Le madri della patria: un esercito di lavoratrici
Nelle celebrazioni del centocinquantenario si parla assai poco del ruolo delle donne. Non soltanto quelle che ebbero una parte non secondaria nella vicenda risorgimentale – da Enrichetta Caracciolo a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, da Anita Ribeiro Garibaldi a Giuditta Tavagni Arquati, da Clara Maffei a Teresa Casati Confalonieri, da Luisa Battistotti Sassi a Anna Maria Mozzoni -, ma soprattutto quella moltitudine di casalinghe, maestre, contadine, operaie, lavandaie, sartine, dattilografe, centraliniste, domestiche, segretarie, infermiere, ostetriche, etc. Milioni di sconosciute che hanno svolto una miriade di lavori scartati dagli uomini, perché ritenuti di scarso valore e soprattutto sottopagati, ma indispensabili al funzionamento della società. Su tali temi si terrà nel prossimo giugno a Roma un convegno, cui seguiranno undici incontri seminariali da settembre a novembre
di Simona Cigliana_
In tempo di celebrazioni unitarie, mentre si esaltano gli eroi nazionali dai menti barbuti e calzati di polverosi stivali, qualcuno si ricorda di quelle ispiratrici e sostenitrici coraggiose che, spesso operando nell’ombra e qualche volta anche esponendo il petto ai fucili, diedero un contributo concreto e fondamentale al compimento del nostro Risorgimento. Da Enrichetta Caracciolo a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, da Anita Ribeiro Garibaldi a Giuditta Tavagni Arquati, da Clara Maffei a Teresa Casati Confalonieri, da Luisa Battistotti Sassi, che scese nelle barricate insieme al marito durante le cinque giornate di Milano, a Peppa ’a Cannunera, distintasi nell’insurrezione di Palermo, da Giuditta Bellerio Sidoli, compagna di Mazzini e fiancheggiatrice delle sue campagne ‒ a Anna Maria Mozzoni, teorica del femminismo e impegnata nel riconoscimento dei diritti delle donne, la componente femminile ebbe infatti una parte importante nella costruzione della (cosiddetta) nuova Italia. Furono cospiratrici, finanziatrici, studiose, elementi di raccordo tra i patrioti alla macchia, gli esiliati e le forze clandestine, infermiere, insegnanti e ispiratrici, ma anche combattenti e soldati e patirono anch’esse intimidazione e prigione. Nel movimento di rivoluzione nazionale, il plotone di donne che militarono per la causa dell’Unità rappresenta una componente di rilievo per molto tempo ignorata e che ancora stenta a venire alla luce: solo ultimamente a queste “madri della patria” è stata rivolta una maggiore attenzione, grazie anche ad alcuni studi usciti in occasione dei 150 anni, che finalmente mettono in luce le imprese, il coraggio e gli ideali di tante eroine dimenticate o misconosciute.[i][i] La questione della partecipazione delle donne al processo unitario, può essere però osservata anche da un altro punto di vista: in particolare da quello che riguarda il quotidiano contributo dato dall’elemento femminile alla vita della nazione, sia in tempi di emergenza che in tempo di pace. Il fatto che, a parte le pur numerose eccezioni, la maggior parte delle donne sia stata fino a ieri forzatamente relegata nelle retrovie, non toglie che il lavoro di madri e sorelle, di compagne e spose, di nubili e religiose, abbia fornito infatti un apporto di rilievo al “farsi” dell’Italia. Il lavoro delle donne, quasi sempre escluse dalla gestione del potere, ha costituito di fatto il miracoloso cemento che ha permesso al Paese di crescere nei momenti di benessere e di risollevarsi nei momenti di crisi: dentro e fuori le mura domestiche, generazioni di donne hanno lavorato, prodotto, sostenuto, lottato, difendendo la vita ed edificando il futuro.
Proprio a questo aspetto sommerso della produttività e dei servizi sociali e alle tematiche che vi sono connesse è dedicato il bel progetto promosso a Roma da Maria Concetta Petrollo Pagliarani e da Francesca Boccini, e sostenuto da un pool di istituzioni, tra le quali spiccano la Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, la Biblioteca Vallicelliana e la Biblioteca di Storia moderna e contemporanea, le associazioni Amici delle Biblioteche e Vento di Tramontana, la Direzione Generale per i Beni Librari, il Diritto d’Autore e Vigilanza sulla SIAE del MiBAC, l’Università di Roma TRE, l’UDI nazionale e romana, la Società Italiana delle Storiche, la Federcasalinghe e l’Ires CGIL Nazionale, patrocinati dalla Direzione regionale dell’INAIL, e dalla Presidenza del Consiglio Provinciale di Roma. Il progetto, intitolato Il lavoro delle donne. Centocinquanta anni di lavoro femminile in Italia, prevede una giornata di convegno introduttivo (il 13 giugno) e undici incontri seminariali, che avranno luogo in varie sedi istituzionali da settembre a novembre, dedicati ai diversi aspetti del lavoro femminile in Italia.
