Il baobab sacro_Halidou Kompaore
_Racconto finalista quinta edizione Premio Energheia Africa Teller.
Traduzione a cura di Maria Rosaria Silvano
Il vecchio Kibaykita, che possiede l’arte di attirare l’attenzione dei bambini con le sue belle storie, aveva finito di raccontare loro la prima storia del giorno sotto l’albero à palabre7.
Il vecchio aveva infatti promesso ai bambini di raccontare loro due storie al giorno non appena si fossero raggruppati e avessero sentito il bisogno di ascoltare aneddoti e altre storie divertenti ricche di insegnamenti.
Kibaykita aveva scelto di conversare con i bambini per partecipare alla crescita del loro senso morale e alla loro educazione.
Per questa seconda storia, i bambini assunsero un atteggiamento particolare. Pendevano dalle labbra del vecchio, attendendo con impazienza la storia del baobab sacro, storia che il vecchio ha infine deciso di
raccontare.
Oggi, pensavano, conosceremo il mistero di questa storia. Miei cari bambini, gli indovini avevano predetto con timore che un re del terrore sarebbe nato a Koun. La nascita del re fu misteriosa e tutta la sua vita fu segnata da fatti insoliti. Reggetevi forte e ascoltate.
Delle tredici gravidanze vissute da Poogbi, questa era la più difficile tanto che tutte le donne anziane presagivano nel segreto degli dei una triste fine. In effetti, durante i dieci mesi della sua gravidanza, Poogbi avvertiva continuamente dei dolori indescrivibili al basso ventre che le procuravano svenimento. Molto spesso era necessario l’intervento delle guaritrici per salvarla da una situazione al di là della loro immaginazione e di cui, in realtà, non avevano alcuna esperienza.
Così, stanca di vivere con sofferenza questa gravidanza, di cui non si conosceva la fine, mamma Poogbi decise di affidarsi alle levatrici della corte reale nella più grande discrezione. Al nono mese della sua gravidanza, dopo aver sopportato i dolori viscerali e le contorsioni del suo basso ventre, una calma leggendaria avvolse Poogbi che visse il resto del tempo serena, ma in apprensione. “E’ l’inizio del mio parto?”, questa era la felice sensazione che sicuramente provava Poogbi. Eppure, questa gravidanza si sarebbe protratta ancora per settimane.
In verità, dopo nove mesi di sofferenza, si verificò qualcosa di strano. Durante il periodo di serenità relativa, raggiunta dopo i nove mesi, tutte le notti Poogbi aveva l’impressione di aver messo al mondo un bambino e di essersi alleggerita finalmente del suo peso che diventava ormai eccessivo e che suscitava molto scalpore nel paese di Moaga. La sensazione di sollievo era giusta. Al calar della notte, Poogbi non sentiva più il solito peso nel basso ventre. Miracolosamente, il bambino nasceva e si ritrovava ai piedi di sua madre, si metteva a camminare e scompariva nella notte.
Quando l’evento si verificò per la prima volta, Poogbi fu colta da un’ansia spaventosa che non riuscì a condividere. In seguito, il bambino perso nell’oscurità ritornava soltanto all’alba accompagnato da una lunga serie di griot8 che facevano risuonare i tam-tam come per celebrare un ritorno in trionfo.
I giorni seguenti lo stesso evento si ripeteva in modo analogo. A poco a poco, mamma Poogbi familiarizzava segretamente con quello che le succedeva.
Non appena le guaritrici e le levatrici furono messe al corrente dell’evento, si organizzarono per accogliere il bambino che stava per nascere e portare la notizia in tutto il regno. Tuttavia, una notte in cui la mamma ebbe l’impressione di aver messo al mondo un bambino, avvisò tutte le donne che dovevano assisterla durante il travaglio. Queste ultime accorsero e si recarono presso la sua capanna con tutto il corredino necessario e vegliarono fino all’alba.
Al ritorno del bambino in fanfara, percettibile soltanto da Poogbi, tutte quelle che erano presenti si inginocchiarono e si prostrarono gridando in coro: “I yèla nabiga … (siate o piccolo principe il benvenuto tra noi…)”.
A partire da quello stesso istante, il bambino si ritrovò come per incanto tra le gambe della mamma, emise un vagito consacrando in questo modo la sua nascita.
E’ così che il piccolo principe venne al mondo e gli fu dato il nome di Roggnan (colui che è finalmente nato).
Qualche anno dopo, Roggnan era diventato grande, come tutti i bambini della sua età. Fino al settimo anno restò sempre vicino alla mamma che lo coccolava e lo riempiva di un grande affetto tanto che tutti gli altri fratelli erano molto gelosi.
