I brevissimi 2022 – Nero Argentato, Alessandra Peluzzi_Milano
_Anno 2022 – (Nero)
Margherita Scalieri, che è il mio nome, lo giuro, era avvezza al vizio dell’autolesionismo. Giuro che il mio nome è il mio perché a volte ai pazzi si fatica a credergli e parlo di me in terza persona perché a volte i pazzi lo fanno. Dicevo: mi tagliavo. O meglio, era Margherita Scalieri a farlo. Nulla di grave comunque. Roba superficiale, ferite da cerotto o al massimo da garze di quelle che si trovano in fondo all’armadietto del bagno. Solo una volta Margherita aveva esagerato.
Ma andiamo con ordine.
Partiamo dal taglio.
La lametta era nuova e la pelle era morbida ed elastica come un antistress giapponese. Margherita era in vena di farsi un taglietto, ma quel giorno più che dalla solita mortificante disperazione era pervasa da un impeto scientifico. Si mise in posizione centrando il braccio sotto la luce del comodino e al posto che chiudere gli occhi in estasi e anticipazione, li tenne bene aperti, anche se le costò un po’ di fatica. Per qualche ragione, forse la lama nuova o forse la curiosità, il metallo affondò più del solito. Fu così che in pochi secondi – che sembrarono molti – Margherita ebbe modo di osservare la pelle scindersi, i lembi dischiudersi e il sangue filtrare dagli strati di carne. Rimase totalmente ipnotizzata, riscuotendosi soltanto quando notò qualcosa in fondo alla vasta valle di epitelio. Qualcuno.
Tossiva, incastrato nella pelle e spruzzato dal sangue come in un autolavaggio.
Margherita lo analizzava con la freddezza dello scienziato. Ci sarebbe voluto un microscopio per vederlo bene, ma la ragazza si accontentò della lente della fotocamera del telefono. L’omino era tutto incrostato di sangue che lentamente iniziava a seccare. Dopo un po’ la sua pelle era diventata nera di placche translucide separate da sottili linee argentate. Sebbene le placche siano poligoni irregolari, per cui non esiste una formula per calcolarne con certezza l’area, era evidente anche ad occhio nudo che l’omino era più nero che argentato. Per questo Margherita decise di chiamarlo Nero di nome e Argentato solo di cognome.
Il Signor Nero Argentato, che non è il mio nome, lo giuro, viveva tranquillo nel braccio di Margherita. Giuro che il suo nome non è il mio nome perché quando si è pazzi è meglio essere chiari, soprattutto se all’orizzonte si annida il rischio di strane interpretazioni metaforiche. Dov’ero? Non nel mio braccio! Scusate. Allora, la notte del taglio Margherita si addormentò spiando le faccende del suo nuovo inquilino. Era come fissare una di quelle palle con la neve che si accumulano sulle mensole delle nonne. Margherita si chiese se il Signor Nero avesse mai visto la neve. Con gli occhi appiccicosi decise che il giorno dopo gli avrebbe fatto una sorpresa. Si addormentò col braccio sopra le coperte e si risvegliò col braccio sotto. Dopo essersi accertata della salute del suo ospite corse in cucina e raschio un po’ di ghiaccio dalle pareti del freezer.
Passarono i giorni e Margherita imparò a conoscere il suo inquilino. Era molto educato. Dormiva rannicchiato tra le croste e la sera, quando si svegliava, si metteva subito al lavoro con grande diligenza. Piano piano ricostruiva la ferita di Margherita impilando mattoncini di pelle e tessuto cicatriziale. Mi sentivo così amata! Scusate. Margherita, Margherita si sentiva amata… Non le era mai capitato che qualcuno prestasse così tanta attenzione a una parte così piccola di lei.
La fessura intanto si faceva sempre più sottile e Margherita iniziò a preoccuparsi per Nero. Dormiva in piedi come un cavallo e lavorava per mezzo di un complesso sistema di travi e palafitte. È solo per dargli una mano che una notte, tra i fumi dell’alcol e i fumi e basta, Margherita squarciò un pochetto – solo un pochetto – i lembi del taglio. Il sangue iniziò a fluire e il Signor Nero vide distrutto tutto il suo lavoro. Rendendosi conto del suo errore, la ragazza iniziò al più presto a tamponare. Fu così che Margherita Scalieri uccise per sbaglio il Signor Nero Argentato.