I brevissimi 2022 – Black-lapse, Annamaria Basso_Ortona(CH)
_Anno 2022 – (Nero)
Ore 8
Un sibilo e una battuta di sbuffi in sequenza soverchia il piano d’acciaio.
Dal suo becco d’alluminio una folata di fumo aromatico fuoriesce e avverte che il liquido scuro è appena sotto il coperchio, arrivato a destinazione con un carico di eccitazione e robustezza.
Un tuffo nella tazzina e mi appresto ad attivare l’esercito di neuroni nascosto nelle trincee di Morfeo. Caffè Nero Bollente, così canta la Mannoia, spinge la mia porta claudicante sulla soglia della giornata. Start attivato. L’agenda è fitta, la volontà meno.
Ore 11
Nuoto nella sua pupilla destra e non vedo che il nulla. Il mirino sulla realtà ha ridotto in un click la sua capacità di cattura. I rivoli di dolore si affievoliscono di giorno in giorno, ma dopo l’ultimo arresto della circolazione, il soffio vitale si fa strada sempre più debolmente nelle sue vene, nelle sue gambe, lungo le braccia e per le mani e infine nella sua testa. Tuttavia vive, mia nonna, vagando di letto in letto, di edificio in edificio, tornando a sollevarsi, a dirigere le sue azioni sempre verso il dovere. Mi esorta, con il suo solo essere, senza saperlo, a viaggi di resilienza. Non importa tanto il messaggio, importa l’attitudine. Questo ho appreso da lei. Formulo queste istantanee dalle telefonate che mi arrivano tra resoconti ospedalieri e sfoghi familiari e ricostruisco in qualche modo la sua presenza in questi giorni lontani da lei.
Nero è ciò che immagino lei veda ora dal suo occhio destro, sì, ma la mente è luminosa; pullula di campi di margherite, di onestà e di farina, di figliolanza, sacrifici e ricordi. Nero come il lutto della propria volontà che, con dolce amarezza, mi ricorda affinché non accada anche a me. Intanto, camminando, scegliendo e assaporando tutto il possibile, provo a restituirle i colori della sua iride spenta.
Ore 13
Appoggio il fagotto di carta sul tavolo e porto le narici ad indagare, con sottile godimento. Giocherello con le dita e traccio coi polpastrelli la sua superficie rugosa. Da vicino ricorda l’increspatura della terra secca nei periodi d’arsura o i cretti di Burri apparsi sulle tele materiche di qualche decennio fa. L’umidità trasale decisa, mi racconta gli umori dei sentieri e l’alchimia di radici, foglie e brulicante fauna, tutti suoi compagni fino alle prime ore di questa mattina.
Il pentolino d’acqua bolle sul fuoco, l’uovo si addensa, lasciando il suo centro morbido e gustoso,
pronto a riversarsi cremoso sulla ceramica. Una danza di lamelle finissime di tartufo nero vi si adagia lieve e poi tutto si traduce in un’esplosione di sapori pungenti in bocca. Quando il nero è sinonimo di prezioso, unico e inconfondibile.
Ore 20
Web ed eco di TG: la chiamano cronaca nera, ma è una sentinella vigile in ogni quartiere o casa isolata.
Aleggia sul piano attiguo ad ogni incremento di voce o urlo, sul selciato rigoglioso di movida ebbra, nella solitudine più profonda, nella rigidità degli Stati. Un pensiero. Orecchio teso sulla persiana. Non è possibile abbassare la guardia.
Ore 0:00
Le lenzuola mi avvolgono e io mi riassumo in un bozzolo. La notte ha scavalcato già da un po’ la mezzanotte, ma il cervello incede verso le scogliere della mia mente e passeggia tormentato sull’orlo di queste. Maledizione. Afferrata dall’insonnia, mi ritrovo a fissare il buio, dove a tratti distinguo spigoli, forme e luccichii.
Respiro e provo ancora e ancora a lasciami cadere nell’assenza cerebrale, ma tutto sembra inutile. Accendo il primo display e spulcio curiosità sui social con ritmo bulimico. Gli occhi mi si gonfiano, avverto leggeri cedimenti lungo le palpebre, ma no, non ancora ci siamo.
Avvio il secondo display, più grande, mi piego distesa su un fianco e accedo a Netflix. Mi immergo nella serie di turno: i personaggi mi richiamano all’attenzione, ma poi uno alla volta, amichevolmente, mi acquietano i sensi e poi sì, finalmente sento che è venuto il momento. Il desiderio di oscurità si fa più forte, e il nero cala il sipario sulle tesi irrisolte.
Domani si vedrà.