L’analisi del voto:Il disagio delle città e dei giovani
«Si è chiuso il canale tra la sinistra e la rabbia dei giovani»
«Proviamo a interrogarci con un po’ di autocritica: quanta parte del disagio urbano e giovanile si è espresso in questo voto fuori dall’area tradizionale post comunista, riconoscendosi invece in un movimento che ha canalizzato la rabbia attingendo comunque all’immaginario tradizionale della sinistra?». Parte da qui la riflessione sullo tsunami elettorale del neo deputato del Pd, Franco Cassano – classe 1943, sociologo e filosofo, intellettuale del “pensiero meridiano” – eletto in Puglia.
Grillo ha sfondato e Berlusconi ha tenuto, al Sud. Se lo aspettava? Non con queste proporzioni. Soprattutto non che la rimonta di Grillo pesasse prevalentemente sull’arco del centrosinistra. Né che i meridionali potessero votare un partito alleato della Lega: un suicidio di massa. ma evidentemente il messaggio sulla riduzione delle tasse e la deregolamentazione ha avuto più presa.
Il M5S a Taranto è il primo partito. Lei che ha riflettuto molto sul leaderismo, attribuirebbe tale successo al carisma di Grillo?
Credo piuttosto che il ruolo fondamentale l’ha avuto la crisi. Quando le risposte al disagio sociale non sono neppure all’orizzonte – penso alla questione di Taranto, per esempio – è chiaro che il voto di protesta si diffonde.
Voti sottratti più alla sinistra o alla Lega?
C’è un indizio più rilevante del leaderismo: il canale tra la rabbia e la sinistra non funziona più, basti pensare al pessimo risultato di Rivoluzione civile. Non ho mai capito perché il Prc e il Pdci sentissero il bisogno di ripararsi dietro il nome di un magistrato, mentre vedo la continuità tra Di Pietro e Ingroia: mi è sempre apparsa come la confessione di una debolezza culturale, politica e sociale. Ma dopo la scelta di Vendola di allearsi con Bersani ci si aspettava una premiazione di Ingroia, e invece no. D’altronde è evidente che anche il consenso raccolto da Vendola conteneva un quoziente di disagio, di protesta – di sentimento di estraneità con forti caratterizzazioni urbane – che andava ben al di là dell’area della cosiddetta sinistra radicale. E che ora, accentuato dalla crisi, enfatizzato sapientemente da Grillo, ha trovato appunto altri canali. Non è la prima volta che il disagio sociale, soprattutto quello giovanile, si esprime fuori della tradizione di sinistra ma in questo modo – agitando e ripercorrendo figure come Dario Fo – non era mai successo.
Sta dicendo che più aumenta il disagio più si ha bisogno di aggressività, e che anche la figura del leader in questo contesto muta significato?
In Italia c’è un legame antico tra la politica di massa e il leaderismo; e il partito è l’elemento di contrappeso. Ma se mancano gli strumenti per ricomporre la rabbia allora la dimensione mediatica diventa una forma politica molto più liquida che si sostituisce a quella tradizionale dell’organizzazione. Grillo ha enfatizzato il valore di chi si sente, a torto o a ragione, fuori e contro. E che si fa rappresentare più dai No che dai Sì. La difficoltà di un giovane che non trova lavoro è anche la difficoltà di rapporto con la politica; non a caso nella tradizione del movimento operaio le due cose sono sempre state collegate.
Il centrodestra ha fatto il pieno di voti nel profondo Nord come nel profondo Sud.
Negli ultimi 20 anni la questione meridionale non è mai stata al centro dell’attenzione. Ora senza farsi risucchiare da una forma di sudismo reattivo mimetico e subalterno, bisogna dire però che la differenza nei rapporti di forza conta. L’orientamento della destinazione delle risorse ha penalizzato il Sud, a tutti i livelli: infrastrutture, trasporti peggiori di 50 anni fa, università… Pensiamo anche che i grandi giornali di informazione sono quasi tutti del Nord…Insomma non c’è solo la Lega, esiste anche un nordismo certificato dalla Bocconi. Nel governo Monti c’era solo un ministro molto capace, Barca, che però lavorava da solo e senza fondi per il Mezzogiorno.
E così il Sud ha scelto di nuovo chi ha governato per 20 anni…
Perché evidentemente le responsabilità non sono venute fuori a sufficienza. E per quanto riguarda il centrosinistra ci si è appoggiati troppo su un’esperienza importante ma regionale come quella di Vendola in Puglia pensando che potesse sanare le politiche nazionali. Io la chiamo «regionalizzazione della ragione»: non si può sanare il Sud nonostante le politiche nazionali.
L’Europa ora è più lontana o più vicina?
Certo sarà più difficile ora ricostruire un orizzonte europeo ed è facile che l’Italia torni ad avere una pessima immagine. C’è anche il rischio di vedere slittare l’appuntamento con la sinistra europea. Ma si potrebbe cogliere questa difficoltà per riflettere sulla necessità che l’Europa cambi registro, almeno, come ha chiesto anche il presidente dell’Europarlamento Martin Shulz, sulle politiche di austerità.
Lei dunque suggerirebbe a Bersani di insistere con Grillo?
Non proprio: nel suo programma Grillo ha messo di tutto. Ma per l’Italia del futuro bisogna riconquistare quel pezzo di società. Bisogna assolutamente portare queste forze sul terreno più maturo della responsabilità, costringere i grillini ad uscire dalla rendita da estraneità. E credo che questo spetti soprattutto alla sinistra, che deve avere il coraggio di guardare al di là del suo blocco di riferimento.