La storia di Tata, Nour Kabbara_
Menzione Premio Energheia Libano 2017
Traduzione a cura degli alunni della Classe 3^ sez. G_indirizzo MUSICALE
Coordinamento Prof. Enza Sileo
Istituto Comprensivo “G.. Pascoli”, Matera
Matteo Andrisani, Danila Annunziata, Emanuele Pio Bruno, Caterina Carmentano, Francesca Coppola, Pasquale Domenichiello, Bruno Dovile, Giuseppe Faruolo, Giorgio Fontana, Ivano Pasquale Giordano, Leonardo Guerricchio, Elena Montemurro, Francesca Nuzzi, Silvana Paolicelli, Olga Passarelli, Angela Priore, Rocco Oscar Rondinelli, Francesca Rubino, Maria Sole Ruggieri, Sofia Ruggieri, Francesca Scalera, Francesco Paolo Sinno, Mirko Strammiello, Eleonora Tota, Anna Vignola.
Una volta a Tripoli, una città sul Mar Mediterraneo, viveva una scimmia abbandonata scappata da un circo alcuni anni prima.
Tata, così come il suo precedente padrone la chiamava, viveva i suoi giorni nascondendosi nei pochi alberi sparpagliati intorno alla città eaveva appena iniziato ad apprezzare gli agrumi di questi alberi, che erano dei frutti molto conosciuti e soprattutto per i quali la vecchia città era famosa. Tata rivelava la sua presenza principalmetne ai bambini della città con i quali lei amava giocare.
Tuttavia, gli abitanti della città erano recentemente venuti a conoscenza della presenza della scimmia e avevano proibito ai loro figli di giocare con lei, lasciando sola la supposta rabbiosa creatura.
Perciò, Tata cominciò a stare lontana dagli esseri umani e si rifugiò in una vita più isolata.
Ma le scimmie sono creature socievoli e non possono stare da sole per molto tempo.
Quindi, Tata vagava per la vecchia città sempre nascosta fra gli alberi o in edifici abbandonati, in cerca di compagnia, anche temporanea come avrebbe potuto essere.
C’era non molto lontana da Tripoli un’adiacente città, nota per le sue onde e per il suo orizzonte.
Mina, era il suo nome, e Tata non poteva credere ai suoi occhi!
C’erano diversi tipi di alberi, più alti, palme, e la prima cosa che Tata pensava di fare era saltare dall’albero più alto che riusciva a vedere.
Tata trascorreva i suoi giorni a crogiolarsi al sole sui rami più alti delle palme, e mangiando i frutti che vi crescevano.
Si godeva le mattinate guardando i pescatori che caricavano le loro barche con le reti e le canne da pesca, cesti con esche, e tiravano su le ancore prima di lanciarsi in mare.
Era affascinata dal suono delle barche, alcune con i motori e alcune solo con i remi vecchio stile, tutte che andavano via il mattino presto.
Dall’alto, poteva vederle a distanza aspettando la loro prima pesca.
E alle prime luci dell’alba, tornavano con i cesti pieni di pesce e li portavano nei suk.
Dopo aver guardato tutto ciò per alcuni giorni, la curiosità di Tata prese il sopravvento e decise di seguire i pescatori che tornavano in città.
Lì, scoprì dove tutti i pesci catturati venivano conservati, custoditi in contenitori di plastica pieni di ghiaccio e ordinati a seconda di ogni tipo di creatura marina che c’era.
Era la cosa più incredibile che lei avesse mai visto!
Se solo avesse potuto prenderne un po’…
Ma non appena si avvicinò, ‘SCIMMIA!’ gridò uno dei pescatori e così Tata, spaventata, corse via prima che la potessero prendere, seppure memorizzandone i particolari per tornarci quando nessuno la vedeva.
Nonostante questo incidente, il porto di Mina diventò il nuovo posto preferito di Tata, e infine, la sua casa.
Un giorno, Tata notò uno strano schizzo nel mare vicino alla barca di un pescatore. Poi da lì si sentì parlare a voce alta. Sembrava come se avessero pescato qualcosa di grande! Tata notò una grande pinna fuoriuscire dall’acqua. Cos’era, uno squalo? Saltò da albero ad albero finché non arrivò più vicino che potè.
Ma non appena arrivò lì, la piccola barca da pesca si ribaltò gettando i pescatori in mare e tutto ciò che era stato pescato con la rete nuotò velocemente via per salvarsi la pelle.
Indecisa tra seguire la creatura marina o guardare i pescatori che cercavano di rimettere la loro barca a posto, Tata cercò di guardare il presunto squalo ma il mare era vasto e blu come non mai, non si poteva vedere niente tranne la quiete del mare, e ovviamente, i pescatori arrabbiati dall’altra parte del molo.
Quella notte, Tata dormì profondamente dopo tutta l’agitazione del giorno.
Sognò il povero squalo che i pescatori avevano catturato.