Perché celebrare i 150 anni dall’unità d’Italia con un’iniziativa dedicata al lavoro delle donne? “Perché, spiega Maria Concetta Petrollo, Direttrice della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, quando le professioni forti erano assenti o addirittura mancavano, le donne, con la loro tenacia, umiltà e pazienza, hanno consentito all’Italia e agli italiani di continuare a vivere. Le donne sono state una forza sommessa e parallela, una sorta di amministrazione pervasiva che è riuscita a superare tutte le difficoltà e le contingenze. Se mancava il ginecologo, ecco farsi avanti l’ostetrica; se il preside era al fronte, ecco la maestra sopperire alla gestione scolastica; se non c’era l’albergo ci si rivolgeva all’affittacamere. Le infermiere hanno dispensato aiuto al posto dei medici, le madri hanno mandato avanti le famiglie quando gli uomini erano in guerra o emigrati lontano; centinaia di mani femminili hanno adattato ai figli gli abiti dei padri, hanno nutrito bambini, hanno cucinato per i mariti e i ragazzi che erano in fabbrica o nei campi. E che dire delle dattilografe, delle centraliniste, delle domestiche, delle segretarie, delle insegnanti e delle istitutrici: di tutte quelle sconosciute che hanno svolto una miriade di lavori scartati dagli uomini, perché ritenuti di scarso valore e soprattutto sottopagati ma indispensabili al funzionamento della società?”
A queste mansioni svolte in posizione subordinata rispetto al lavoro maschile, si aggiungono poi, è bene ricordarlo, le varie iniziative di piccola imprenditoria femminile, gli atelier delle bustaie e delle modiste, le fabbriche di cappellini, le sartorie, i “saloni” delle estetiste e delle parrucchiere – e tutti i mestieri reietti della manodopera femminile: come dimenticare le lavandaie, le mondine, le operaie tessili, le stiratrici, le “donne di fatica”? Di fronte all’occhio dello storico di genere, emerge un esercito di lavoratrici che hanno una loro storia specifica, se non altro per il costante, difficile equilibrio cui sono sempre state costrette, dovendo muoversi, in un raddoppiato dispendio di energie, sul duplice versante del lavoro retribuito e del lavoro domestico, da cui per la maggior parte non hanno potuto emanciparsi se non in tempi recentissimi ‒ se e quando ha potuto farlo. Eppure sono state loro, con la loro fatica, a tessere l’ordito della vita quotidiana di generazioni e generazioni di italiani.
L’iniziativa romana si prefigge ora di ricostruire la storia dei lavori delle donne, riproponendone una cronologia che parte dei mestieri scomparsi quasi del tutto, considera quelli che si svolgono all’ombra dell’imprenditoria maschile e arriva fino le professioni più nuove, che rivestono di abiti contemporanei mestieri più antichi: la velina, la conduttrice di varietà, l’animatrice di discoteca, la cartomante televisiva.
Ma un altro aspetto i seminari andranno a mettere in luce in modo particolare, che riguarda i saperi femminili, tematica cara alle femministe di ieri e di oggi: quei saperi che si tramandano nel percorso delle tradizioni popolari, che tengono alla consuetudine con il corpo e con le necessità della vita quotidiana ma non hanno abbastanza forza e consapevolezza per fissarsi sulla carta e nella riflessione dello studio: virtù di piante e di alimenti, sapienza pedagogica e relazionale, specifiche capacità creative e di elaborazione ideale. Attraverso la ricostruzione di sociologhe e di storiche saranno rievocate poi alcune grandi figure femminili: patriote, teoriche, scrittrici, giornaliste, politiche, amministratrici, insegnanti, artiste, attrici, che sono state centrali per la storia d’Italia, per la costruzione della società civile e per l’elaborazione della cultura.
Numerose letture di grandi pagine di storia letteraria e una mostra iconografica organizzata nelle sale della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte completeranno l’iniziativa.
[1][i] Ricordiamo in particolare: Donne del Risorgimento. Le eroine invisibili dell’unità d’Italia di Bruna Bertolo(Ananke 2011); Figlie d’Italia. Poetesse patriote nel Risorgimento (1821-1861), di Teresa M. Mori, Carocci 2011 ; La prima donna d’Italia. Cristina Trivulzio di Belgiojoso tra politica e giornalismo, a c. di Mariachiara Fugazza e Karoline Rörig, Franco Angeli 2010 ma anche Scritti storici di donne italiane. Bibliografia 1800-1945, di M. Pia Casalena, Olschki 2003.