Durante tutti questi anni, Poogbi dimenticò le circostanze che avevano dato vita a Roggnan. Di tanto in tanto veniva angosciata dai pettegolezzi delle altre donne. Si ricredeva e si riprendeva subito dicendo che la vita è fatta di felicità ma anche di prove che bisogna superare con forza d’animo.
D’altronde, ciò che alimentava la gelosia delle altre mogli non era tanto l’amore di Poogbi per Roggnan quanto la perspicacia, vivacità e temerità di quest’ultimo. E così a tredici anni, mentre conduceva il gregge di pecore di sua madre verso i pascoli, Roggnan vide una iena, che si era impadronita di una pecora, correre a gambe levate. Nello stesso momento prese la fionda e un sasso e rincorse la belva. Alla fine della sua lunga e difficile corsa nella rada foresta, riportò la iena morta, con un sasso nella testa. Quando la notizia arrivò nel villaggio, tutti si stupirono dell’intrepido piccolo principe. Non perdeva mai occasione per mostrare il suo coraggio. Una volta, mentre si divertiva con i suoi compagni un po’ più grandi di lui scoppiò una lite. Il piccolo principe si scontrò con un compagno che, eccitato, aveva voluto misurare il coraggio del giovane principe che tutti tanto osannavano. La piccola disputa era diventata un vero e proprio incontro di pugilato e si trasformò rapidamente in una lotta accanita nella quale nessuno osava intromettersi. Un disastroso epilogo. L’avversario di Roggnan svenne e si accasciò al suolo con un braccio rotto. Da allora, Roggnan meritò il rispetto di tutta la generazione.
Con il passar degli anni, le imprese di Roggnan si moltiplicarono e divenne noto in tutto il regno. Dappertutto il suo nome faceva rima con coraggio e destrezza. Raggiunta la maturità, lasciò la corte reale e andò a vivere da solo nel cuore della foresta. Visse per tre anni consecutivi mangiando frutta e carne. Un giorno, mentre era davanti ad un piccolo fuoco, alcuni emissari gli si avvicinarono. Dovevano comunicare una notizia e prevedevano una reazione violenta da parte del principe. Si rivolsero a lui in questi termini: “Grande principe, principe dei principi, eletto degli dei e degli avi, sua maestà vostro padre il re che avete lasciato quattro anni fa, ha esalato il suo ultimo respiro. Le sue esequie sono state celebrate nel degno rispetto delle tradizioni e i funerali, memorabili, si sono svolti secondo riti ancestrali.
Come potete constatare, la nostra presenza qui non è un caso, è pienamente giustificata e non vuole assolutamente disturbare la vostra pace profonda; infatti, visti gli eventi e lo stato attuale delle cose, siete stato scelto all’unanimità dal consiglio dei saggi come il degno figlio del defunto re vostro padre capace di guidare le sorti del popolo. Per questo motivo il popolo attende il vostro ritorno con impazienza”.
Dopo averlo elogiato a lungo, gli emissari si aspettavano una reazione speciale da parte del futuro re. Fatica sprecata. Roggnan restò immobile, con lo sguardo fisso, penetrante e aggressivo nei confronti degli emissari. Così tenne in sospeso i suoi visitatori per molto tempo prima di rompere il silenzio con queste parole: “Vi ordino di ritornare a Koun”. Presi dal panico, gli emissari si ritirarono tutti preoccupati. Dopo la partenza di questi ultimi, il principe rimase ancora sette giorni nella sua dimora e l’ottavo giorno ritornò nel capoluogo del regno.
Quando gli inviati ritornarono, fecero il resoconto fedele del loro incontro con il principe. Il consiglio dei saggi e la confraternita degli anziani restarono di stucco. Tutti insieme, si misero d’accordo e si concessero una settimana di riflessione al fine di prendere la decisione più giusta per salvare il regno.
Al settimo giorno, gli anziani e i saggi si riunirono nuovamente in consiglio per prendere una decisione. Tutti avevano interpretato il silenzio di Roggnan come un rifiuto di succedere a suo padre e bisognava quindi trovare un valido sostituto degno dell’approvazione del popolo e soprattutto di quella dei notabili. Quando alla fine del loro incontro si riunirono e decisero di privare Roggnan della fiducia, quest’ultimo fece improvvisamente e misteriosamente irruzione nella sala dove si teneva il consiglio.
