Il perforante talento di Elisabetta Pendola:la scrittura del corpo e sul corpo (virtuale e non solo)
Sto lavorando da tempo sull’opera e sulle “azioni” dell’artista Gina Pane. Di origine torinese, nata a Biarritz nel 1933, scomparsa da qualche anno,, geniale e atipica, adopera il suo corpo “per ferirlo, trafiggerlo e oltrepassarlo”. C’è purezza in una simile dichiarazione d’intenti, in un simile progetto artistico. E coraggio assoluto, privo di indugi. Scrive la stessa Pane: “La ferita è un segno dello stato di estrema fragilità del corpo[…] un segno che evidenzia la situazione esterna di aggressione, di violenza a cui siamo esposti”. Credo che il suo fare creativo abbia influenzato e continui a influenzare anche indirettamente. Vorrei parlarvi del lavoro di una giovanissima scrittrice, corrosiva e strana, Elisabetta Pendola, molto conosciuta in rete come Dandyna, che trovate quotidianamente nel suo snobissimo spazio cangiante, www.dandylicious.it. Dandyna ha raccontato e racconta in brevissimi sorprendenti post, commenti, o microracconti, il corpo e il suo dolore, i disturbi alimentari( modo contemporaneo di infliggersi punizioni e di farsi del mare, autolesionistica ascesi imposta alle donne dalle dittature mediatiche e dai disagi che passano, come Gina Pane e altre artiste avevano e hanno capito e sottolineato, sempre attraverso il corpo)Ha terrorizato il web con “conti alla rovescia della morte” macabri e abili giochi di ruolo che svelavano l’ipocrisia di certi contatti virtuali, attraverso un coraggio non comune. Dandyna pasticcia e scarabocchia la lingua con una maestria inusuale per la sua età( è nata nel 1984) cancellando e riprendendo punteggiature a piacere, spargendo citazioni e confidenze in inglese, si intuisce dentro di lei una bomba in fase di disinnesco, un universo letterario e virtuale di vastità inusitata che si specchia nel suo spazio web, che lei specchia con la violenza di una frustata affacciandosi a commentare e a dilatare il vomito di ogni ipocrisia del bon ton contemporaneo. Di seguito un suo inedito, OTELLO: “Ieri sera Otello accecato dalla gelosia e io mi lascio scivolare addosso ogni gelosia indotta,non devo,non posso permettermelo, otello sulle ginocchia del pagliaccio mentre mi baciava il collo, e infine cercare di mandarlo fuori e via mentre diceva Dio che voglia che ne ho… e io una sensazione di freddo tombale nelle vene il freddo che si attanaglia alle ossa e ti avvilisce e ti fa desiderare la morte, mentre questo mi toccava, la paura di provare qualcosa durante quel freddo insopportabile, trattieni i liquidi a forza,scaccia quelle mani sudice. Il pagliaccio che tinge di rosso i suoi propri vestiti e non esaudirà mai il mio ordine di togliersi di dosso la pallina sul naso. Le mani gialle costellate di righe magiche e di stelle filanti,sopra il corpo nero,nascosto, chirurgia plastica si strappa la pelle ma anche il cuore è nero, e me lo prendo in un morso tra le mani ingiallite. “La tua schiena è come un violino”….ma quante volte nella storia sarà stata usata questa finta frase di seduzione? Vatti a sentire un concertino al teatro, io non ti amo.”