Domenica 11 luglio 2010. L’ultimo saluto di Nelson Mandela
Gli applausi e l’orgoglio del leader africano che ha chiuso il campionato mondiale di calcio a Johannesburg
Amani – 2 Settembre 2010 di Pietro Veronese
Nelson Mandela
L’11 luglio 2010 si è giocata a Johannesburg la finale della prima Coppa del mondo di calcio, disputata in Africa. La partita è finita uno a zero per la Spagna (anche questa una prima volta), contro una brutta Olanda. Più che per la sua conclusione, tuttavia, l’incontro verrà ricordato per il suo inizio: prima delle due squadre, nel campo dello FNB Stadium è sceso Nelson Mandela, salutato da un applauso che è risuonato come una esplosione e seguito con enorme affetto in tutto il mondo.
La partecipazione di Mandela era stata in forse fino all’ultimo, un’incertezza dovuta a molti buoni motivi. In primo luogo l’età dell’anziano leader, che avrebbe compiuto 92 anni di lì a pochi giorni ed è affetto da numerosi mali, a cominciare dal Parkinson, in secondo luogo il lutto che ha colpito la sua famiglia proprio alla vigilia dei Mondiali, quando una sua bisnipote è morta, appena tredicenne in un incidente stradale, di ritorno dal concerto inaugurale. Infine la tensione creatasi tra la fondazione che gestisce le ormai rarissime apparizioni pubbliche di Mandela e i vertici della FIFA, i quali hanno esercitato ogni possibile pressione per averlo allo stadio la sera dell’11.
Il dubbio ha avuto l’effetto di esasperare l’attesa e l’apparizione di Madiba, come viene chiamato, è stata accolta come una liberazione, la fine di una suspense. Il grande leader africano era visibilmente felice dell0accoglienza e sembrava godersi ogni attimo, mentre le telecamere ne inquadravano il sorriso radioso. Una vera apoteosi. Ma è proprio facendo ripassare quelle immagini su YouTube che si intravede anche la grande fragilità di Mandela. La fissità del suo sorriso, che non cambia mai espressione. Le attenzioni della moglie Graça che, seduta accanto a lui, ne guida la mano, invitandolo a ricambiare il calore della folla con un gesto di saluto. Prima gli prende con le sue la mano destra inguantata, gliela alza, gli fa accennare il movimento del polso. Poi fa lo stesso con la sinistra. Dietro l’esaltazione mediatica, traspare la realtà di un uomo ormai stremato dalla vita.
La vita di Nelson Mandela, il grandissimo, il meraviglioso combattente per la libertà del secolo ventesimo, è stata marcata, scandita da clamorose uscite di scena. La prima fu nel giugno del 1964 quando, già da tempo detenuto nelle carceri sudafricane, egli venne condannato all’ergastolo, insieme agli altri imputati del processo di Rivonia. Le porte del sistema penitenziario dell’apartheid si chiusero allora alle sue spalle, molti pensarono per sempre. Si sarebbero riaperte solo 26 anni dopo, l’11 febbraio del 1990.
La seconda uscita dis cena arriva nel giugno 1999. dopo cinque anni alla guida del Sudafrica, Mandela non si ricandida alla presidenza e anzi annuncia il suo ritiro dalla vita politica. Lascia tutte le cariche, mantenendo soltanto la tessera di militante dell’African Nazionale Congress. Negli anni successivi, tuttavia, il premio Nobel per la pace continua un’intensa vita pubblica che ha per palcoscenico il mondo: raccoglie applausi, onorificenze, lauree honoris causa e cittadinanze onorarie e raccoglie fondi per le sue attività benefiche. È nel giugno 2004, alla vigilia dell’ottantacinquesimo compleanno, che avviene la terza uscita di scena: la rinuncia a tutti gli impegni pubblici e la scelta di dedicare il tempo che rimane soltanto alla famiglia. È stato come un lunghissimo addio, la perfetta regia di una vita meravigliosa, con tanti “sottofinali” che ci hanno preparato al trionfo e al congedo di domenica 11 luglio 2010.