Allo stesso momento, turbati, cambiarono le loro intenzioni e all’unisono gridarono in coro: “Siate il benvenuto, sua maestà re dei re, eletto degli dei e degli avi”. Gli fu offerto subito di sedersi, ma era chiaro che il clima era teso. Questa presenza inattesa appestava l’atmosfera e intimoriva l’assemblea. Tutti se ne stavano cheti. Tutte le decisioni che stavano per essere prese furono immediatamente modificate. Infatti, il grande griot prese la parola: “Sua maestà, re dei re, degno erede della corona reale, legittimo possessore del bastone imperiale, stiamo tenendo un consiglio sui festeggiamenti per la cerimonia della vostra incoronazione. Il consiglio ha deciso che la cerimonia si potrebbe tenere, col vostro consenso, il giorno successivo al vostro rientro. Questo è, Sua altezza, ciò che è stato deciso”. Roggnan come al solito non disse nulla; l’assemblea addusse a pretesto la stanchezza del futuro re e si ritirò.
La notte del giorno seguente, i tam-tam si misero a suonare un ritmo insolito che annunciava al popolo ciò che sarebbe successo le ore successive. Sin dalle prime luci dell’alba, donne, uomini e bambini ripresero affannosamente le loro attività quotidiane. Bisognava finirle velocemente e recarsi alla corte reale. Non si possono perdere simili cerimonie. Allora, sin dalla comparsa dei primi raggi di sole, la corte del re era piena di gente e il popolo si era già sistemato. Nello stesso momento, comparvero i griot e cominciarono a intonare le lodi al re. Fu un momento molto appassionante. I più giovani colsero questa opportunità per imparare tutta la storia del regno e ascoltare gli elogi in rima delle imprese e dei fatti significativi di ogni regno. Fu proprio in questo stesso momento che Roggnan, indossando i suoi più bei vestiti, si mostrò al pubblico che lo applaudiva. Con passo felpato, il re avanzò lentamente per salire sul trono. Dopo essersi seduto, i griot terminarono gli elogi, cedendo così la parola ai saggi che proclamarono Roggnan re di Koun.
La giornata fu contrassegnata da manifestazioni popolari per l’incoronazione: corse di cavalli e giochi solitamente vietati… Roggnan fu circondato dai saggi che gli comunicarono alcuni segreti e l’iniziarono ad alcune pratiche mistiche in qualità di primo custode della società.
Dopo l’incoronazione, il tempo trascorse come sempre. Roggnan regnava pacificamente nel suo palazzo ma non era assolutamente soddisfatto del ruolo di capo che doveva svolgere. A Moaga, il re non si sposta molto e deve rimpinzarsi di pasti molto nutrienti per metter su pancia. Doveva mostrarsi al pubblico solo per necessità. Di conseguenza, la libertà del re era molto limitata e Roggnan
lo sopportava suo malgrado. Un giorno, dopo sette anni di regno, offeso dai troppo numerosi saggi consigli dei notabili, ruppe con la vecchia tradizione. Sin da quel momento, espresse la volontà di governare da solo e di concedersi alcune libertà indegne di un Re. A poco a poco sopraggiunsero le gravi malefatte di Roggnan. Quando lo desiderava, si appropriava delle donne di suo gusto. Molto spesso, coloro che commettevano delle infrazioni, come le violazioni alle leggi ancestrali, venivano condannati a morte. Roggnan diventò sanguinario e versò molto sangue per cose di cui non valeva la pena. Un giorno durante le sue passeggiate, passò vicino ad una straniera che pestava il sorgo. Sulle spalle portava il suo unico figlio che gridava a squarciagola. Queste grida stridenti meravigliarono Roggnan che si rivolse alla donna: “Non puoi prenderti cura di tuo figlio?”. “Imprudente e insolente”, la donna replicò, “poiché sei un uomo puoi farlo tacere una volta per tutte?”. La poverina ignorava la cattiva reputazione di Roggnan della quale non bisognava fidarsi. A queste parole, il re obbligò la donna a mettere il bambino nel mortaio e con amarezza lo unì al sorgo.
A mano a mano che il tempo passava, la crudeltà del re provocò una costernazione tale a Koun che il popolo incominciava a far sentire la sua rabbia. I vecchi si riunirono segretamente per decidere cosa fare. Il re è un iniziato, conosce a fondo le pratiche mistiche ed è protetto da alcune forze occulte che soltanto un temerario può affrontare.
Una volta Roggnan andò a caccia e incrociò nella sua zona di caccia un giovane cacciatore mingherlino ma dallo sguardo vivace. All’improvviso, preso dalla rabbia il re inseguì Tonwassa il cacciatore in una corsa a cavallo nella savana.
