I brevissimi 2016 – L’albero di ciliegie di Carlotta Viappiani, Piacenza.
Anno 2016 (I sette peccati capitali – la gola)
Si vestì lentamente prendendo ad uno ad uno con le mani nodose gli abiti che la se-ra prima aveva accatastato sulla sedia. Cercava di non far rumore. Sua moglie dor-miva ancora con il sonno lieve degli anziani, raggomitolata in quel letto che li aveva visti giovani sposi. Scese in cucina e aprì gli scuri. Una luce chiara inondò la stanza . Era una bella mattina e questo gli diede energia e sicurezza. Si preparò la colazione, poi dal cassetto del tavolo prese un foglio e una matita .”Buon giorno, cara, scrisse, mi sono alzato presto e ora vado a fare un giretto . A dopo”. Si mise in testa il cap-pello e uscì. Guardò il cielo spingendo lo sguardo fino alle ultime colline. In cielo non c’era una nuvola e, se l’aria era ancora un po’ fresca, presto si sarebbe piacevolmen-te scaldata . Imboccò il viottolo costeggiato da siepi che portava verso i campi e poi scendeva dolcemente verso il paese nel fondovalle. Gli piaceva passeggiare nel ver-de soprattutto come adesso alla fine della primavera quando gli alberi sono di un verde tenero e i campi ricoperti d’erba. Camminava con leggerezza nonostante l’età fermandosi per osservare ora un fiore ora un insetto ora un ramo che ondeggiava sul sentiero. Sulla sua destra si apriva ormai quel vasto campo chiamato da sempre “la bratta”, un nome senza significato dato chissà quando e chissà da chi. Nel mezzo si ergeva solitario il grande ciliegio sopravvissuto ai tagli sconsiderati fatti dai suoi contadini quando era stato introdotto il trattore e messo in soffitta il vecchio aratro trainato dai buoi. Lasciò il sentiero e affondò il piede nel terreno ancora bagnato dalla rugiada. Chissà se le ciliegie erano già mature! Ne era goloso e, soprattutto, non resisteva al piacere di mangiarle appena raccolte spiccandole a due a due dal ramo. Affrettò il passo……arrivò sotto l’albero. Guardò in su: era pieno di frutti ma-turi, rotondi e di un rosso acceso. Era una pianta maestosa, forse centenaria che lui si ricordava da sempre, da quando era un bambino. Allora, con i calzoncini corti, si arrampicava veloce riempiendosi la bocca e le tasche di ciliegie…. Ma ora? Era sem-pre goloso di ciliegie, ma le sue braccia non erano più forti come un tempo….Si tolse il cappello, le scarpe e abbracciò il tronco cercando di sollevarsi da terra . Niente da fare : il suo corpo non gli ubbidiva più come un tempo, ma la sua gola era giunta a un livello che lo rendeva quasi frenetico. Purtroppo anche i rami più bassi erano troppo alti per permettergli di cogliere quei deliziosi frutti. Si guardò attorno per ve-dere se c’era una scala abbandonata, per farsi venire un’idea qualsiasi…..Al limite del bosco, a diverse centinaia di metri, vide una catasta di fascine . Era stato il lavoro primaverile dei contadini che avevano alleggerito le piante togliendo i rami secchi o inutili. Quasi di corsa si avviò verso il mucchio di legna , afferrò una fascina e, non senza un certo sforzo, ritornò verso il ciliegio,…una …due ….tre… quattro volte … fin-chè ai piedi dell’albero costruì un alto stabile gradino. Graffiandosi le mani salì in ci-ma e finalmente riuscì ad afferrare una ciliegia. La mise in bocca e lentamente l’assaporò : era buonissima. Ne colse un’altra, un’altra e un’altra ancora….la sua gola non aveva limite….se ne cacciò anche in tasca, nel cappello….Il ramo era robusto e, preso dalla golosità di cogliere anche quelle più in alto, riuscì a salirvi a cavalcioni. Si tolse la camicia e ne fece un sacchetto che appese : un po’ ne mangiava e un po’ le lasciava cadere nell’improvvisato recipiente. Solo quando i rami vicini furono del tutto spogli, si decise a smettere e a scendere, contento che la sua gola avesse trion-fato anche sul suo corpo carico di anni.