I brevissimi 2022 – La mosca nel bicchiere, Barbara Orlacchio_Montesarchio(AV)
_Anno 2022 – (Nero)
Menzione Associazione Culturale Energheia
Andrea osserva la mosca che ha ingabbiato sotto un bicchiere di plastica.
“Eccoti qui. Sei in trappola. E’ bastato un bicchiere per fermare il tuo volo. Ora sono proprio io ad avere potere su di te. (Sogghigno). Questo senso di ebbrezza mi dà soddisfazione. Per una volta non sono io a essere braccato dagli altri. Per una volta…non sono io a essere deriso: chi gioca a pallone col mio zaino, chi mi tira sassolini sghignazzando, chi scimmiotta la mia voce insicura quando leggo in classe.
Mi chiamano ‘Andreotti’, per via della mia postura un po’ curva: me li sento addosso i loro sguardi.
Odo distintamente quei risolini ebeti quando si fanno beffe della mia docilità.
Sì, perché essere uno qualunque, in un mondo dove si cerca la popolarità anche nei modi più idioti, dà fastidio. E tanto.
Non desidero appartenere a quel gruppo di ragazzi vuoti che si cibano del nulla, ma la loro crudeltà mi stringe come una morsa”.
Deglutisce.
“Tutto si tinge di nero, e dentro quel nero desidero solo scomparire.
Mi inghiotte, come faccio io, a fatica, con la mia amarezza.
So di non avere colpa, ma la tentazione di prendermela tutta, invece, è forte: vorrei solo morire.
Ieri mi hanno rubato il quaderno: se lo tiravano, fuori nel cortile della scuola.
I fogli con le righe riempite a bella grafia svolazzavano nell’ aria, e le loro risa idiote risuonavano come ronzii esplosivi nelle mie orecchie: me le sono coperte. Non tolleravo quel rombo assordante.
Il quaderno l’ hanno ridotto ad un mucchio di carta straccia, così che mi sono dovuto giustificare con la professoressa per i compiti che ho raccontato di non aver fatto.
A mamma non l’ ho detto.
Stamattina mi hanno costipato contro l’ armadietto dello spogliatoio, in palestra: mi hanno preso gli spiccioli che avevo nella controtasca dei pantaloni. Mi servivano per i crackers all’ intervallo.
Sono rimasto a digiuno, ad ingoiare il vuoto nero dei miei pensieri, dei miei perché.
Non c’è, un perché: o almeno, io non lo trovo.
A volte vorrei domandarglielo a quei ragazzi, che all’ apparenza mi somigliano: perché io?
Ti osservo, mosca: sei nera anche tu.
Ma non di una sfumatura mortifera, come quella che avvolge i miei incubi: il tuo nero è naturale, è il colore che ti è toccato in sorte. Fa parte di te.
E poi hai sempre le tue ali trasparenti ad alleggerire quell’ oscurità.
Io, al contrario, non intravedo alcuno spiraglio in quest’ assurdità che mi è capitata.
Potrei parlarne con gli insegnanti, certo, o metterne al corrente i miei genitori: essi verrebbero a scuola, a difendermi, a dirne quattro a quei bulli.
E poi cos’ accadrebbe? Mi lascerebbero finalmente in pace o sarei preso di mira di più, costringendo mia madre a scortarmi sin dentro l’ aula e a venirmi a riprendere all’ uscita?
E se poi si scagliassero anche contro di lei?
Se poi questo spifferare li aizzasse?
No, meglio di no. Anche perché non possono farmi la balia per tutto il tempo.
Sopporterò. Prima o poi smetteranno, troveranno qualche altro trastullo, più interessante.
La scorsa settimana sono uscite le pagelle: ho preso bei voti, i migliori della classe.
Deve averli irritati, questa cosa: mi hanno spintonato fino ai bagni delle ragazze.
Lì mi hanno infradiciato tutto. Hanno tappato i rubinetti aperti facendomi schizzare addosso l’ acqua a fiotti, mentre due di loro mi bloccavano contro le mattonelle verdognole, piene di imbratti rossi.
Quando sono rientrato in aula, l’ insegnante mi ha chiesto che diamine avessi combinato per ridurmi così. Io sono rimasto in silenzio, mentre quelli ghignavano della loro bravata.
No, non posso continuare così.
Un giorno potrei farmi male sul serio…e io non voglio morire. Non lo merito, nient’ affatto.
E tu, mosca: mi accorgo che la tua prigionia non mi diverte per niente. Vederti sbattere agitata contro le pareti del bicchiere non mi procura alcun godimento. Non provo l’ istinto di ridere, anzi: ti guardo e mi rattristo. Sollevo il bicchiere e ti lascio la tua libertà. Io non sono come loro. Io sono Andrea”.