Energheia Cinema, Il soggetto del cortometraggio

Premio Energheia Cinema 2019. C’è di mezzo il mare, Davide Angiuli_Bari

Premio Energheia Cinema 2019
Miglior soggetto per la realizzazione di un cortometraggio

Da una teglia in alluminio viene sezionata una parmigiana di

melanzane. Le voci di una piccola famiglia si sovrappongono.

La famiglia è seduta su lettini attorno a un ombrellone su di una

spiaggia. Pranzano con l’esuberanza di una tipica famiglia

italiana. Il vento scuote i capelli dei pochi che ne possiedono.

Tra panzerotti, tranci di pizza e arancini, circondato da uomini

adulti, c’è Vito, nove anni. Ha un costume a mutandina con

ghirigori e il fisico di chi spesso ha a che fare con tanta

abbondanza. Spilucca poche forchettate di parmigiana e si dirige

verso la sua mamma, occupata con il servizio dell’insalata di

riso. Vito le domanda se, prima di mangiare, può farsi il bagno.

Entrambi tradiscono un profondo accento del sud Italia. Senza

alzare lo sguardo, la mamma continua a servire le ricolme

mestolate e domanda al piccolo: “E vedi, che bandiera sta?”.

Vito dirige il suo sguardo verso un alto palo al centro della

spiaggia. In cima una bandiera rossa freme tormentata dal vento.

Vito abbassa lo sguardo e deluso mugola: “Rossa”.

La mamma ribadisce allora che non può farsi il bagno e gli passa

un piatto colmo di insalata di riso.

Poche ore dopo, Vito è seduto a un tavolino sul dehor del Bar

della spiaggia. Mangia svogliato un cremino.

All’interno del Bar c’è un gruppetto di ragazzini e ragazzine,

coetanei di Vito, che ridono e scherzano attorno a un tavolo.

Vito dirige lo sguardo ai ragazzi, poi lo abbassa e torna,

sconsolato, a fissare l’orizzonte e il palo sul bagnasciuga.

Vito è seduto nei pressi dell’ombrellone e gioca con la sabbia.

La mamma lo chiama per spalmargli della crema e, spremuto il

tubetto di crema, inizia a stenderla energicamente sul corpo

rubicondo di Vito, che le assicura siano passate quattro ore. La

mamma risponde: “Che bandiera sta?”.

Vito si volta e alza lo sguardo. Intristito risponde: “Rossa”.

La mamma gli assicura che se il tempo migliora prima che tornino

a casa, glielo lascia fare il bagno, ma Vito sbotta: “E che ci

sono venuto a fare se manco il bagno posso fare?”.

Vito è seduto sul bagnasciuga. Fissa i grandi cavalloni che

s’infrangono con violenza. Ha tanta voglia di farsi il bagno, ma

il ribollire minaccioso delle onde lo scoraggia definitivamente.

Il sole è quasi tramontato. Vito, con indosso una maglietta e le

infradito, segue la mamma, in pareo, verso il parcheggio della

spiaggia.

La mamma disattiva l’allarme di una citycar. Vito ritorna con lo

sguardo alla spiaggia e il mare alle loro spalle, poi si rivolge

alla mamma: “Mà: ora che ce ne andiamo non c’è più vento.”. La

mamma risponde: “Dai Vito, tranquillo. Che la settimana prossima

stiamo di nuovo qua.”.

Vito è seduto al posto del passeggero. Ha la cintura inserita e

fissa dal finestrino il rincorrersi del paesaggio litorale. Una

serie ripetuta di ombrelloni identici, di fronte a un mare calmo.

Vito alza ancora una volta lo sguardo verso il cielo. Le nubi

sembrano essersi diradate.

È lo stesso cielo che vede un uomo di mezz’età, dai marcati tratti

est-europei. Indossa una tutta sgualcita e una giacca di jeans.

Si volta verso le sue spalle e in ucraino biascica: “Si è

rimesso.”.

Un altro uomo dalla pelle scura ascolta mentre fuma una sigaretta

appoggiato con il corpo a un fatiscente stabilimento sulla costa.

I due uomini sono su di una spiaggia desolata, in completo

abbandono. L’uomo dà gli ultimi due tiri alla sigaretta, la getta

ed entra, percorrendo i corridoi disabitati di quello stabile.

Apre una porta e annoiato sentenzia in arabo: “Andiamo.”.

All’interno della minuta stanza, una gran quantità di uomini e

donne dalla pelle scura si alzano in piedi e raccolgono i propri

pochi effetti.

Tra l’agitarsi e il poco parlare, in un angolo c’è una donna

libica. Al suo fianco una bimba, molto probabilmente coetanea di

Vito, rimane seduta. È vestita di una giacca a gilet verde slavato

e di uno zuccotto scuro.

La donna mentre indossa uno scialle, fissa la bimba. Poi si

accovaccia e, in arabo, parla alla piccola: “Dobbiamo andare.”.

La bimba sembra decisa a non muoversi e sussurra: “Non ci voglio

venire in mare. Ho paura.”.

La donna, premurosa e accovacciata, la rassicura: “Il mare non

fa paura. È buono. Senza il mare non potremmo andare dall’altra

parte.” – I grandi occhi neri della bimba tremolano arrossandosi.

– “Se non ci fosse il mare, saremmo tutti lontani. Con il mare

invece siamo vicini.”

La bimba sembra quasi convincersi. La folla alle spalle della

donna è fuoriuscita dalla stanza. L’uomo dalla pelle scura urla:

“Andiamo.”.

La bimba chiede alla mamma: “Devi farmi una promessa però.” – La

donna annuisce. – “Che quando siamo arrivati, poi non ci torno

più sul mare.”.

Il sorriso sul viso della mamma lentamente scema. Gli occhioni

della piccola supplicano una risposta. L’uomo è rientrato nella

stanza e urla: “Andiamo cazzo. Muovetevi.”

La donna si alza e aiuta la piccola, spaesata dalla mancata

risposta, ad alzarsi.

Le due seguono l’uomo verso l’uscita dello stabilimento.