I Brevissimi 2020 – Puffi inversi, Anna Paola Lacatena_Taranto
Anno 2020 – (I colori dell’iride – Azzurro)
Copioso e abbandonante! Sparga l’azzurro, mio provato collaboratore. Non lesini. Vada al tono brillante… Esageri!
Beandosi dell’espressione meravigliata dei suoi diciotto alunni – quel giorno era assente solo Gea –il maestro Augusto, per tutti signor Gustino data la sua imponente mole, si accarezzò la cortissima barba, anche detta ombra delle cinque del mattino.
Fu allora che una voce si levò dal fondo della classe, delicata per età ma al contempo stentorea per temperamento.
“Non è vero, Maestro! Ci sta prendendo in giro! È una bugia!”
Incrociò le braccia e accavallò le gambette Ubaldo, per tutti Ubi dato un leggero disturbo di iperattività che lo rendeva capace di essere presente ovunque e in qualsiasi momento.
“Ubaldo perché dici questo? È la storia della creazione della nostra meravigliosa terra…”
Gonfiò le guance il piccolo alunno fino quasi a farsele scoppiare.
“Non abbiamo l’azzurro. Qui c’è solo il grigio dalla mattina alla sera. Anche la notte. Non lo possiamo vedere ma il grigio c’è anche quando dormiamo.”
Al corrucciato studente se ne unì prima uno…
“Ha ragione Ubaldo, maestro!”
Poi, due…
“È proprio così. Nient’altro che una bugia.”
Poi tutta la classe.
“Ci dica la verità maestro Augusto! Noi non abbiamo l’azzurro. Che fine ha fatto?! non lo vediamo…”
Accarezzando i vaporosi capelli di Chiara, che tanto promettevano rispetto al suo farsi paladina del caos creativo, l’uomo con qualche difficoltà provò ad articolare una risposta.
“Ehm, dunque… Vediamo… L’azzurro c’è. Cavoletti di Bruxelles se c’è! Deve esserci… E allora cerchiamolo. Su venite con me.”
L’anticipo d’estate di quei primi giorni di maggio relegarono all’inedia i giubbini sull’appendiabiti, mentre l’intera classe prese a seguire il maestro che guidò la nel giardino della scuola.
“E allora ragazzi, lo vedete?!” asserì il signor Gustino, scrutando il cielo e continuando a girare su sé stesso.
“Sì ma da quella parte è sempre grigioso.”
L’uomo ridisegnò la traiettoria verso l’orizzonte incrociando il mare.
“Non vale neanche quello. Mio nonno mi ha detto che prima si facevano il bagno direttamente sotto casa, adesso bisogna andarci con la macchina e fare chilometri.”
Ci riprovò inutilmente passando in rassegna gli occhi di Piero.
“Sono suoi non del posto dove viviamo…”
Una penna, lo zaino di Fabietto, le scarpe di Emilia, ogni nuova segnalazione veniva contestata con cipiglio. Si rattristarono tutti, in bilico tra rassegnazione e protesta.
“Maestro, qui l’azzurro vero non c’è!”
Fu allora che con un guizzo riprese la narrazione: “… come stavo raccontando, Dio rivolgendosi al suo fidato collaboratore disse: Esageri! Questi, dato lo slancio incontrollabile nel prendere la rincorsa incespicò suo malgrado sui secchi di ferro e carbonio che a loro volta fecero cadere quelli di fosforo e idrogeno e, poi in sequenza quelli di ossigeno e azoto, manganese, alluminio, tungsteno, stagno e altro ancora. Insomma una baraonda di elementi che si mischiarono tra di loro, prendendo a seconda delle temperature del forno alto in cui caddero, colori diversi. Dal giallo paglierino appena percettibile alle varie tonalità dei blu, dei rossi, dell’arancione e ancora dei gialli fino al definitivo bianco… tutti i colori si potevano comporre e si composero, tranne l’azzurro. Per questo è difficile vederlo. Per questo nel tentativo di rimediare Dio ne ha fatto infinita Bellezza, disponendone in quantità enorme in ogni bambino del nostro territorio. Sta a voi prendervene cura, spargerla all’esterno. Un’esagerazione di bellezza! Non lesinate!”
Quasi più provato del collaboratore di Dio, concluse come alleggeritosi da un enorme peso: “Ecco! questa è la storia del nostro territorio, almeno quella più recente. Siete puffi inversi.”
Risero tutti, tranne Ubaldo che con un filo di sospetto, chiese: “Maestro… e che cosa è venuto fuori da tutte quelle cose che finirono nell’alto forno?”
Il signor Gustino rivolgendogli uno sguardo carico di tenerezza precisò: “Acciaio, Ubi. L’acciaio di Taranto.”