Clessidra e clepsammia
_di Roberto Vacca
A rigore non dovremmo più dire “clessidra”. L’etimologia greca significa “ruba acqua”. Circa dieci anni fa su queste pagine, illustrai il progetto di un orologio ad acqua realizzato in Alessandria da Ctesibio 22 secoli fa. Non ne furono realizzati molti esemplari: erano invece di uso comune le clessidre fatti di due coni di vetro saldati per i vertici; ben presto, però, non contennero più acqua. In Grecia e in Egitto contenevano sabbia [psammos], dunque, secondo alcuni puristi, si dovrebbe dire “clepsammia”. In secoli più recenti, invece di sabbia, si usò polvere di marmo e di gusci d’uovo bruciati, mista a ossidi di stagno e piombo.
L’uso comune vince: dunque, continuiamo pure a usare il termine antico. Anche i Romani usavano clessidre, poi verso la fine dell’Impero furono abbandonate. Non se ne trova più traccia nel primo Medioevo e fino all’ottavo secolo: poi apparirono di nuovo.
Dal 14° secolo le clessidre vennero usate per misurare il tempo sulle navi. Cristoforo Colombo chiamava “ampolleta” la sua clessidra. Magellano nel suo viaggio di circumnavigazione aveva 18 clessidre, oltre a bussole, sestanti e astrolabi.
La durata di un turno di guardia di 4 ore (watch nella marina britannica) si contava con una clessidra da 30 minuti fatta funzionare otto volte. La precisione abbastanza spinta delle clessidre permise di usarle per calcolare la latitudine in mare, in base alla differenza fra il mezzogiorno locale e quello del porto di partenza. Dalla fine del 18° secolo l’ora del luogo di partenza era segnata da cronometri marini nem più precisi. Il primo nel 1759 fu quello di John Harrison, che nel 1761 perse solo 5 secondi durante il lungo viaggio dall’Inghilterra alla Jamaica.
La clessidra serviva anche come tachimetro marino. Si usava per misurare il tempo in cui si srotolava una certa lunghezza di sagola la cui estremità era fissata a un solcometro – un elemento galleggiante lanciato da poppa e che restava approssimativamente fermo mentre l’imbarcazione si allontanava da esso.
Nella marina inglese la sagola presentava nodi ogni 47 piedi e 3 pollici – 14,4 metri. Questa lunghezza moltiplicata per 128,57 equivale a quella di un miglio marino [1]. La clessidra usata segnava un tempo di 28 secondi. Se, in quel tempo, la sagola si era srotolata fino al primo nodo, la distanza percorsa era di 14,4 metri, corrispondenti a 128,57 x 14.4 = 1852 metri – cioè un miglio marino. In generale il numero di nodi misurava, quindi, la velocità in miglia all’ora.
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[1] Un miglio marino [nautical mile] è la lunghezza [1852 metri] del tratto di meridiano terrestre i cui estremi alla longitudine di 45° sono congiunti al centro della terra da segmenti che formano tra loro un angolo di 1/60 di grado (un primo: 1’)
Nel 1994 a Nima in Giappone nel Museo della Sabbia fu installata una clessidra alta 6 metri. Contiene una tonnellata di sabbia che ci mette un anno a defluire dal contenitore superiore a quello inferiore, dopo di che la struttura viene ribaltata di 180 gradi e la sabbia ricomincia a scendere.
Il primo Maggio 2004 l’Ungheria entrò nell’Unione Europea. In occasione dei festeggiamenti fu inaugurata una clessidra di granito alta 8 metri. Non è più in funzione a causa di problemi di umidità che impediscono il deflusso della sabbia. La circostanza può essere presa a simboleggiare le divergenze fra Unione e Ungheria.
La clessidra più grande mai costruita era alta 12 metri e pesava 40 tonnellate. Funzionò solo per due giorni. La aveva installata la BMW nella Piazza Rossa di Mosca per il lancio dell’auto Serie 7, un esemplare della quale era contenuto nell’enorme contenitore superiore. La macchina era nascosta alla vista da 180.000 sferette metalliche: una al secondo cadeva nel contenitore scoprendo gradualmente quel nuovo modello. L’ultima sfera cadde a mezzogiorno dell’8 Luglio 2008.