Un suono lamentoso divenne sempre più forte, finché Tata non si svegliò di colpo dal suo sogno nella notte buia e silenziosa, ma il lamento del suo sogno continuava a sentirsi. Tata si stropicciò gli occhi, stava davvero sentendo quel pianto? Da dove arrivava?
Incuriosita, Tata scese dall’albero e, si bloccò, ferma immobile, non appena toccò terra.
Ascoltava attentamente, poichè il suono sembrava provenire dalla estremità più lontana del molo. La piccola scimmia saltellò in avanti silenziosa nella direzione del suono. Era la prima volta che vagava di notte e il dolce scintillio delle luci del molo sull’acqua sembravano rilassarla. Non aveva mai sospettato che potesse essere così silenzioso, a parte il dolce piagnucolio che continuava a sentirsi.
Al fine del molo c’era un ammasso di rocce ingombranti. Il suono sembrava provenire da lì dietro. Perciò, essendo una piccola scimmia, Tata si arrampicò sulla cima delle rocce a 2/3 buoni metri di altezza, quindi raggiunse la parte più alta e guardò giù. Questo lato del molo non era illuminato pertanto tutto quello che riusciva a vedere era l’oscurità. “C’è qualcuno?” domandò, l’eco della sua voce tornò indietro.
Quasi non riuscì a riconoscere il suono della sua voce poichè non parlava con nessuno da tantissimo tempo. Ma non ci fu risposta e il lamento d’improvviso cessò.
“C’è nessunooo?” domandò di nuovo, questa volta un po’ più a lungo. Ma di nuovo, non ci fu risposta.
Forse lo aveva immaginato? Decise di guardare ancora un po’ più giù.
E guarda un po’, Tata vide il suo riflesso nei grandi blu di… un delfino? In un primo momento tutto ciò che fece fu sostenere il suo sguardo. Poi Tata decise di fare la prima mossa. ‘’Ciao’’ disse, questa volta il più gentilmente possibile. Il delfino inizialmente sbatté le palpebre silenziosamente. “Mi chiamo Tata”, continuò la scimmia, “chi sei?”. Dopo un momento, il delfino rispose. “Kaja,” disse il delfino, “credo di essermi perso, puoi aiutarmi?”. Ed è tutto ciò che ci volle per iniziare un’ improbabile amicizia tra i due.
Kaja si era lacerata la parte sinistra della coda nella rete dei pescatori quella mattina, sul presto, e non era in grado di nuotare correttamente. Dopo il delfino decise di raccontare a Tata la sua storia. Come Tata, Kaja era stato usato come intrattenimento in uno show di delfini.
Ma a differenza di Tata, che era l’unica scimmia del suo padrone, Kaja aveva due fratelli che erano morti in un incidente durante uno spettacolo. Quando le autorità locali protestarono per lo show, i suoi proprietari lo liberarono in mare dove nuotò per giorni senza cibo finché non fu quasi catturato dai pescatori.
“Ma tu vivi in un mare pieno di pesci,” chiese Tata, “Come puoi non mangiare pesce per sfamarti?” “Oh, io mangio i pesci,” disse timidamente Kaja, “ma non so come catturarli. Il mio padrone me li dava come cibo”.
Ed allora Tata ebbe un’idea! Ricordò di aver visto i pescivendoli portare i secchi dei pesci nei souks, magari avrebbe potuto prenderne alcuni per Kaja da lì!
“Torno subito,” esclamò Tata, “non muoverti!” E così corse tanto veloce quanto i suoi piedi potessero permetterle per arrivare ai souks. Doveva affrettarsi però, poichè mancava un’ora all’alba e al risveglio della città.
Tata riuscì facilmente a trovare la pescheria e ad entrarci attraverso un piccolo foro nel muro. Sfortunatamente tutte le vaschette erano completamente vuote, ad eccezione di piccoli avanzi sparsi qua e là. Tata raccolse tutte le rimanenze che riuscì a trovare, ovvero cinque piccole triglie e ritornò dall’affamato Kaja. Li mangiò tutti in un sol boccone. “Grazie mille, Tata”, esclamò e per la prima volta, Tata riuscì a vedere un sorriso nei suoi occhi.
Nel corso dei giorni seguenti, Tata aiutò Kaja a ritornare in salute portandogli altro pesce e prendendosi cura della sua coda in via di guarigione. Ovviamente restavano al coperto del rifugio delle rocce, in modo che nessuno potesse catturarli e portarli di nuovo in cattività. Si prendevano cura l’uno dell’altro e si facevano compagnia.
“Com’è vivere nel mare?”chiese Tata guardando l’orizzonte. La domanda colse di sorpresa Kaja siccome era tanto tempo che non vedeva la sua famiglia, “Be’”, disse Kaja, “l’unica vita che conosco è quella sott’acqua. Prima che io e mie fratelli venissimo catturati, nuotavamo per ore senza sosta con la nostra famiglia e i nostri amici e tutti i pesci e i cetacei turbinavano intorno a noi.