Tutti e due, cavalieri di fama, in una corsa folle, evitarono le imboscate, superarono stagni e fiumi con balzi coraggiosi che i cavalli eseguivano con estrema destrezza. Questa corsa li riportò al villaggio che attraversarono a tutta velocità eliminando qualsiasi cosa sul loro percorso.
Sin dall’inizio della corsa, Tonwassa aveva immaginato un epilogo per salvarsi la pelle: portare il re in un luogo a lui proibito situato al cuore stesso di Koun. Tonwassa arrivò come una saetta sul baobab sacro situato in questo luogo e il suo cavallo bianco al quale era aggrappato saltò sul baobab lasciando le impronte profonde degli zoccoli sul tronco, dalle radici alla cima del baobab.
Nello stesso momento e alla stessa andatura, il re seguiva Tonwassa e non si accorgeva affatto delle manovre di quest’ultimo. Quando il cavallo del re giunse ai piedi dell’albero si impennò. Il re prese il suo scettro magico e lo lanciò come una freccia sul cacciatore che si trovava già in cima al baobab. In questo stesso momento il cacciatore scese dal lato opposto e scomparve. Lo scettro del re non aveva raggiunto il bersaglio e tracciò un solco profondo sul tronco del baobab seguendo il lato dal quale il giovane cacciatore era scappato. Si trattava della prima sconfitta del re, segno precursore della sua caduta.
Questi eventi fecero scalpore e ci si informò sull’identità reale del giovane cacciatore. Subito ci si rese conto che Tonwassa era un uomo sereno che viveva da solo nella foresta. Passava le sue giornate a studiare la virtù e il potere di guarigione delle piante. Ritornava spesso al villaggio per soccorrere i malati gravi.
Così alla domanda del consiglio dei saggi, il cacciatore accettò di fare ciò che poteva per liberare Koun dal tiranno Roggnan. Durante una partita di caccia ferì leggermente un cavallo selvaggio e poté così domarlo. In seguito, con tutta la sua pazienza riuscì ad addomesticare la bestia selvaggia. Ed è a partire da questo momento che gli eventi presero una svolta determinante. Nella corte reale si organizzò una grande festa in onore del re durante la quale era prevista una corsa di cavalli. Il re accettò di fare una piccola sfilata con il suo cavallo prima dell’inizio della corsa. Gli inviarono il suo cavallo completamente addobbato. In verità fu proprio il cavallo selvaggio addomesticato ad essergli presentato. Il re non se ne accorse affatto. Lo aiutarono a montare in sella e a legare con cura e delicatamente i suoi piedi alle staffe affinché nessuna caduta potesse separarlo dalla bestia. Una volta montato in sella, la sorte del re fu segnata. Quindi fu dato un secco colpo di frusta al cavallo che emise un nitrito prima di iniziare una terribile corsa.
Il colpo di frusta svegliò l’istinto selvaggio del cavallo che non diede nessuna possibilità di sopravvivenza al re. Il cavallo selvaggio attraversò il villaggio a tutta velocità e si diresse nel cuore della foresta con tutta la forza dei suoi muscoli. Eretto sul suo cavallo, il re veniva colpito di volta in volta dai rami e dai tronchi degli alberi. A questa velocità perse l’equilibrio, si staccò violentemente dalla sella e si ritrovò in terra, con i piedi sempre legati alle staffe. In questa terribile posizione, fu trascinato per un lungo tratto. Progressivamente, gli abiti che portava si ridussero a brandelli; il suo corpo che sbatteva contro tutti gli ostacoli si ridusse in lembi irriconoscibili.
Il cavallo selvaggio continuò la sua corsa folle trascinando con lui i resti di Roggnan. A Koun si seguirono le impronte lasciate dal cavallo nel suo percorso; dappertutto si poté ritrovare e raccogliere le reliquie del corpo del re che vennero raggruppate e ridotte in cenere in un posto molto lontano da Koun.
E fu così che ci si liberò del re crudele.
Ai nostri giorni sconsigliamo vivamente di pronunciare il nome del re Roggnan in alcune circostanze, perché questo nome è di cattivo augurio e porta sfortuna. A Koun il baobab sacro è sempre vivo e porta le stimmate di una parte della storia di Roggnan.
E’ così che Kibaykita concluse il suo racconto ai bambini: “Qualunque sia la forza dell’acqua, la sua corsa finisce sempre ai piedi della montagna.
La vita è sacra e voi dovete perpetuarla per amore del prossimo”.