I brevissimi 2011 – Testa piena, animo vuoto di Alessandro Padovani_Pedavena(BL)
anno 2011 (I sette peccati capitali – l’avarizia)
Premio Domenico Bia 2011 – racconto scelto dall’associazione Energheia.
Ho passato la mia vita a studiare. Non me ne pento, lo dico con serenità.
Oggi sono vecchio, stanco, artritico, deluso e cinico, ma pensate: tra tutte, la mia più grande sofferenza è quella di leggere con fatica.
Ho letto biblioteche, librerie intere. Filosofia, storia, economia, politica, narrativa, gialli, romanzi. Leggevo tutto quello che mi passava sotto mano, senza pregiudizi. Non giudicavo un libro dal titolo o dalla copertina, io leggevo tutto, ogni cosa. Io avevo fame di libri.
Certo, alcuni possono essere più gustosi, ma io avevo fame, non mi importava quale fosse il piatto. La mia era ingordigia, una passione ai confini del maniacale. Il mio era un bisogno di colmare un vuoto che sentivo dentro, e che solo la letteratura poteva riempire. Chiamatela come volete: pazzia, malattia, fissazione, ma io avevo fame di libri, una di quelle che non vengono mai soddisfatte, ma chiedono ancora, e ancora.
Ho passato la mia vita a studiare. Non me ne pento, lo dico con serenità.
Avrei voluto vivere di più per conoscere più cose. Avere più tempo, leggere di più, esplorare di più. Come Odisseo, superare i limiti dell’umano.
Se l’intelletto ha dei limiti, io penso di averli raggiunti. Non dico affatto di sapere ogni cosa, sarebbe oltre che superbo, pure impossibile. La mia conoscenza è una briciola nell’universo in confronto alla mia ignoranza, lo diceva anche Socrate. Però mi sembra così inutile sapere tutte queste cose per perderle così, in un attimo. Perché l’uomo ha potenzialità illimitate e limiti così rigorosi? Mi piacerebbe saperlo, ma non ho abbastanza tempo per scoprirlo.
Il tempo ha fregato tutti i pensatori; quando stavano per arrivare ad una conclusione sensata, è arrivata invece la conclusione della loro vita. Se potessi esprimere un desiderio, chiederei di avere più tempo.
Ho passato la mia vita a studiare. Non me ne pento, lo dico con serenità.
Io non ho mai insegnato. Non ho mai pubblicato un libro. Non ho nemmeno mai fatto ripetizioni o scritto un articolo.
Il problema è che sono possessivo, avido, avaro dei miei pensieri e delle mie conoscenze. So cosa state pensando: “questo è proprio un cinico bastardo pieno di sé”. Il problema è che avete ragione. Lo ammetto, sono consapevole di questo. Ma dirlo non cambierà la mia natura, io semplicemente la accetto. Ho passato tutta la vita a conoscere nuove teorie, a comprendere nuove visioni, a rielaborare nuovi punti di vista; ma io lo ho fatto per me, non per l’umanità.
A me, dell’umanità, non ne è mai fregato un accidente. Sono un cinico bastardo con un ego spropositato, lo so, ma non riesco a trovarci qualcosa di malvagio. Forse c’è, ma io non riesco a vederlo.
Vorrei dirvi che mi dispiace, ma non ci riesco proprio. Perché l’uomo deve pensare agli altri? Ognuno per sé, Dio per tutti. Ognuno è padrone della propria vita e dei propri pensieri. Io la mia conoscenza me la sono costruita con fatica, mattone su mattone, ed è troppo preziosa per regalarla all’umanità. Cosa ha fatto lei per me?
Ho passato la mia vita a studiare. Non me ne pento, lo dico con serenità.
Il problema è che ha un certo punto ti senti come se ciò che avessi guadagnato, conquistato con fatica, non servisse più a nulla. Io ho letto, ho studiato, ma non ho nulla. Seduto sulla scrivania, mentre scrivo questa lettera, mi sento povero, derubato di me stesso. Tutto quello che mi sembrava così prezioso, oggi non ha alcun valore. Insegnerei, scriverei, urlerei ciò che ho nella testa. Ma ormai è troppo tardi, sono vecchio. Ho accumulato provviste per un viaggio che sta per terminare.
Ho passato la mia vita a studiare.
Testa piena, animo vuoto; questo è quel che mi rimane.