I brevissimi 2010 – Il fuoco di Roberta Angeloni_Aprilia(LT)
anno 2010 (I sette peccati capitali – La lussuria)
Il fuoco
Mi sento come a quindici anni.
Le ragazze della mia età si truccavano, stavano ore al telefono e al sabato uscivano tutte fiere di mostrare la nuova camicetta, la cinta firmata, il loro nuovo modo di sistemarsi la frangia sulla fronte.
Io no.
Che fossi diversa, anche mia madre se ne era accorta.
Trascorrevo ore davanti alla finestra a guardare la gente che passava: a piedi, in motorino, in auto. Ero tristissima, con dentro una voglia di riscatto e la paura di andare a cercarlo, quel riscatto.
Ora so che ero vittima di una depressione, e a quindici anni non lo sai, non capisci cosa può essere quella sensazione di macigno che ti schiaccia, la debolezza che ti pervade, e credi, anche i grandi lo credevano, che fosse un fatto fisico.
Allora andiamo da questo o quello a farci vedere la tiroide, tua zia è stata molto male con la tiroide quando era giovane, tu sei uguale a lei, è inutile che ci pensiamo sopra, sicuramente è un fattore ereditario. Così ti ritrovi immobile in un letto del Policlinico, uno stanzone enorme, bianco, pieno di letti vuoti, a fare le prove del metabolismo basale, con una macchina strana attaccata e tu devi solo respirare, quella, è una cosa che ti viene bene.
Non è la tiroide.
Saranno le vitamine, facciamo la solita cura di iniezioni ricostituenti che ti hanno fatto tanto bene gli anni passati.
Imbottita di vitamine l’appetito aumentava, mi arrotondavo un po’, anche se avevo ancora la buca sulla pancia, lo sterno prominente, le “alucce” sul dorso evidenti. Una magrezza che oggi qualunque dottore definirebbe preoccupante.
A trent’anni ero bella davvero. Un fiore di donna che nessuno si aspettava diventassi. Mi guardavano, ma io non capivo esattamente per cosa. Camminavo a passo svelto, gli occhi bassi, ero tutt’altro che appariscente. Gli abiti scelti senza cura nell’armadio, e continuavo ad arrossire a ogni minima attenzione.
Poi Piero, un vecchio amico del Liceo, si è dichiarato mentre eravamo imbottigliati su un autobus in mezzo al traffico in Piazza Argentina. Piero mi piaceva, con lui ridevo molto.
L’ho sposato.
Bella con lui la vita, per qualche mese. Avevo deciso di rivelarmi, di liberarmi da quella prigione di falsità che mi avvolgeva e mi rendeva solare agli occhi degli altri. Volevo che soltanto lui mi scavasse nel profondo, e conoscesse i meandri più segreti di una personalità così complicata, un anima piena di un amore immenso, che non riusciva a esprimersi, a gridare con tutto il suo vigore. Un’energia che implodeva dentro, da anni, ed era ora che esplodesse, perché non venissi rapidamente trascinata nella pazzia.
Piero mi guardava, inerme. Scuoteva la testa, non capiva. Lo diceva, anche, che non mi capiva, e che le mie erano fantasie, avevo una visione così strana del mondo. Usciva e tornava poco dopo, con un mare di carezze tentava di calmarmi, di farmi entrare nei suoi occhi e guardare il mondo come lo guardava lui.
Non mi bastava.
Mi allontanai, cominciai a guardarmi attorno. Fuori era pieno di uomini, qualcuno avrebbe capito. Navigai da un letto all’altro, con passione, furore, da costernarli, tutti. Erano sazi e insaziabili, annichiliti da tanto fuoco. Ero drogata di sesso, finalmente esplodevo, senza lesinare niente, a nessuno di loro. Amici, incontri casuali, uomini delle mie amiche. Da loro prendevo tutto e davo tutto. Mi piaceva vestirmi con il solo scopo di sedurre, sceglievo con cura le scarpe, le calze, il tipo di scollatura. Una cura maniacale di me, che non avevo mai conosciuto, Ero nuova, diversa, più forte. Credevo di tenere in scacco il mondo.
Poi conobbi Rino, ineffabile attrazione carnale. Ma durante una folle notte d’amore, il suo viso improvvisamente assunse una luce strana .Come in una allucinazione, si sovrapposero i tratti e i lineamenti di un uomo anziano. Io, piccolissima, nel giardino della sua casa.
Bastardo, mi toccavi, e io, indifesa, lasciavo fare.
Bastardo.
Ora ho cinquant’anni.
Sono sola, a guardare da questa finestra, non è la stessa finestra. Ma la gente, le auto, i motorini, la mia tristezza, sono quelli di allora.
Roberta Angeloni
Roberta Angeloni nasce a roma il 23 luglio 1960.
Nel 2009 esce l’ultima delle sue quattro pubblicazioni, dal titolo “Racconti
Sghimbesci”, edito da “Albatros”, una raccolta di racconti dalla venatura
surreale.
Ha un suo blog: robertaangeloni.blogspot.com