Anche se tutto ciò che vedi da qui è solo il blu, è un mondo colorato laggiù, vivido di bellezza. Naturalmente amavo saltare sulla superficie dell’acqua per dare un rapido sguardo a cosa c’era sopra. Suppongo che questa sia stata la causa principale della mia cattura da parte del Dolphin Show.” Kaja continuò a raccontare a Tata della vita sotto il grande mare blu lei ne era affascinata più che mai.
“E invece tu?”, le chiese dopo Kaja risvegliando Tata dai suoi sogni ad occhi aperti, “Raccontami del tuo mondo prima del Circo Viaggiante”.
Tata fece una pausa. Non aveva mai avuto una vita fuori dal circo. Era nata lì e la sua unica famiglia era stata il suo vecchio padrone, da cui si era separata molte e molte notti prima. “Non so davvero che cosa dirti Kaja,” sospirò Tata, “Non lo so”.
Nel corso dei giorni che seguirono, la coda di Kaja guarì e riacquistò la sua abilità di nuotare correttamente.
Non voleva lasciare la sua nuova amica Tata ma sapeva anche che non c’era nessun modo per portarla con sé. Le scimmie non sono fatte per una vita sott’acqua, e Tata lo sapeva bene.
“Dovresti andartene,” disse finalmente Tata al suo unico amico. “La tua coda è guarita e puoi nuotare di nuovo. Vai, trova la tua famiglia e i tuoi amici e sii libero di nuovo”. Kaja guardò con gli occhi pieni di lacrime la sua unica amica. Sapeva che aveva ragione, non poteva stare qui nascosto per sempre. “Vorrei che tu potessi venire con me…” sospirò il delfino, con gli occhi che si riempivano di lacrime, “che cosa farai?” “Non ti preoccupare per me,” disse Tata, “Ho tutto il resto della città da scoprire”. I due si guardarono a vicenda in un momento di silenzio. Avevano iniziato ad amarsi più di ogni cosa, eppure sapevano che non potevano rimanere. Con un ultimo abbraccio e un bacio d’addio, Kaja immerse la sua testa nel mare e nuotò lontano da Tata che lo guardava tristemente andar via.
I giorni passarono e Tata non si muoveva da quel posto sotto le rocce fino al crepuscolo per andare a mangiare e dormire nel rifugio degli alberi. Ma durante i giorni lunghi tutto quello che faceva era stare seduta con lo sguardo fisso nel blu infinito. Le mancava Kaja più di quanto avrebbe mai immaginato, e una parte di lei sperava sempre che sarebbe tornato.
Così come i giorni si trasformavano in settimane e le settimane in quasi un mese, così Tata diventava solitaria e triste più di quanto fosse mai stata. Tutto quello a cui poteva pensare era il suo amico e la colorata vita sott’acqua che non avrebbe mai potuto sperimentare.
Poi, un giorno soleggiato, mentre Tata stava guardando nel blu come faceva sempre, fu sorpresa da una voce vicino a lei che esclamava, “Hey! Scimmia!”. Tata si girò velocemente per vedere da dove arrivava la voce, e con sua sorpresa, vide un giovane ragazzo che la stava guardando dalle rocce sovrastanti. Agitata, Tata cadde accidentalmente in mare!
La prima cosa che Tata sentì fu la freschezza dell’acqua. Si inzuppò il pelo e si sentì affogare. Iniziò a muovere le braccia e le gambe freneticamente, ma continuò ad affondare. Vedeva un miscuglio di blu e verde, e poteva vedere pesci vivi, nuotare intorno a lei. L’aveva visto! Aveva finalmente visto il mondo subacqueo che la stava trascinando sempre più verso il basso finché non iniziò a perdere i sensi.
Improvvisamente sentì qualcosa che la afferrava. Era stata mangiata da un grande pesce? Iniziò a muoversi di nuovo verso l’alto, stava ricominciando a vedere il cielo blu. Quando finalmente aprì i suoi occhi si ritrovò davanti i grandi occhi blu di… un ragazzo? Tata era spaventata, e il suo cuore iniziò a battere forte. Era stata catturata. Che cosa stava per farle? “Scimmia, stai bene?” chiese il ragazzo, “Non spaventarti, non voglio farti del male”.
Tata realizzò che quello era il ragazzo che l’aveva chiamata dalla parte alta delle rocce solo qualche istante prima. Le aveva salvato la vita. Il ragazzo le diede una pacca sulla fronte e la portò con sè. Passò attraverso il vecchio souk, oltrepassò la pescheria, e girò a destra verso una vecchia casa con una scalinata. Ci salirono.
Quando aprì la porta, Tata vide una semplice stanza composta da una piccola cucina, un divano davanti alla televisione e un letto su cui il ragazzo la posò gentilmente. Tata notò che c’erano alcuni poster sul muro, due dell’oceano e uno di un delfino che le ricordava molto Kaja. Lei sorrise ricordandosi di lui.
“Mi prenderò cura di te,” disse il ragazzo, sorridendole, “Il mio nome è Kaja”.
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Fine