Letteratura erotica e passioni, storia di un genere
Per gentile concessione dell’editore Pizzo Nero- Borelli, riporto la postfazione saggio sulla storia della letteratura erotica come genere, pubblicata nella nuova edizione de” La sottomissione di Ludovica”, maggio 2004.
Postfazione dell’ autrice
“La sottomissione di Ludovica”, di cui vi ho presentato questa nuova versione, riscritta, riveduta e arricchita, è stato il mio romanzo d’esordio, uscito in prima edizione nel 1995. Un libro che ha conosciuto subito un lusinghiero successo di critica e di pubblico (moltissime copie vendute, ottime recensioni) e che ha, in qualche modo, aperto la strada allo sviluppo, in Italia, di un vero e proprio genere, quello dei romanzi erotici scritti da donne e indirizzati prevalentemente a un pubblico femminile (ma non solo). Prima di me c’era stata Bruna Bianchi con “E’ duro campo di battaglia il letto” che aveva firmato con lo pseudonimo di Una Chi. Dopo di lei, molte donne hanno deciso di cimentarsi nella scrittura erotica e nella narrazione delle passioni. Nella collana Pizzo Nero hanno trovato spazio autrici di grande rilevanza, fra le quali degne di nota sono Alina Rizzi, autrice del recentissimo “Passione sospesa” e del best seller “Amare Leon”, Lorenza Ti, autrice del bellissimo “Della prima volta e di tutte le altre”, P.E.Sala che con “Il tempio” si è perfettamente inserita nella migliore tradizione del romanzo erotico adeguandolo al contemporaneo con un montaggio calibratissimo e Teresa Giulietti, ormai assurta a grande notorietà nazionale e che, con “La mercenaria dei sogni”, ha delineato le tracce del vero “romanzo di passioni ardenti”. Quello che è accaduto ha dimostrato che, sull’onda del successo di Almudena Grandes con “Le età di Lulù”, era arrivato il momento per le storie erotiche di non avere più bisogno di nascondimenti, di cercare pretesti e pseudonimi, ma di aspettare solo scrittori e, in particolare, scrittrici di prima qualità. Autori sempre più espliciti, capaci di scavare nelle zone illecite, capaci di regalare belle storie. Questo è il tema fondamentale. Io mi sono sempre sentita una narratrice e spesso le storie che ho raccontato e pubblicato hanno avuto una forte connotazione erotica, ma non è mai stato quello il punto di partenza. Non ho mai detto: “Adesso scrivo un romanzo erotico”. Mi interessa inventare eroine nelle quali le lettrici possano identificarci, e intrecci che possano eccitare, affascinare e voluttuosamente rapire per qualche momento di piacevole lettura. Il gradimento de “La sottomissione di Ludovica” ho modo di constatarlo ancora adesso, dopo tanti anni, attraverso le lettere e le e-mail che ricevo io e che riceve l’editore di Pizzo Nero, il primo in Italia a cogliere la rilevanza di questo genere e a distribuirlo in maniera capillare in libreria e in edicola, oppure attraverso internet, per giungere ad un pubblico sempre più vasto . Proprio questo gradimento mi ha spinto a riproporvi questa riscrittura che ritengo più completa, intrigante e adeguata alla narrazione. La storia di Ludovica ha coinvolto e interessato moltissime lettrici. Una storia delle passioni nata quasi dieci anni fa e adeguata, rimontata e riscritta per il contemporaneo. Per voi, seguendo i percorsi della mia scrittura che cambiano e mutano, spesso senza la una precisa consapevolezza. Le parole hanno loro strade e loro magiche alchimie. Questo volevo offrirvi e questo ho cercato di fare. Ma che cos’ è la letteratura erotica? Perché esistono articoli, antologie, studi sul gotico, sul giallo e sul noir, e a questo genere sono riservati ammiccamenti e strizzate d’occhio maliziose? Il romanzo erotico è un genere molto preciso, piuttosto longevo, che ha da sempre conosciuto l’apprezzamento, prima segreto e quasi carbonaro, poi sempre più manifesto, di cultori, appassionati, semplici curiosi. Ci sono illustri e famosi antenati, nella