I brevissimi 2013 – Guarire di Bruno Bianco_Montegrosso d’Asti(AT)
Anno 2013 (I sette peccati capitali – l’invidia)
Gentile dottore.
La ringrazio per la professionalità e l’umanità che mi ha mostrato in queste settimane, ma credo sia meglio interrompere le nostre sedute.
I miei genitori si sono rivolti a lei per la preoccupazione che stanno vivendo; avere un figlio di trent’anni malato di depressione li sta distruggendo e per il bene che voglio loro ho accettato senza indugio di venire da lei per risolvere il mio problema; la diagnosi che lei mi ha prospettato è certo corretta, ma non ho intenzione di iniziare nessuna cura.
Deve sapere che non sono mai stato invidioso in vita mia, perché i miei genitori mi hanno insegnato che l’invidia è il modo migliore per vivere male e che ognuno deve accettare di avere solo quanto può permettersi.
Non ero invidioso dei miei compagni di classe dagli astucci griffati e le scatole farcite di pennarelli sempre nuovi, mentre io avevo la cartella vecchia di mio fratello e quattro mozziconi di matite colorate. Non ero invidioso nelle partite di calcio di quelli che giocavano bene mentre io non sono mai stato un granché in nessuno sport. Non ero invidioso dei successi degli altri con le ragazze, nemmeno se li confrontavo con i fallimenti amorosi del brutto anatroccolo che ero io negli anni dell’adolescenza. Non ero invidioso nel vedere chi prendeva voti alti e arrivava anche alla laurea, mentre io ho conquistato a fatica un diploma di ragioniere con tante materie recuperate a settembre.
Ma adesso è diverso. Non si tratta più di pennarelli colorati, partite a calcio, ragazze da conquistare o voti delle interrogazioni; adesso è in gioco la struttura fondante della nostra vita.
Io non ho un lavoro e non ho alcuna speranza di poterlo avere a breve. La crisi ha colpito duro. Gli imprenditori chiudono le fabbriche, i commercianti cessano l’attività e i lavoratori perdono il loro impiego; i sessantenni non possono andare in pensione e i giovani non riescono ad accedere a posti che sono occupati da altri o che spariscono giorno per giorno senza nemmeno la speranza che possano rinascere. Sui giornali si parla di gente che va a rovistare nella spazzatura, a cercare un pasto caldo alle mense della Caritas e a dormire nelle stazioni e che fino a qualche mese prima erano operai, impiegati commercianti e professionisti; poi ci sono quelli che scrivono una lettera di scuse e si sparano una rivoltellata nella testa o si fanno una scorpacciata di barbiturici o si gettano dalla finestra di un piano alto.
Per mia fortuna non ho il coraggio di affrontare né una rivoltella, né un’abbuffata di barbiturici né tantomeno un piano alto e finisco per rifugiarmi nell’ unico strumento che mi rimane: l’invidia.
Invidio chi ha uno straccio di lavoro qualunque, anche precario, malpagato, faticoso e dequalificante. Invidio chi al mattino deve mettere la sveglia alle 6, farsi di corsa la doccia, la barba e il caffè e salire su un autobus, un treno o una macchina per raggiungere un luogo chiamato posto di lavoro. Invidio chi alla fine del mese fa i conti e capisce che tra affitto, bollette e spese di sopravvivenza non riesce a avanzare nemmeno un centesimo e magari teme di essere licenziato o di dover chiudere la propria attività; li invidio perché se hai queste preoccupazioni vuol dire che sei immerso in un lago di fango melmoso, ma almeno stai nuotando con le tue braccia e le tue gambe senza che il fondo sia ancora riuscito a risucchiarti.
Quando questo periodo nero volterà pagina, anch’io lascerò quest’invidia che accompagna le mie giornate e tornerò a essere sereno e pacato come sono sempre stato. Ma adesso non le permetto di guarirmi perché so di avere il pieno diritto di godere dell’invidia che lei mi ha diagnosticato; è quanto mi rimane per riempire giornate ormai svuotate di sogni, aspettative e speranze.
Si tenga stretto il suo lavoro, dottore, e insegni ai suoi figli che l’invidia per le cose importanti e uno dei sentimenti più nobili che gli esseri umani possano provare.
Con ossequio, stima e invidia.
Il suo ex paziente.