Le mani di mille Nobel Africani.
L’Africa è ricca come ben sanno tutti i viaggiatori dal cuore aperto all’ascolto
ed il premio letterario Africa Teller ne vuole rendere una piccola
testimonianza.
“L’Africa ti insegna che l’uomo è una piccola creatura, in mezzo a tante
creature, in un grande panorama”. Sono parole di Doris Lessing, premio Nobel per la letteratura nel 2007, che così continua “chiunque sia
andato in Africa e soprattutto nei piccoli villaggi fuori delle città vi dirà
che c’è una grande fame di libri; l’istruzione è misera e i libri possono
fare la differenza”.
Crediamo anche noi che i libri possano fare la differenza, così come lo
credono i quasi mille scrittori che ci hanno inviato i loro racconti in questi
sei anni di concorso letterario.
“Pensava a tutte le cose che la ricchezza non poteva comprare, la salute,
la gentilezza, la generosità, il sangue e l’amore”.
Sono storie d’amore. Quell’amore dal sapore di strada, fatto di occhi che
frugano attraverso la polvere e la violenza, di mani che scrivono su altre
mani le linee del destino e del desiderio oltre l’incerto presente. Sono
le mani di tutti gli scrittori di Africa Teller che risplendono nelle mani
di chi sfoglia queste pagine e negli occhi che leggono parole danzanti.
La lettura di questi racconti permette di partecipare alla danza delle mani,
come quelle dell’anziana nonna del campo profughi. Mani che riempiono
lo spazio tra sé e l’interlocutore mondo, tra le dita il disegno
di cielo, capanne e spiriti. Mani roteanti che disegnano spazi, una fessura
di cosmo nella distanza tra le mani e gli occhi, e cento occhi di bambini
ad ascoltare il suono antico, testimoni del tempo che fu e che sarà.
Mani di terra che raccontano, raccolgono polvere innalzandola al cielo,
mani che ci congiungono al cosmo, terra mani occhi cielo e ritorno.
“Era tutto nelle stagioni. Una stagione che era stata ed una che sarebbe
arrivata. Era nel mezzo. Tra l’uscire e l’entrare nella scoperta. La
transizione riguardava il cammino. Dovevo camminare il cammino.
Ma poi mi venne in mente una domanda, potevo parlare il parlato?”.
E come scrivere poi dell’impossibile sogno che continua nella sofferenza
del bambino soldato, nella guerra che continua attraverso la politica, nel
senso del tempo che scorre, nella lettera che la ragazza catturata dai ribelli
non potrà mai più scrivere, le parole senza luogo né inchiostro del
bambino nato nel campo profughi.
“Strinse forte il fucile tra le mani chiedendosi se i bambini della sua
età, negli altri Paesi, erano come lui. Era stato costretto ad abbandonare
la scuola e addestrato come bambino soldato”.
Ed allora è sempre dentro un gesto, il gesto delle mani che scrivono il
senso lungo dell’andare lo smarrire una strada e il capirne i segreti nei
suoi granelli di polvere, affondare nel fango dello slum e riuscirne col
cuore affogato di sorrisi.
Così anche noi lettori di Africa Teller alla fine potremo comprendere la
semplice conclusione di Saulo Paul, il racconto vincitore del premio “Questo
divenne il suo semplice compito nel mondo, prepararsi a molto di
più”.