storia di questo genere che è uscito da un ghetto per amatori raggiungendo i fasti del mercato e vendite cospicue. L’erotismo funziona, è un dato di fatto. Ammiccamenti erotici vengono usati negli spot, sulle copertine dei settimanali. Attrici e attori si esibiscono sensualmente su calendari dove i loro corpi vengono offerti in pose nature, completamente senza veli, allusive ed eccitanti. Impazzano locali fetish, hard, con scambi di coppie e dark room. I video musicali più trendy non dimenticano di mostrare scene erotiche o che all’erotismo rimandano. E il sesso funziona in libreria. Il libro di Melissa P., la giovane minorenne di cui si è tanto parlato, è stato il fenomeno letterario del 2003, così come Silvia Rocca, autrice di erotic- thriller, è una brillante e audace promessa del genere. E grande successo ottengono, praticamente a ogni uscita, i libri di Pizzo Nero. In realtà il successo del libro di Melissa, come quello di ogni romanzo erotico, nasce da lontano. Perché , pur con molte differenze, anche se all’apparire sembrano tutti scandalosi e attirano curiosità e appetiti, si inseriscono in un genere preciso, con elementi codificabili, che è la letteratura erotica. Genere, come dicevo prima, spesso ignorato, identificato come una perversione per pochi, costituito da volumi ai quali si riservava uno scaffale nascosto della biblioteca. Per tanto tempo non si è parlato dell’erotismo come di un genere preciso. Sono comparsi, ogni tanto riferimenti carichi di pruderie, o analisi sociologiche che si limitano a osservare il cambiamento dei costumi. Ma l’analisi deve partire dallo scritto, dai volumi. Eppure hanno scritto letteratura erotica moltissimi autori considerati di serie A (Apollinaire, Breton, Argon, Miller) e il genere ha origini antichissime e colte. Si può dire che uno dei primi romanzi erotici sia il Kamasutra di Vatsyayana, databile intorno al 300 d.c. E’ curioso pensare alle polemiche suscitate dal libro di Melissa, quando questo testo addirittura faceva parte della letteratura “Smrti”, (che significa tradizione, memoria), un tipo di letteratura che per secoli ha regolato la vita degli indù e comprende insegnamenti di carattere morale, giuridico ed esegetico, nonché i grandi poemi epici come la Bhagavad-Gita e i sei principali sistemi filosofici. Negli anni il termine stesso Kamasutra è diventato prima divulgativo e poi sinonimo degenerato di congiungimenti carnali arditi e di posizioni eccentriche. Se digitate questa parola su internet troverete moltissimi siti apertamente pornografici che col volume di cui parliamo non hanno niente a che vedere. Il testo è nato alle origini come un vero e proprio classico e quello che l’autore scrive è considerato estremamente serio e funzionale per regolare i rapporti interpersonali fra i due sessi. “…Possiamo parlare, di conseguenza, di un vero sistema Vatsyayana, basato sulla psicologia dell’educazione erotica… siamo ben lontani dal catalogo maniacale o dalle incolte volgari arditezze di chi tentò accostamenti col mondo sadiano “scrive infatti su questo testo Alberto Bevilaqua. Ma si sa, le semplificazioni maliziose sono sempre la via più facile, e si preferiscono agli approfondimenti seri e documentati. Dal Kamasutra ecco una citazione eloquente: “Nella stanza di delizie decorata di fiori, fragrante di profumi, attorniato da amici e servi, il cittadino riceverà la donna che giungerà ben lavata e abbigliata… alla fine, quando la donna sarà sopraffatta dall’amore e dal desiderio il cittadino congederà coloro che si trovano con lui… è questo l’inizio dell’unione sessuale…”. Dopo il trattato di Vatsyayana la letteratura erotica comincerà, nel corso dei secoli ad assumere forme e criteri riconoscibili che analizzeremo partendo da De Sade, il divino marchese. Possiamo intanto dire che il romanzo erotico classico di solito si svolge in luoghi fortificati e inaccessibili,
