I Brevissimi 2020 – Salvi, Corrado Dal Maso_Roma
Anno 2020 – (I colori dell’iride – Azzurro)
Al tempo di questa storia Lara ancora non sapeva che suo padre Crono quando era piccola le aveva donato un rene. Un caso clinico talmente singolare che sarebbe entrato nei manuali di medicina. Ma solo quando Lara sarebbe diventata grande: questo lui, e la madre, avevano fatto promettere ai medici.
Da quel trapianto dunque sarebbe cominciata un’avventura che un giorno li avrebbe resi famosi.
Allora però ancora non lo erano.
Erano solo padre e figlia.
Solo padre e figlia …
E il padre invecchiava e la figlia si faceva giovane; una ragazza dal temperamento insofferente e bizzoso, a volte incupita, spesso allegra, sempre focosa nelle reazioni.
La mamma non c’era più, così loro andavano avanti da soli, combattendo ognuno la sua propria battaglia con la vita senza riuscire, purtroppo, a farne una cosa comune, anzi sovente l’uno conto l’altro.
Una mattina di sole, che pareva annunciare un giorno fresco e luminoso, Crono, cui l’aria frizzante metteva buonumore, aveva preparato la colazione con una cura speciale, e con la gioia di passare qualche momento sereno insieme. Ma Lara era arrivata a tavola fiacca e svogliata, persa nelle paturnie dell’età: strascicò la sedia sul pavimento, che se ne lamentò, e, una volta seduta, versò i cereali nella tazza di latte decorata ad angioletti e stelline – la sua preferita, per questo suo padre l’aveva scelta – oltre che sulla tovaglia candida; poi con la mano destra cominciò a girare forte il cucchiaio, senza modi, quasi apposta, come per far traboccare tutto, mentre con l’altra si teneva pesantemente la testa, guardando fuori alla finestra, pensosa e indecifrabile.
Crono si sforzò di non farci caso. Però, senza riflettere, o forse per sfida, le mise il caffè nella tazzina e aggiunse, lui, lo zucchero; sollecitudini che Lara, sentendosi trattata da bambina, detestava. Così lei lo guardò accigliata, deglutì … eppure si trattenne; solo, prese a rigirare anche quello brandendo il cucchiaino come fosse una mazza. Ma subito dopo, appena fece per sorseggiare, il padre le chiese a bruciapelo: “Forse è ancora amaro, ne vuoi dell’altro?”.
Premura insopportabile, decisiva, irrimediabile: Lara non ci vide più …
… “So io se serve, no?! “… rossa in viso …
… “se è dolce o se è amaro, se è amaro o se è dolce, credi che non lo senta da sola?!” … acuto lancinante …
… “non posso decidere neppure questo?!” … pugno sul tavolo …
… “in questa casa non conto nulla!” … latte versato …
Fu il latte, la spinta. Crono decise che, se non più ormai la tazza, la misura comunque era colma.
Anzi, non decise affatto lui, per lui decise la rabbia, che man mano gli era montata dentro. Entusiasmo frustrato, attenzioni ignorate, pignoleria urticata, di questo la rabbia, esplicitamente, chiedeva conto con urgenza; ma soprattutto, senza che lui se ne rendesse conto, di ben altro ancora: in fondo, aveva rischiato la vita per lei, era rimasto menomato, le aveva dato un pezzo di sé, come pure un genitore deve fare, ma quella lo aggrediva, come al solito, e per una stupidaggine.
Certo, era solo una ragazza, un’adolescente che poco sapeva della vita, e poco sapeva delle cose, neppure delle loro cose… solo una ragazza, dunque … Crono non riuscì a pensarci.
Oramai la rabbia pensava per lui.
In pochi attimi, e a ritroso nei millenni, la bestia montò: tese i muscoli del collo e ghignò con i denti, come fosse appena calato da un albero, emise un latrato roco, che veniva non dalla sua gola ma, piuttosto, da un gorgo ancestrale, buio come una caverna, profondo come le viscere della terra, e fu sul punto di vomitarle addosso tutta l’ira smisurata che quella smisurata, minuscola ingiustizia gli provocava.
La guardò dritto negli occhi, sull’orlo di un solco senza fine, pronto a passarlo, e la vide ….
La vide, sua figlia, come per la prima volta, con l’improvvisa, incoerente dolcezza dell’amore.
Negli occhi la guardò, appunto, e Lara aveva gli occhi azzurri, tersi e intensi, proprio come i suoi.
Li aveva presi da lui.
Come i pregi.
Come i difetti.
Come quella rabbia con cui la ragazza lo aveva aggredito, che era la sua stessa rabbia, quella che aveva dentro da quando aveva la sua stessa età, e che ancora non era riuscito a sfogare.
Era lei, sua figlia; ma era anche lui, se stesso.
Così, fissandola, comprese allora e per sempre l’ovvia e difficile disciplina del vivere: seppe che doveva dominarsi, per sé e per lei, cosicché lei imparasse a farlo a sua volta.
Per una volta Crono non divorò la sua discendenza. Continuando, ora con tenerezza, a guardare quell’azzurro di vita e di speranza che aveva dato agli occhi di sua figlia restò in silenzio.
E quel silenzio, denso di suggestioni e di senso, di cuore e ragione, quel silenzio li salvò.