Intervista ad Eva Basteiro- Bertoli
Timbro particolarissimo e talento indiscutibile: queste sono solo alcune delle caratteristiche di Basteiro-Bertolí, l’artista che lascerà il segno nel pubblico e ha già fatto breccia nel cuore musicale di Ian Anderson
di Cristina Baldari Artwave-
Sguardo intenso e magnetico, ha una voce che è un po’ un’arma a doppio taglio. Prima docile e poi affilata, affamata, quasi cattiva e poco incline a lasciarsi dominare dalla musica; nessuno può tenerla bada, che si tratti di una chitarra distorta o di un flauto traverso magistrale.
Parliamo diBasteiro-Bertolí, la voce che sta sorprendentemente e piacevolmente agitando le acque dell’attuale panorama musicale. Figlia naturale del sole catalano ma adottata poi da quello di Roma, proviene da una formazione e un’esperienza prevalentemente attoriali, vantando la partecipazione in lungometraggi come Pa negre di Agustí Villaronga, Pasolini-La verità nascosta di Federico Bruno o Il mio Nome è Thomas, diretto daTerence Hill. Ad un ventenne intenzionato ad avere un primo approccio cinefilo, la nostra Eva consiglia una pellicola muta di Erich von Stroheim, un qualsiasi cult di Francis Ford Coppola, o Si gira a Manhattan (in ingleseLiving in Oblivion e in spagnolo Vivir rodando), film del 1995 diretto daTom DiCillo; il film narra la storia di Nick Reve (interpretato da Steve Buscemi), regista indipendente alle prese con il suo nuovo lavoro a produzione low cost e con i conseguenti problemi ed imprevisti tipici della vita sul set.
Invidiabile l’eclettismo di quest’artista a tutto tondo: per lei la musica e la recitazione sono sempre andate di pari passo, costruendo un esclusivo rapporto di simbiosi e complementarietà. Non vi è aspetto della sua vita che possa prevaricare sull’altro.
Ad aprile ha visto la luce il singoloCofing, brano accompagnato da un affascinante videoclip che ci fa assaporare quello di cui potremmo godere a fine anno: un intero album che stuzzicherà il pubblico più esigente.Eccone un assaggio.
Cofing è un brano potente, ritmato, a tratti malinconico, dotato di un potere evocativo a cavallo tra la ballad e la frenesia psichedelica a cui si ispira l’instrumental; potremmo quasi dire che richiami alla mente la Patti Smith di Dancing Barefoot, condita da quella consapevolezza intimistica peculiare in Hope Sandoval dei Mazzy Star. I presupposti appaiono più che intriganti.
Eva ci ha raccontato che il disco in uscita, seppur non ancora ultimato,viene percepito da chi ha già avuto la possibilità di ascoltarlo come un progetto particolare, fuori dall’ordinario. Si tratta di musica nuova e pura, incredibilmente influenzata dalle sonorità barocche e dalprogressive, con testi in inglese che assumono forza grazie al timbro contemporaneo e particolare della cantautrice. Una curiosità: scrive i pezzi in chiave polifonica immaginando, durante la stesura, una finale armonizzazione di più voci.
La pubblicazione dell’album è prevista per fine anno e non vediamo l’ora di godercelo per intero. Al momento è possibile ascoltare, oltre a Cofing, altri due brani, ovvero A God’s Lover eLadies in Black, canzone che vede come co-protagonista il favolosoIan Anderson, frontman dei Jethro Tull. Data la collaborazione con quel mago del flauto traverso indimenticabile in masterpieces come Bourée, le abbiamo chiesto in quale strumento le piacerebbe reincarnarsi, se ne avesse la possibilità. Non ha avuto esitazioni: il clavicembalo, dal forte impatto estetico ed iconico e dal suono così meraviglioso che una sola nota è in grado di farla sorridere. Profonda ammirazione e fascinazione anche per il collega corno inglese, strumento meno di presenza rispetto all’altro.
Volevamo scoprire a tutti i costi il segreto per una così interessante poliedricità, carpendo gli ingredienti magici per una ricetta musicalmente vincente. Ci ha consigliato tre pezzi con cui iniziare bene la giornata: si tratta dello Stabat Mater, composizione sacra del 1736 opera di Giovanni Battista Pergolesi, Fat MandeiJethro Tull, contenuta nell’album Stand Up del 1969, ed un qualsiasi pezzo di Franco Battiato che racconti quei mondi lontani che la affascinano così tanto. Per questo motivo abbiamo scelto L’Era del Cinghiale Bianco, prima traccia dell’album omonimo del ’79.