I brevissimi 2019 – Come nei film, Marco Broggini_Chivasso(TO)
Anno 2019 (I colori dell’iride – Verde)
Ho incontrato ‘sta ragazza un po’ di tempo fa. Eravamo al cinema. Non ricordo il film. Ricordo che siamo finiti nel foyer, che è il nome che danno i cinema d’essai al bar per darsi un tono. Manco fossero un teatro. Sta di fatto che ‘sta tipa è tutta strana. Siamo lì al bancone, diciamo le cose più ispirate che ci vengono in mente a proposito del film, o almeno io faccio così, perché quando sei in un cinema d’essai mica puoi permetterti di dire quello che pensi così come l’hai pensato. Voglio fare colpo, così le offro un drink.
“Non bevo,” mi dice.
Vabbè, le faccio io. Il mio contratto di stage a 400€/mese ringrazia.
Non bevo neanch’io per non sembrare un maleducato. Finisce l’intervallo e torniamo a posto, per far passare quei tre quarti d’ora che mancano. Esco dalla sala, il foyer è appena prima dell’uscita. La vedo al bancone con un bicchiere.
“Non avevi detto che non bevi?”
“Non bevo se me lo offre un uomo.”
Capisco, siamo due sconosciuti. Chiedo una birra. Non riporto il dialogo successivo. Fatto sta che mi dà il suo numero senza che glielo chieda.
Faccio passare un paio di settimane. Non voglio sembrare il solito morto di figa. Lei ovviamente non chiama. Non che mi aspettassi il contrario. Le mando un messaggio, giusto per dire che ci ho provato.
“Passo io. Fatti trovare alla stazione della metro.”
Agli ordini.
Frida, così si chiama. No, non ha la sopracciglia unica. Gran figa, anzi. Mi faccio trovare alla fermata con dei fiori. Lei non li caga nemmeno, li poso sul sedile dietro.
Di nuovo al cinema d’essai. Non ricordo il film. Le faccio spazio per farla entrare in sala prima di me. Lei mi prende per un braccio e mi costringe a passare per primo. E poi usciamo, discutiamo per una cazzata che non ricordo. Beviamo. Andiamo a casa sua. La bacio, cerco di andarci piano. Non voglio sembrare il solito morto di figa. Lei mi mette subito una mano sulle palle, stringe leggermente. Cioè, mi prende uno spavento mica da ridere. Sta di fatto che tento di stare al gioco. Le accarezzo una coscia ma lei mi spinge via. Cado sul divano come uno scemo. Due secondi ed è già nuda e mi zompa a cavalcioni. Faccio quello che posso. Quello che mi lascia fare.
“Si vede che non sei mai stato con una femminista,” mi dice appena finisce.
“In effetti,” dico io.
Scopare senza preliminari adesso si chiama femminismo. Mi sa che sono innamorato.
La settimana dopo mi dice di vestirmi bene, ché ha prenotato in un posto stellato. Ce l’avessi, qualcosa di elegante da mettermi. Vabbè, vado da Zara e compro un completo grigio. Lo stage è appena sufficiente, ma non mi preoccupo. Lei è diversa.
Arriviamo lì, i garçon ci tolgono la giacca.
“Mi piaci,” mi fa.
“Anche tu,” le faccio. Cazzo se mi piace.
Menù degustazione. Mangiamo bene. Poco ma bene. Bene ma poco. Beviamo. Ride delle mie battute. Sono sempre un po’ a disagio con lei. Cerco di dire cose furbe, di dimostrarmi alla sua altezza. Mi piacciono le sfide, direi se fossi un calciatore appena arrivato in una grande squadra e destinato a fare panchina per tutta la stagione. Mi piace lei, è una figa pazzesca, dico perché sono io.
L’ultima briciola del crumbledinocciolearomatizzatoallimonecongelatoaltéverdebio le macchia il labbro inferiore. Allungo il dito verso di lei. La sua lingua fa capolino e mi anticipa. Cristo.
Ci alziamo. Andiamo verso il bancone.
“Sono duecentosessantaquattro euro e cinquanta, prego.”
Lei guarda me. Io guardo lei. Lei rimbalza con gli occhi dalle mie tasche al touch screen della cassa. Suggerisce un movimento. Io sto fissando la sua spilla con il pugno dentro il cerchio e la croce. Non suggerisco un bel cazzo di niente, ma forse vorrei.
Lei si accorge della verità. Sono al verde.
Penso che sarebbe un bel momento per scappare. Lo pensa anche lei, perché abbatte con una spallata garçon all’entrata. Le gomme della sua macchina fanno un bordello incredibile.
Io volevo scappare insieme, come nei film.
Non glielo dirò.
Mi ha bloccato su WhatsApp.