(castelli, prigioni) e i personaggi non hanno una storia. Non sappiamo da dove vengono e dove andranno, non sono solidi e precisi ma hanno caratteri sfumati. Più che la psiche sono i corpi e le perversioni a essere evidenziate. Ci interessa il loro presente che, lontano dalla folla, in una celebrazione estremamente snob delle proprie fantasie, è un presente di vitalismo erotico portato alle estreme conseguenze. Congiungimenti carnali di ogni tipo, eccessi e follie per rendere l’idea della “non-replicabilità”. L’autore del romanzo erotico classico è come se ci dicesse continuamente: “Queste, caro lettore, sono le mie fantasie, puoi conoscerle, puoi goderne, ma non potranno mai essere le tue”. In realtà le storie spesso finiscono per somigliarsi e il genere rischia sempre di cadere in un abisso di noia, rappresentando un abbecedario di ogni possibile perversione e sacrificando a questo il ritmo e l’energia della storia. Ma la storia è comunque secondaria, perché nel delirio di onnipotenza dell’autore nasce come corollario delle vicende erotiche. I personaggi non hanno corpo, non sappiamo da dove vengono e nemmeno dove andranno. L’esperienza che viene narrata nel romanzo erotico classico deve essere unica, l’eccesso supremo per evitare un invadente possibile proselitismo di lettori e per godere davvero, appieno dei propri fantasmi. Alberto Capatti, nella postfazione a un classico assoluto della letteratura erotica, “Il castello dell’inglese”, dello scrittore tardo-surrealista André Pietre De Mandiargues, scrive: “Il racconto erotico, così come la collezione di certi oggetti osceni, ha una sua territorialità feudale cui solo devono avere accesso l’autore o l’amateur”. Ad un certo punto, nel Novecento, qualcosa cambierà. Ed è questo qualcosa che contraddistingue molti dei libri che leggiamo ai giorni nostri. Le donne, in particolare Anais Nin, tireranno fuori la loro audacia, la voglia di narrare storie forti e porteranno all’interno del romanzo erotico una specificità e un punto di vista che contaminerà la struttura classica creando storie più leggibili e interessanti Ma pensiamo solo al sesso e alle sue conseguenze, nel XXI secolo? Gli amori estremi, le fantasie erotiche, i desideri più forti, sono argomento per articoli di giornale e sondaggi. Chi non pensò alle conseguenze fu senza dubbio il Marchese De Sade. Nessuna seria storia o analisi della letteratura erotica può prescindere da questa figura. Certo, il suo naturalismo spinto fino all’estremo, le sue concezioni” erotico-funerarie” lo rendono poco attraente ai nostri occhi, e si continua quindi a considerare autrici erotiche, scrittrici come Colette (prima donna ad entrare nell’Accademie Francaise, grandissima scrittrice) o come la meno conosciuta ma sempre bravissima Jean Rhys o persino Djuna Barnes. Queste scrittrici possono essere considerate “autrici delle passioni”, possiamo rintracciare l’audacia femminile che non si ferma davanti a niente nelle loro pagine, ma certo, bollarle come erotiche è un errore e una falsa prospettiva. Magari, per la loro epoca, condussero vite scandalose Quindi hanno avuto un certo ruolo sociale, ma se valutiamo le loro pagine di sicuro sono lontane dal concetto di erotismo e dai parametri classici della storia della letteratura erotica. Seguendo un ordine cronologico dobbiamo quindi cercare di conoscere meglio il Marchese che giganteggia su un secolo in fermento, ne vive e ne sente sulla pelle le metamorfosi. Siamo nella Francia che con il 1789 entra nella storia mondiale delle grandi rivoluzioni sociali. Di famiglia aristocratica, viene iscritto a quattordici anni in una scuola militare riservata ai figli della più antica nobiltà. Nominato sottotenente a soli quindici anni, partecipa alla guerra dei Sette anni contro la Prussia, distinguendosi per il coraggio, ma anche per un certo gusto per l’eccesso. Nel 1763 viene congedato col