Il paese dei morti, Afrodite Gregoriu
Racconto vincitore Premio Energheia Grecia 2024
Traduzione: Maria Chatzikyriakidou, a cura di: Franco M.T. Gatti
Nel paese dei morti non puoi toccare niente. Vedi oggetti, volti, luci, persino fiori, ma se li avvicini ti allontani, e se provi a toccarli non ci riesci mai, perché non hai più mani, anche se, per abitudine, credi di averle. Non abbiamo mani noi, viaggiamo solo con i volti. La vita nei nostri occhi non è la stessa che vedono i vivi. Noi vediamo molti più sagome e forme con meno colori in un movimento eterno, e non distinguiamo nessun odore o consistenza, ma sentiamo un silenzio inaudito, un silenzio che nessun vivo ha mai sentito. Viaggiamo continuamente, entriamo e usciamo dalle case, ci riposiamo dentro i muri e proseguiamo. Possiamo vederci l’un all’altro, noi morti, nel paese dei morti.
Per noi non esiste un dentro, né un sopra né un sotto, tutte le direzioni significano la stessa cosa, dato che noi non abbiamo più una fine. Viaggiamo e andiamo nel paese dei morti mentre siamo nel paese dei morti. Siamo molti ma il nostro paese cresce continuamente con noi e così il nostro numero sembra sempre stabile. Certo, in alcune aree siamo di più, mentre altre aree sono ormai abbandonate. Nel paese dei morti le sagome si ripetono come musica, ma non emergono molte cose nuove, solo variazioni delle variazioni. E così scorre, il nostro paese, come un sogno senza inizio né fine dal quale nessuno si sveglierà.
Viaggiamo e andiamo, nuotiamo e voliamo nel profondo silenzio e nella fitta oscurità, attraversiamo finestre, case, campi e stelle, incontriamo i nostri simili e vediamo a volte da lontano, attraverso la luce e le sagome e le forme, attraverso i nostri occhi incolori, cosa succede oltre, nel paese che abbiamo lasciato e dimenticato. Vediamo tutti voi, lì, nei suoni, negli odori e nei colori, lì nel paese dei vivi. E quando non siamo così intorpiditi dal nostro movimento, ricordiamo con nostalgia. Perché la maggior parte di noi ha dimenticato.
Qui non abbiamo né gioia né dolore, non abbiamo stagioni e nessun modo per distinguere il caldo dal freddo, a malapena distinguiamo il chiaro dallo scuro e il torbido dal trasparente. L’unica cosa che ricordo di sentire è che, quando una volta esistevo, avevo… non so esattamente cosa avevo, ma allora ero pieno, allora avevo qualcosa. Ma ora sono vuoto e non ho niente da dare. Nulla ci brucia e nulla ci tocca qui dove siamo, è come se avessimo dato tutto prima di venire qui. Non abbiamo più desideri, nessun desiderio. E non so cosa fare. Sì… Una volta eravamo felici, non è vero? Perdere e ritrovare sé stessi. Questa è la nostra quotidianità.
Non ho quasi nessuna storia da raccontarvi per questo posto. A parte quella volta quando uno straniero venne nel nostro paese per salvare uno di noi. Ho visto e sentito tutto.
“Vedi, sono fragile, la maggior parte delle volte dimentico di pensare o di parlare, e quando mi dimentico completamente divento invisibile e inciampo su me stesso.”, diceva il morto. “La maggior parte di noi non si chiede più nulla, non discute, non ricorda. Anche quando ci incontriamo continuiamo per la nostra strada senza scambiare parole. Ma come te non ho mai visto nessuno. Non ti vedo chiaramente perché mi accechi e i miei occhi non sono abituati a così tanta luce. Puoi ridurre un po’ la tua luce perché possa vederti meglio?”
“Cerco qualcuno, una bambina che si è persa qui, e poiché non conosco le strade di questo mondo ho bisogno di aiuto per trovarla.”, disse lo straniero.
“Non so come aiutarti, Luminoso. Anche se mi dici il suo nome, non posso aiutarti. Come si chiama?”
“È una bambina, si chiama Natasha.”
“La sua famiglia la cerca?”
“Tutta la sua città la cerca. Le persone sono inginocchiate e pronunciano il suo nome.”
“Quando? Adesso?”
“Sì, proprio in questo momento. Fuori è buio e non fa freddo, tutti quelli che sono in strada si sono inginocchiati sui marciapiedi, quelli che erano nelle auto sono usciti e aspettano per strada, quelli che erano a casa sono usciti sulle terrazze, e tutti chiedono con devozione e fede che Natasha venga salvata.”
