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La decrescita come paradigma di una maggiore attenzione al pianeta nel suo insieme.

latoucheL’incontro con il Professore Serge Latouche a Matera_12 settembre 2015 in occasione della ventunesima edizione del Premio Energheia.

 

“Non possiamo più sopportare né i nostri vizi, né i loro rimedi”. Il celebre motto di Tito Livio sembra concepito per la situazione di crisi planetaria che stiamo attraversando. Questa insostenibilità congiunta di pessime pratiche e mezzi fittizzi per contrastarle, crea un’idea di economia falsa nelle parole e nelle cose.

 

Queste le prime parole dell’economista francese Serge Latouche – ospite nella giornata di sabato 12 settembre della XXI edizione del Premio Energheia -, pronunciate nella piazzetta Giovanni Pascoli, a ridosso dello scenario dei Sassi, esempio di frugalità dell’uomo.

latouche            Il professore francese ha sottolineato il nostro vivere irresponsabilmente all’insegna dell’eccesso. Troppo di tutto: troppa produzione, troppo consumo, troppa rotazione dei prodotti, troppa obsolescenza, troppo scarto e, insieme, troppa disuguaglianza, troppa disoccupazione, troppo saccheggio di risorse naturali, troppo inquinamento di ogni genere (biochimico, mentale, visivo e acustico). Ma non si tratta dell’anomalia parziale di un modello di sviluppo sano, a cui basterebbe applicare i giusti correttivi. A essere tossica, senza appello, è la nozione stessa di crescita ovunque si sia incarnata, nell’ultraliberismo del capitale globalizzato o nel produttivismo del socialismo reale.

Dopo il fallimento delle politiche sviluppiste, anche nella versione cosiddetta sostenibile – ultimo e pericoloso abbaglio -, per il teorico d’oltralpe, ci resta un’unica alternativa, ossia l’utopia concreta di una società governata da una logica di decrescita, che alleggerisca l’impronta ecologica, metta fine alla predazione, stringa un rapporto di partenariato con il Sud del mondo, rivitalizzi gli aspetti conviviali dell’esistenza. Fino a quando non imboccheremo la strada della decrescita serena e consapevole, l’eccesso di benessere continuerà a coincidere con l’eccesso di malessere.

Occorre una nuova ecologia politica, determinata ad opporsi dal basso all’incultura dell’iperproduzione e dell’iperconsumismo. Se i dogmi tossici dello sviluppo a ogni costo hanno spalancato l’abisso di una crisi senza fine, l’alternativa radicale è uscire dall’economia, nelle pratiche e nell’immaginario. Recuperare una prosperità non mercantile, ma relazionale.

Nel corso dell’incontro l’economista e filosofo francese, ha presentato anche alcune pubblicazioni da lui editate con la casa editriceJaca Book, dove – al fine di suffragare le sue teorie di decrescita e darne maggiore legittimità -, ha individuato nella storia della cultura mondiale quei personaggi che per primi, hanno messo in discussione i principi sui quali si basa la deriva capitalistica e consumistica del mondo occidentale. Così ha citato Berlinguer che da segretario di partito nel ’77 parlava di austerità rivoluzionaria, frugalità, sobrietà, ritrovare il senso dei limiti, far meglio con poco, in altri termini di abbondanza frugale. Alex Langer che alimentava il movimento dei verdi o ancora Pasolini nel campo della cultura. In sintesi intellettuali che hanno avuto nel secolo scorso la capacità di guardare oltre, dando vita a quel plus-universalismo e non ad un pensiero unico, valido per ogni stagioni.

Infine ha fatto riferimento alla designazione di Matera a Capitale europea del 2019, sperando che la stessa si ponga come esempio, laboratorio delle città in decrescita attiva, consapevole del ruolo guida che una simile iniziativa avrebbe nel contesto europeo e mondiale insieme.