciono perché sono una sorta di dolce inganno per la nostra mente: sono estremamente eleganti e quella trasparenza dona un’impressione di leggerezza sia a noi, che mentre ci pesiamo abbiamo la sensazione di fluttuare, sia all’oggetto stesso, anche se solitamente le bilance di quel genere sono proprio le più pesanti.
Esse sono dunque un elemento comune a tutte le abitazioni, una sorta di elettrodomestico con un compito preciso, ma senza una precisa utilità.
Eppure, giorno dopo giorno, io ci inciampavo sempre più spesso in quel marchingegno e ci salivo, affascinata ed entusiasta. Pian piano mi stavo appassionando a quella che per me era una sorta di slot machine: ogni volta guardavo i numeri neri che si formavano impaziente e ammaliata.
Nel mio giocare mi sono resa conto del fatto che la bilancia è molto meglio delle slot per ben due motivi: il primo è che fare una partita non costa nulla e il secondo è che il risultato non si basa sulla fortuna, ma io, da giocatrice, sono in grado di influenzarlo. Allora ho capito che la vittoria per me era ottenere il numero più basso possibile e che, se mi fossi impegnata, avrei potuto raggiungerlo.
Di settimana in settimana mi fissavo degli obiettivi, che cambiavano man mano che progredivo nel mio gioco, come se passassi da un livello ad un altro.
Dopo un po’ di tempo i numerini hanno smesso di affascinarmi, e mi sono sentita tremendamente e irrimediabilmente attratta da ciò che li circondava: il bianco del monitor. La mia più grande aspirazione era vedere il colore puro, non più macchiato da quelle ripugnanti linee nere.
Un giorno il mio desiderio si è esaudito: il rettangolo è rimasto bianco.
No, non ero svanita e non lo erano nemmeno i miei chilogrammi. Si erano consumate le pile della bilancia; la mia pesapersone si era scaricata e, credetemi, non sono mai stata più felice di smettere di giocare.