“Che venga salvata?”
“Che torni indietro.”
“E tu chi sei?”
“Un messaggero, uno di quelli che dormono nei cieli e non ne escono facilmente. Ma le voci di tante persone mi hanno invocato e sono venuto per conto loro qui a trovare e salvare Natasha.”
“Buona fortuna, Luminoso. Ma chi è questa Natasha e perché tutto il mondo si preoccupa tanto di salvarla?”
“Natasha è una ragazza di quattordici anni. Questa è l’età in cui è morta, ma lei è ancora viva e cresce. La sua anima è qui, ma il suo corpo è in un ospedale in America.”
“Capisco. Come è morta?”
“Le piaceva vestirsi bene e uscire con le sue amiche ed era una ragazza molto bella, aveva molti ammiratori. Un giorno andò con alcune amiche su una di quelle torri che hanno in America che, poiché toccano quasi il cielo, si chiamano grattacieli.”
“Passo spesso da lì e osservo il mio riflesso”, disse il morto. “Continua”.
“Era salita con le sue amiche su una terrazza. Da lì cade e questo è quanto. Non aveva bevuto, era felice. Non sappiamo come è successo. Le sue amiche non diedero nessuna spiegazione, dissero che improvvisamente l’avevano persa di vista, ma i suoi genitori credettero che quelle che la invidiavano l’avessero spinta.”
“È morta sul colpo allora.”
“Non è morta affatto. Sono passati dodici anni e il suo cuore batte ancora e i suoi polmoni ancora si riempiono e si svuotano d’aria. Il problema è che fa tutto questo sdraiata su un letto con gli occhi chiusi. Vive attaccata alle macchine, ai medici, alle spese e ai dolori dei suoi genitori. Suo padre non la lascerebbe mai andare completamente, mentre sua madre preferirebbe che questo finisse, perché finché sua figlia vive, vivrà anche la speranza irrealizzata che si risvegli. I medici e gli specialisti dicono che non c’è verso, e che senza le macchine e le loro cure Natasha morirà subito. Gli anni sono passati e Natasha è ancora lì, i suoi genitori traumatizzati si sono separati e ciascuno ha sofferto a modo suo”.
“E volete riportarla indietro ora! Ora vi ricordate di lei! Dopo tanti anni!”
“Vedi, un essere umano vivo non potrà mai venire in questo luogo a chiedere di lei. Sono venuto io perché se un uomo vivo parla in un certo modo, allora io e i miei simili lo sentiremo e trasmetteremo il suo messaggio.”
“Sai, Luminoso non credo che la troverai nel nostro mondo. Qui vengono coloro che sono arrivati alla fine. Non so dove vadano quelli che vivono a stento e che non possono né svegliarsi né cadere nel sonno eterno.”
“I suoi genitori non la lasceranno andare, suo padre è ricco e pagherà l’ospedale fino alla fine. È molto crudele tenerla così a vivere senza esistenza ed è molto crudele farla morire. Ho cercato tutto il paese dei vivi per il suo spirito ma naturalmente non era lì. Solo qui può essere. Da qualche parte qui in questo mondo c’è Natasha, il suo volto e il suo spirito. Troverò la sua anima e tu mi aiuterai. Ho bisogno del tuo aiuto caro morto perché ho due difficoltà.”
“E quali sono?”
“Il primo è che non sono mai stato qui prima, non conosco le strade e mi perderò facilmente. Il secondo è che non vedo.”
“Tu non vedi!” disse più forte il morto che fino ad allora parlava davvero in modo monotono e quasi con apatia. “Ma tu sei tutto luce!”
“Sì, ma ho perso la vista. Per questo tu diventerai la mia guida, tu diventerai i miei occhi e ovunque andremo mi dirai cosa vedi affinché troviamo Natasha.”
“Come fai a non vedere tu! Brilli come se avessi inghiottito una stella. Brilli così tanto che i tuoi tratti si distinguono appena dietro il tuo calore. Sei forse accecato dalla tua luce?”
“Ti credo e sono felice di essere così luminoso perché andremo in vicoli stretti e bui e sarà buono per te avere me accanto per vedere la strada.”
“Quale strada?”
“La strada che prenderemo per trovare Natasha. Caro defunto, accetti di aiutarmi?”
Il volto del morto si offuscò e cambiò espressioni molte volte. Lo sfondo apparve dietro di lui.
