I Brevissimi 2020 – Naufrago, Anna Valenti_Messina
Anno 2020 – (I colori dell’iride – Azzurro)
Se stai affogando riesci a vedere un solo colore. Anzi due: blu e azzurro. Se vedi solo il blu, significa che sei spacciato, perché sei andato troppo a fondo per poter risalire, o per poter essere salvato. Se vedi l’azzurro, allora complimenti, perché l’azzurro è il colore del cielo, e se vedi ancora il cielo allora non sei così in basso da non poter tornare in superficie. L’azzurro però inganna. Perché anche acque profonde sono chiare e azzurre a volte, e proprio quando pensi di avercela fatta il mare si chiude su di te. E allora l’azzurro diventa traditore, diventa assassino. Io ne ho viste eccome di vittime dell’azzurro. Ho visto le vite dei miei cari scivolarmi dalle mani bagnate una dopo l’altra, ho visto il mare diventare l’inferno più freddo che ci sia, e insieme il più spietato, e l’azzurro il colore più crudele. Sono sfuggito ai lager in Libia per miracolo, e me l’avevano detto che il gommone non ce l’avrebbe fatta, che cento erano già troppi e noi eravamo molti più di cento. Ma quando muori ogni giorno a casa, morire una volta in mare è la scelta migliore tra le scelte peggiori che tu possa fare. Il gommone non ce l’ha fatta, e ce lo aspettavamo tutti. Ma che accadesse così a largo no, non l’aveva previsto nessuno. Quanti di noi saranno già morti prima che qualcuno si renda anche solo conto che ci troviamo qui? Quanti prima che decidano se venire a salvarci o raccogliere i nostri cadaveri? Quanti prima che scelgano se farci marcire in mare? Più di quanto si possa immaginare. Più di quanto si riesca ad accettare. Io non ne ho mai accettato nemmeno una, delle vittime dell’azzurro. E probabilmente lo sarò anch’io, stavolta davvero. E non sarò altro che un numero nell’infinita lista che stileranno per questo assassino, accusandolo di essere l’omicida più terribile di tutti, senza rendersi conto che sono loro a renderlo tale. A lasciare che sia omicida.
Tossisco. Cerco di deglutire, ma il sale mi infiamma la gola. Sento lamenti e pianti intorno a me. Preghiere, urla. La madonnina del porto di Messina mi sorride da lontano. Dicono che accolga chi venga da fuori, che protegga gli stranieri, ma a sembra solo un’altra spettatrice disinteressata a un delitto giornaliero. Chissà che diranno i giornali. Chissà quando lo diranno. Una donna incinta mi si avvicina, mi chiede se secondo me arriverà qualcuno ad aiutarci. Sono giovane, ma non troppo, e inspiro fiducia. Non me la sento di presentarla in anticipo alla morte, e le dico di sì. Ci troveranno presto, siamo tanti. Potrà abbracciare il suo bambino.
Le gambe si sono stancate, le braccia anche. Appigli non ce ne sono, e hai voglia di mollare la presa. E perché non farlo? Perché resistere? Anche se so che nessuno verrà ad aiutarci, non riesco a scrollarmi di dosso quella disgraziata speranza che forse, forse potrei farcela. E poi il miracolo. Un suono lontano, come di un allarme. Potrebbe essere per chiunque e qualunque cosa, ma quella fiammella che diventa un incendio, quella speranza che mi brucia nel petto, riscaldandomi il cuore e proteggendomi dalle braccia gelide dell’azzurro, mi dice che quel suono è per noi. Non so quanto tempo è passato, ma forse ce l’abbiamo fatta. Sento urla, sospiri, canti. Alziamo tutti le braccia. Mi giro verso la donna che mi ha interpellato prima. Non la vedo.Non la cerco neanche. Se non è qui, l’ha presa l’azzurro, e non posso lasciarmi sopraffare dal dolore adesso. Due punti lontani, poi vicini, poi vicinissimi. Imbarcazioni. Aiuti. Sono più di dieci, ci vengono vicine e mani forte e robuste si tendono a prendere le nostre, e mi sembra la mano di un angelo quando stringo quella del mio salvatore, che mi issa sulla sua barca. È un uomo sulla cinquantina, è stanco e sudato, sconvolto dalla morte che vede intorno a lui. Eppure sorride, e sorridono i suoi occhi, quando incontrano i miei. Due pozze nere che affondano in due pozze azzurre. In questo azzurro, però, non affogherò. Questo azzurro non mi ucciderà.