Un Premio che ha il dovere di aprirsi al mondo e sentire l’aria che tira intorno.
_ di Antonio Pascale,
Presidente Giuria Premio Energheia 2003_IX Edizione_
Ho partecipato a un premio letterario, nel novembre 1994. Ero giovane, avevo scritto dei racconti e non sapevo a chi mandarli, come mandarli, e soprattutto, non sapevo ancora niente né di me né della mia poetica. Il concorso letterario era il Calvino e non l’ho vinto. A pensarci adesso, dopo quasi un decennio, era giusto che non lo vincessi, avevo scritto dei brutti racconti.
Ma, proprio per questo, per la consapevolezza postuma, ho guardato a quel premio sempre con interesse e curiosità. Allora, ero giovane, sprovveduto, non sapevo quanto valessero i miei racconti. L’unico modo che allora seppi trovare fu quello di affidarmi a un gruppo di giurati, vicini o lontani da me come poetica, ma questo davvero non importa, che si impegnavano a leggere con serietà i miei racconti e quegli degli altri neo scrittori, per valutarne i pregi e tirare fuori le potenzialità.
Col tempo, poi, crescendo, ho vinto dei premi e ho imparato anche delle cose su di essi. Alcuni sono seri altri servono un calcolo editoriale. Quelli che sono seri, generalmente si prendono delle responsabilità. Hanno un punto di vista, parziale, certo, ma cercano di individuare una tendenza letteraria, una tendenza che metta in risalto, quando c’è, la coscienza del nostro tempo.
Il premio Energheia, credo che si ponga questo obiettivo, essere cioè un premio visibile che diventi punto di riferimento per chi comincia a scrivere. E non solo, fare di Matera, una città accogliente e viva, non solo per le cose antiche (i Sassi), ma anche per quelle che ora prendono corpo. Ovviamente, un premio letterario, per essere un buon premio, ha il dovere di aprirsi al mondo, sentire l’aria che tira intorno. Il suo successo si basa su delle scelte forti, pensate, e non solo mirate a soddisfare la poetica ora di moda.
Spero che riesca a crescere in futuro, gli organizzatori sono simpatici e pieni di buona volontà e se lo meritano. Anche se, per adesso, sul premio pesa una sensazione. Lo dico senza argomentarla troppo, è, in fondo, la mia, una sensazione fuggevole e parziale.
La città non sostiene abbastanza o per niente, il premio Energheia. E’ un peccato. Me ne rendo conto perché vengo da una provincia del sud anch’io, e so come è difficile, nella tua città, la città che ami, fare qualcosa di diverso. E’ un premio senza o con pochi soldi. Le cose spartane vanno bene finché si reggono sul volontariato, poi, non c’è niente da fare finiscono. Ed è un peccato. Per crescere, un premio, ha bisogno anche di un progetto collettivo e di un finanziamento che lo sostiene e che lo protegge. Di scelte forti, altrimenti si finisce per chiedere piaceri o per litigare sulle piccole cose. Nella serata finale, abbiamo scelto dei racconti. C’è stata su di questi, come era prevedibile, una discussione. Serrata? Non particolarmente. Personalmente come presidente non ho amato nessun dei racconti. Questo non significa che non abbia trovato alcuni di questi particolarmente interessanti, ben scritti (il vincitore) altri evidenziano un talento che fa ben sperare, ancora, in altri c’è un buon tentativo di usare il genere (fantascienza, giallo) per raccontare le proprie inquietudini.
Che dire? Buona lettura, in fin dei conti qualcuno di questi scrittori un giorno potrà diventare un bravo scrittore, adesso è lì ancora in bilico, indeciso se staccarsi in volo o restare in equilibrio su un piede solo