I brevissimi 2022 – La metà di un’amicizia, Vittoria Giordano Massera_Maddaloni(CE)
_Anno 2022 – (Nero)
Ho un amico. Questa frase, apparentemente così semplice, così breve, contiene in realtà un significato inimmaginabile. Avere un amico non è facile. Avere qualcuno che ti protegge nelle difficoltà, che ti consola quando il peso del mondo sembra essere tutto sulle tue spalle non è così scontato come molti credono. L’amicizia, il riuscire a fidarsi degli altri e a condividere le brutte esperienze è uno dei pilastri fondamentali nella vita di ciascuno di noi. Perché in fondo sappiamo bene quanto a volte i problemi possano far male. Sembra di essere chiusi in un tunnel, la cui via d’uscita è lontana, quasi impossibile da raggiungere; ma, con qualcuno al nostro fianco, il viaggio si fa più leggero e alla fine si raggiunge il traguardo, un po’ più consapevoli delle persone che ci circondano e di chi ci sta vicino fino all’ultimo. Io un amico ce l’ho. Ce l’ho da tanto tempo ed è sempre con me. Quando mi sembra che tutto vada a rotoli lui mi sussurra all’orecchio che anche stavolta ce la posso fare, posso superare tutto ciò che la vita mi pone davanti. Il nostro rapporto, però, è piuttosto particolare. Non è la classica amicizia, un rapporto bilaterale. Spesso e volentieri mi sembra di scrivere un monologo, pubblicarlo su un sito internet, e poi ricevere un feedback positivo come risposta, ricco di consigli su come andare avanti nonostante le difficoltà. E questo mi fa rabbia. Perché devo essere l’unica a parlare? Perché la nostra non può essere una classica conversazione? Poi penso alla risposta. Ammutolisco. Il silenzio si fa sempre più rumoroso all’interno del mio cuore. Mi logora l’anima, mi fa star male da voler urlare a chiunque tutta la mia rabbia, la mia frustrazione. E il mio amico è lì. Lo vedo. Lo sento. Non dice nulla, ma dice tutto, e io capisco ogni singola parola del suo silenzio. Oppure è solo una sensazione, e in realtà non ho capito niente di niente, ma sono fatta così.
Non sono mai stata brava a dare ascolto a ciò che va al di là della mia volontà. Dopo questa nostra conversazione mi pesa il cuore, sento la pressione del mondo sopra le mie spalle. Mi aggrappo a qualche ricordo felice di una vita, seppur abbastanza breve, ricca di momenti allegri, alternati a periodi in cui sarei voluta scomparire. Me ne viene in mente uno in particolare, come quando si pescano le carte da un mazzo e non si sa cosa potrà uscire. Subito ricordo la data: 2 giugno 2020. Una giornata felice, spensierata. Di lì a pochi giorni sarebbe stato il mio compleanno, e fino a quel momento era tutto perfetto. Forse capisco perché ho pensato proprio a quello: è l’ultimo giorno di beata spensieratezza che, per un motivo o per l’altro, da qui in poi verrà a mancare. Perché si sa, arriva un punto della vita in cui si cresce, si diventa consapevoli che il mondo non è tutto rose e fiori. E io lo stavo capendo. Quel giorno fu meraviglioso sotto ogni punto di vista. Io e il mio amico eravamo insieme alle nostre famiglie e a tanti altri amici, il sole splendeva luminoso, dando luce ad una calda giornata pre-estiva. Era previsto un pic-nic all’aria aperta. Tutto tranquillo. Passiamo le ore a giocare con il pallone ormai sgonfio, a cuocere carne sulla brace e a comporre panini che sembravano torri altissime. La giornata volge al termine e, stanchi ma felici, torniamo a casa. Il ricordo si ferma qui, e una lacrima mi bagna la guancia destra, mentre un sorriso malinconico si fa strada sulle mie labbra. Per far andar via quest’amarezza decido di uscire di casa. Non scelgo una meta definita, mi lascio guidare dai miei passi e dai soffi leggeri del vento. Ho sempre avuto una mia personale teoria sul vento, che in realtà sia composto da tutte quelle parole, quelle cose non dette, che vengono trasmesse con un soffio, sotto forma di un impercettibile sospiro. Cerco di svuotare la mente e di tentare nuovamente ad aggrapparmi ad un ricordo felice. Il mio amico è accanto a me. Camminiamo mano nella mano dondolando le braccia come fanno i bambini, perché è questo ciò che siamo entrambi: due bambini che, per un motivo o per l’altro, sono dovuti crescere prima del tempo, più veloci della luce. Mi guardo attorno, osservo gli alberi che compongono il paesaggio circostante. Le foglie sono immobili. Allora cos’era quel vento che ho sentito sulla mia pelle? Poi capisco. Di nuovo mi ritrovo faccia a faccia con la realtà. Ancora una volta mi rendo conto di quanto la vita possa essere meschina e scorretta. Me ne sono resa conto a quattordici anni, ma ancora oggi è come se lo scoprissi per la prima volta. Mi volto in cerca dello sguardo del mio amico. Questa volta però è diverso. Cerco di accarezzargli la guancia con una mano, ma non ci riesco; allora provo con l’altra, ma anche stavolta non c’è niente da fare. Niente da fare. Quella frase l’ho sentita tante volte, e ogni volta mi si è spezzato il cuore in mille pezzi minuscoli. Provo di nuovo. Niente da fare. Ormai in preda alle lacrime, però, il mio sguardo si fissa negli occhi del mio amico. Mi sorride. Dopo tanto tempo riesco a sentire la sua voce. Le parole sono confuse, ma la sua voce acuta da bambino è chiara e cristallina. Il mio amico non cammina accanto a me, ma i sussurri di tutto ciò che non siamo riusciti a dirci mi guidano verso casa. Io un amico ce l’avevo, ce l’ho e lo avrò per tutta la mia vita, perché so che è qui con me, in ogni attimo, in ogni singolo momento della mia giornata, e mi guarda ancora con quegli occhi sorridenti di bambino, che rimarranno tali per sempre. Oramai sono a casa, nella mia camera, e ripenso a tutti i bei momenti passati insieme. Se dovessi definire il mio stato d’animo con una metafora, direi che mi sento come il nero. A scuola ci viene insegnato che il nero è il colore che assorbe tutti i raggi solari e dunque al suo interno si trova ogni singolo colore. Io mi sento proprio così, come se ogni singola emozione volesse emergere e farsi spazio con prepotenza, per poi finire a mescolarsi con le altre, e solo col tempo sarò capace di dividerle, di rimettere ordine dove oggi c’è solo una grande confusione e di tentare, invano, di riempire quello spazio vuoto nel mio cuore, che non sarà mai più completo del tutto.