E’ la prima volta che vengo a Matera e mi guardo in giro curiosa
_di Antonella Cilento
Presidente Giuria Premio Energheia XV edizione_2009
E’ la prima volta che vengo a Matera e mi guardo in giro curiosa.
Di sera, il tramonto ci accoglie gentile.
Davanti all’hotel che ci ospita sorge una chiesa decorata come una torta con teste di morto e tibie incrociate.
Una coppia la ammira. Lui dice a lei: qui non si possono celebrare matrimoni, è un ossario.
L’hotel, antico, prima di noi ha ospitato Mel Gibson mentre girava la Passione nei Sassi. Nei corridoi una culla, un’armatura, quadri, stampe.
Ci acclimatiamo e torniamo subito in strada: la passeggiata pedonale scorre lungo un antico convento che ospita il Museo Archeologico, costeggia una fornita libreria e si ferma nell’austera facciata di Palazzo Lanfranchi. E’ incantevole, tutta una gioia secentesca e rinascimentale di forme per niente ovvie.
Spiamo le statue, le cornici, i localini che si aprono dentro le antiche mura, arriviamo al belvedere.
Di notte, Matera dall’alto è uno spettacolo. I Sassi brillano di misteri mai narrati.
Il mattino seguente li visitiamo in compagnia di Felice, che tutti salutano. Case, piazzette, chiese rupestri, madonne orientali nascoste nella pietra, croci che emergono dal nulla, orridi romantici sulla vallata del torrente, ahimé, inquinato.
Felice ogni tanto dice: qui c’è un cimitero, tombe scavate sopra le case, sotto le case, si cammina sui tetti delle case, su vari strati di morti.
Rieccoci con le ossa e i teschi, penso. I falchi ci girano sulla testa.
E’ settembre ma fa ancora un gran caldo. Di lontano riconosciamo il pianoro dove ha girato Pasolini il suo Vangelo.
Sono qui per partecipare come giurato a una nuova edizione del premio Energheia, ma, pian piano, dentro di me si fa strada l’idea di raccontare una storia che si svolga, almeno in parte a Matera. Sono anche contenta di visitare Palazzo Lanfranchi dove è conservata la collezione Camillo D’Errico, pinacoteca secentesca su cui, pochi anni fa, ho scritto un romanzo per ragazzi per Giannino Stoppani. Si trattava della vita di Joseph Agostine, lucano di Palazzo San Gervasio. In questo piccolo paese era inizialmente conservata la collezione di pitture, la più bella collezione di opere del Seicento di un privato nel Sud Italia. Giuseppe si era innamorato dell’arte e dei libri visitanto proprio questa collezione mentre era apprendista barbiere. Molti anni dopo, tornato a Palazzo San Gervasio durante il dopo guerra, americano fin nel nome ormai, Joseph, aveva scoperto che la collezione non era più lì, che il Fascismo l’aveva spostata a Matera.
Così, si era ripromesso di fare qualcosa per il suo paese. Ed ecco dopo la sua morte arrivare una favolosa eredità destinata a ridare a Palazzo San Gervasio la pinacoteca e a costruire una biblioteca. Avevo scritto questo libro, Nessun sogno finisce s’intitola, su una storia vera ma senza aver mai visto dal vivo la collezione materana.
Non siamo stanchi: andiamo a vedere anche il Museo Archeologico. E restiamo abbagliati. Ma è il Louvre! A Matera hanno il Louvre e non lo sanno.
I vasi funerari – rieccoci con le ossa e i morti! – perfettamente conservati ci guardano, solitari.
Ade e Persefone nel vaso più bello seggono nel palazzo sotterraneo, circondati da divinità infere e da Ecate che reca fiaccole accese da secoli ma ancora fumose. Colli di cigno si piegano e vaghi voli di uccello. Chiedo un catalogo. Non esiste.
Il custode mi indica una mostra sui personaggi dell’epica antica in una sala dove è spenta anche la luce. La accendono per noi: anche qui i pezzi esposti sono bellissimi e rari.
La sera, al premio, decretiamo vincitrice una giovane e vivace materana trasferita a Roma.
Quanti conoscono nel resto d’Italia il lavoro che Energheia fa a Matera da vent’anni? Quanti conoscono Matera?
Isolata dall’assenza di treni e aereoporti, dalle mille difficoltà viarie, questa città, queste belle persone che la animano, Felice che con noi è gentilissimo e paziente, stanno conservando per tutti noi, che non ce la meritiamo, la bellezza.
Grazie a Energheia, lunga vita a Matera.
I falchi girano ancora, le ossa ci sorridono.