In ricordo di chi non è mai arrivato
L’Italia finisce – e inizia – qui. Dopo e prima c’è solo il mare, luogo di una strage senza testimoni
Il primo scoglio che avvistano dai barconi è l’ultimo promontorio dell’isola, una punta di roccia che nasconde un grande bunker della seconda guerra. L’Italia finisce qui, dopo c’è solo il mare. Su questa sporgenza che guarda a sud hanno piantato qualcosa per ricordarli per sempre, uno per uno. Neri e bianchi, islamici e cattolici, vecchi e bambini. Tutti i morti delle traversate del Mediterraneo. Sono quasi tremila le vittime negli ultimi vent’anni ripescate fra le onde del Canale di Sicilia, secondo i numeri dell’Osservatorio Fortress Europe. E altri cinquemila dispersi.
È una porta puntata verso l’Africa. La contrada si chiama Cavallo Bianco, è attraversata da un sentiero polveroso che sale dal vecchio porto, scavalca una collina e si getta nel mare turchese. In bilico fra sassi e arbusti, ecco la porta di Lampedusa, un monumento alla memoria dei migranti. È alta quasi cinque metri e larga tre, disegnata e decorata da Mimmo Paladino, costruita con una speciale ceramica, cotta a mille gradi, che assorbe luce e riflette luce. Di notte, anche quella della luna. Sarà come un faro per la gente in mezzo al mare. La sua anima è in ferro zincato.