I brevissimi 2022 – C’è pace, Vittoria Sorato_Mirano(VE)
_Anno 2022 – (Nero)
Ci si immagina una landa desolata quando si parla di guerra, ma qui non è così. Il paesaggio che mi si presenta davanti e che sfila sotto i miei occhi alla velocità del carro non è per niente deprimente. Colline, prati, qualche casa di campagna, probabilmente abbandonata, e tutto il verde acceso che annuncia l’arrivo della primavera. Alzo gli occhi: il cielo è punteggiato da nuvole bianche e si vedono degli uccelli, forse passeri o rondini, che volano lontano. Ma non sento il loro cinguettio, non sento neppure l’aria fresca che si dovrebbe respirare in un posto del genere. Solo il rumore del carro sull’asfalto della strada e l’odore di smog dai serbatoi di scarico.
Accanto a me sono seduti altri sette miei compagni. Li guardo uno ad uno. Con quel completo mimetico, il mitra appoggiato sulle gambe e quell’aria assente sembrano tutti uguali.
Cosa ci faccio io qua? Ho quasi ventuno anni e dovrei impegnarmi a studiare per finire l’università invece di essere qui, in una terra che non appartiene al mio Paese per espugnarla e conquistarla. Questa sembra più una descrizione adatta ad un soldato romano che prende ordini da un generale destinato a diventare il sovrano del più grande impero mai costruito. A quel soldato, con il pennacchio rosso sull’elmo, forse piaceva combattere per essere ricordato con gloria ed onore. Io invece non ci tengo ad essere nominato nei libri di storia per aver combattuto. Forse per aver scoperto nuove cellule o una cura per una malattia inguaribile, quello sì che sarebbe meglio!
Arriviamo intanto in prossimità di quello che chiamano il fronte: un paese in mezzo alla campagna.
Sarebbe anche un bel posto se non fosse per le case crollate e il fumo che si innalza da vari punti.
Il generale, che però non porta un mantello rosso e un elmo con il pennacchio, ordina a me e agli altri di scendere. Obbediamo, naturalmente.
L’avamposto dei nostri è a qualche centinaio di metri dalle prime case del paese e permette di vedere i soldati di entrambe le parti che combattono. Non è poi così eroico come si crede, stare lontani, al sicuro, da quelli che si considerano nemici, per poi ucciderli appena fanno un passo falso.
Ci dicono di andare in soccorso dei nostri. Ho paura. Neppure il tempo di andare in bagno. Esito, sto fermo, ma vengo subito spinto dagli altri e mi ritrovo a correre verso la battaglia.
Arrivato in prossimità delle case, mi nascondo dietro qualcosa, non so nemmeno io cosa. Il cuore batte a mille. Ho paura. Tanta. Mi sporgo un po’ e vedo vicino a me un soldato, ma la sua divisa non è uguale alla mia. Potrei colpirlo, è lì, ed io ho in mano il mio fucile, ma il pensiero non mi sfiora neppure. Come si fa, così da un giorno all’altro, uccidere qualcuno come se nulla fosse?
Il soldato si gira, mi vede. Nei suoi occhi c’è paura, ma anche rabbia, una rabbia infinita. Vedo che
imbraccia il fucile e lo punta contro di me. Ho paura. Sento lo sparo, e il dolore subito dopo. Cado.
Guardo verso il cielo e vedo colline, prati, qualche casa di campagna e tutto il verde acceso che annuncia l’inizio della primavera. In alto gli uccelli cantano nell’aria fresca. Un gruppo di bambini corre sull’erba, verso un paese che si vede in mezzo alla campagna. Tutto ha dei colori stupendi.
C’è pace.
Chiudo gli occhi e soffio il mio ultimo desiderio verso il cielo. Tutto diventa improvvisamente nero.