Un Premio come bene culturale che va conservato e custodito per il futuro, perchè è testimonianza della memoria.
Gianluigi Trevisi_Io sono un veterano di questo Premio, da tanti anni vi partecipo prima come lettore e poi come giurato in diverse edizioni. Come amante di questo tipo di appuntamenti, da sempre la cosa ha suscitato in me emozione ma anche curiosità, per il fatto di entrare nella vita di chi scrive. Ci si trova spesso, tra non professionisti, che rappresentano il proprio mondo, il proprio vissuto o storie inventate. Interessante rilevare, d’altronde, come questo tipo di appuntamenti siano rilevatori non solo della bellezza di un posto, ma anche importanti perchè solleticano e sfidano non solo chi ha voglia di intraprendere questa carriera di scrittore, ma anche chi sta dall’altra parte, ovvero i lettori, tra i quali me.
Anni fa ci fu un ministro della cultura che disse una cosa importante, ovvero che queste manifestazioni sono alla base della nostra cultura. Sono dei beni culturali che vanno conservati e custoditi per il futuro, perchè sono testimonianza della memoria. In un momento in cui la nostra società è fatta per immagini, la memoria diventa un fatto labile, tende a scomparire. Anche le cose più importanti, scompaiono. Queste fabbriche di emozioni, quale è il Premio, lasciano il segno. Le scuole dovrebbero essere più incisive in questo. Spesso sono adagiate su queste idee di comunicazione e di sapere. Io spero che il Premio Energheia vada avanti e sopravviva nel corso degli anni che verranno, perché trovo emozionante alcune fasi del Premio. Ad esempio il fatto di scoprire il volto di chi ha scritto ciascun racconto nel corso della serata di premiazione è qualcosa di veramente carino.
In una precedente edizione vinse una ragazzina di 16 anni che aveva scritto un giallo in perfetto stile americano. Sembrava avesse letto tutto Chandler e ci si fece un’immagine di una persona adulta. Poi scoprimmo, meravigliati che si trattava di una ragazzina. O ancora per alcuni anni ho letto i racconti africani. Scoprire questa parte del mondo sconosciuta, dove la cronaca è per lo più insufficiente, per poter farci un’idea vera ed ascoltare il racconto di una ragazzina di un mondo sperduto e immenso è qualcosa di emozionante, a volte non mi vergogno di essermi persino commosso davanti al computer o al racconto in mano. Sono queste le sensazioni che una simile iniziativa culturale provoca e fa scaturire. Spero che nel ventesimo anniversario del Premio si possano invitare tutti i vincitori delle diverse edizioni alla cerimonia finale del Premio.