“Non capisco molto… Inoltre, questa bambina ora è persa… qui c’è l’anima della quattordicenne e nell’altro mondo c’è il corpo della ventiseienne… Sei un po’ pesante, Luminoso. E quello che mi proponi è un po’ pesante. Inoltre, io non sono bravo. Vuoi trovare qualcun altro per fare il lavoro?”
“Hai qualcosa di meglio da fare, caro defunto, a quest’ora?”
“Certo che sì. Non ricordo cosa stavo facendo prima di incontrarti. La cosa buona è che ora che sei qui, vedo davanti a me, prima non riuscivo a distinguere nulla. Ho molte cose da fare, anche se ora non mi viene in mente nulla.”
“Va bene, troverò qualcun altro. Addio dunque” disse il Luminoso e gli voltò le spalle.
“Aspetta!” gridò il morto e si trascinò dietro di lui. “Ho deciso di aiutarti, infine”, disse.
“Molto bene. Allora dimmi cosa succede davanti a me e dove siamo, perché come ti ho detto non vedo nulla.”
Li seguii nel loro viaggio. Passò un po’ di tempo nell’oscurità e in correnti infinite di sagome e forme, che chiunque ricordasse il mondo dei vivi direbbe che erano scuole, giochi, passeggini, borse, genitori e bambini e grandi strade sulla spiaggia. Tutto questo lo vedevano approssimativamente e da lontano, perché nel mondo dei morti si può solo guardare fugacemente il mondo dei vivi, e non si può mai parlare ai suoi abitanti. Poi passarono per torri di vetro che arrivavano fino al cielo, infine attraversarono una fontana in una piazza e diedero all’acqua, per un momento, la forma dei loro volti prima di sparire in altri luoghi. Nel frattempo, il morto descriveva al suo compagno luminoso tutto ciò che i suoi occhi distinguevano, cercando nella sua memoria offuscata le parole giuste per ogni cosa.
“Sai, Luminoso, sono stanco,” disse a un certo punto il morto. “Ho dimenticato anche cosa stiamo facendo qui. Dove abbiamo detto che stiamo andando?”
“A trovare Natasha,” rispose il Luminoso e si fermò di nuovo è rimase immobile come una stella.
“Ah sì, giusto. E chi è Natasha.”
“Sei tu Natasha.”
“Io sono Natasha? Ma cosa dici? Non so chi sia Natasha!”
“Eppure sei tu. Sono venuto qui per te e tu sei l’unica che può vedermi e sentirmi. Sono venuto per riportarti nel mondo dei vivi. Se non vieni oggi, non verrai mai. Se non mi segui ora, rimarrai nell’oblio e nell’oscurità per sempre.”
Il morto iniziò a piangere e a supplicare.
“Non posso andarmene, non posso, non chiedermelo, è troppo difficile!”
“Non posso aiutarti se non guidarti. Guarda davanti a te! Vedi che ovunque vai, ovunque svolti, ti seguirà sempre un sentiero molto stretto e buio che può contenere solo te. In questo sentiero dovrai stringerti un po’ e seguire la piccola luce in fondo ad esso. Quando vedrai che cresce, significa che ti stai avvicinando.”
“Non voglio, non posso! Non voglio andarmene,” continuò a piangere il morto.
“Ti darò un po’ della mia forza e ci riuscirai. Andremo via insieme. Puoi farcela. Molte persone credono in te.”
“Lì mi hanno dimenticato, lì non esisto.”
“Lì esisti, qui dove sei ora no.”
“È vero che la città si è messa in ginocchio per salvarmi?”
“Sì, è vero.”
“Dove devo andare?”
“Te l’ho detto”.
“Fa freddo lì.”
“Vai.”
“È angusto lì.”
“Vai.”
“Sarò sola.”
“Avrai sempre me.”
“Come vivrò?”
“Con la mia luce e l’amore delle persone.” L’Angelo tese le mani verso la morta risplendendo come il sole. “Tienimi e avanza. Ma Natasha, stai attenta. Non guardare dietro di te. Guarda me e la luce davanti. Seguimi ma non guardare indietro perché se perdi la vista, perderai la strada.”
“Va bene, vado allora.”
“Brava Natasha! Vai, avanti, coraggio!” si udirono voci mentre la luce alla fine del sentiero cresceva. Magari questa piccola si svegliasse, riuscisse a vivere, potessero salvare lei e i suoi genitori! Il sentiero oscuro finalmente finì e si dissolse in un raggio di sole dorato che riposava sulla tenda, che si gonfiava di una fresca brezza.