Giuseppe Siggillino, Monsignor Di Macco. Un Arcivescovo onorato dal popolo e dimenticato dal clero
Monsignor Antonio Di Macco, fin dall’inizio delle sue funzioni vescovili, si distinse per le iniziative intraprese a sostegno dei poveri, che spesso visitava nelle loro misere case personalmente, offrendo qualche sollievo alle tante loro esigenze e anche per l’attenzione rivolta ai giovani; egli, aggirandosi per le strade, li avvicinava, li consigliava, li sosteneva moralmente, finché non li vedeva impegnati in qualche lavoro.
A lui si devono i primi interventi sociali a favore della popolazione materana, quale l’istituzione del Monte dei Prestiti e il Palombaro del Purgatorio Vecchio, nel Sasso Caveoso.
F.P. Volpe descrive Mons. Antonio Di Macco (1783-1854) come persona umile, parca, sprezzante del lusso.
Per Arionisto Togni, socio della Società Operaia di Matera, “Vivo rappresentò la libera coscienza religiosa in tempi di dispotismo civile e religioso; e morto ha un culto civile in questi tempi di affrancamento e di libertà civile e religiosa” (Saluto della Società Operaia alle ceneri di Mons. Di Macco, 1890).
Per Donato Paladino Mons. Di Macco fu “Cristianamente uomo, evangelicamente Sacerdote, pastore protestante verso il Trono [dei Borboni], che spergiurò” (Discorso commemorativo, 1890).
Raffaele Giura Longo, parlando del “Risveglio laico della città di Matera” (Le origini del Liceo Duni, Energheia, 2018), ricorda come il ceto dirigente della città “Bollò con parole di fuoco l’atteggiamento dei sacerdoti materani, che si erano astenuti dal prender parte alla manifestazione organizzata dal Comune per onorare l’arcivescovo Antonio Di Macco”.
Questo saggio approfondisce vita e opere di Mons. Di Macco, contribuendo alla conoscenza di alcuni aspetti importanti della società materana dell’Ottocento nel periodo pre e post-unitario.