grado di capitano e inizia a condurre una vita all’insegna della dissolutezza e del divertimento più sfrenato, frequentando attrici di teatro e giovani cortigiane. Il 17 maggio dello stesso anno viene costretto dal padre a sposare Renee Pelagie de Montreuil, una ragazza appartenente a una famiglia di nobiltà recente, ma molto ricca. Secondo alcune fonti l’intenzione del padre sarebbe stata quella di fargli mettere la testa a posto; secondo altre avrebbe mirato soltanto ad assicurarsi il patrimonio familiare della ragazza, vista la precaria situazione economica in cui versava in quel periodo la famiglia De Sade. Quel che comunque è certo è che il matrimonio non fa abbandonare al Marchese le vecchie abitudini. Anzi: Pochi mesi dopo le nozze viene imprigionato per quindici giorni nelle carceri di Vincennes a causa del “comportamento oltraggioso” tenuto in un bordello. Sarà questo il primo di una lunga serie di soggiorni in prigione. Nonostante questo la moglie sarà sua complice, i loro rapporti resteranno buoni come dimostra il loro epistolario. Sarà la suocera a essere acerrima avversaria di questo nome e ad avere grandi responsabilità per le vicissitudini e le tribolazioni di Sade.Il secondo sarà nel 1768, quando verrà incarcerato per sei mesi per aver rapito e torturato una donna. Liberato per ordine del re torna a dedicarsi alle sue occupazioni preferite. Organizza feste e balli nella sua tenuta di La Coste e inizia a viaggiare.Nel 1772, anno in cui viene rappresentata per la prima volta una sua opera teatrale, viene accusato di avvelenamento. Durante un’orgia alla quale aveva preso parte insieme a quattro prostitute e al suo domestico Armand, aveva infatti dato alle donne dolci adulterati con delle droghe, che però, invece dello sperato effetto afrodisiaco avevano provocato loro forti malori. Riesce a scappare in Italia. Condannato a morte in contumacia, viene arrestato dalle milizie del re di Sardegna e rinchiuso nel carcere di Milano. Ne evade dopo cinque mesi. Poi, dopo cinque anni di orge, viaggi e scandali, nel 1777 viene arrestato a Parigi. Nella prigione di Vincennes inizia a scrivere opere teatrali e romanzi. Viene trasferito alla Bastiglia dove redige Le 120 giornate di Sodoma e Le sfortune della virtù.Nel 1790, come avviene per la maggior parte di coloro che furono imprigionati sotto l’Ancien Régime, gli viene ridata la libertà. Torna a vivere con la moglie, ma questa, alla fine stanca o influenzata dalla madre lo abbandona.Tenta di far dimenticare le proprie origini nobili militando nel gruppo rivoluzionario del suo quartiere, ma non riesce nell’intento e, nel 1793, viene arrestato e condannato a morte. La fortuna sembra però arridergli. Per un errore amministrativo viene “dimenticato” nella sua cella. Riesce a evitare la ghigliottina e sarà liberato nell’ottobre 1794. Nel 1795 vengono pubblicati La filosofia nel boudoir, La nuova Justine (Justine ovvero le disavventure della virtù era stato pubblicato anonimo quattro anni prima) e Juliette. Viene accusato dalla stampa di essere l’autore del “infame romanzo” Justine e, senza alcun processo, ma soltanto con una decisione amministrativa, nel 1801 viene internato nel manicomio di Charenton. A nulla varranno le sue proteste e le sue suppliche e, giudicato pazzo, ma perfettamente lucido, qui trascorrerà gli ultimi 13 anni della sua vita. Muore il 2 dicembre 1814, all’età di 74 anni. Trenta dei quali trascorsi in prigione. Le sue opere saranno riabilitate solo nel ventesimo secolo. Oltre al divino Marchese dobbiamo ricordare i romanzi di Bataille. Scrive Alberto Moravia nella prefazione alla “Storia dell’occhio” di Georges Bataille, edita nel 1980, con la splendida traduzione di Dario Bellezza: L’erotismo sembra essere una forma di conoscenza che nel momento stesso che scopre la realtà, la distrugge. In altri termini, si può conoscere il reale per mezzo dell’erotismo ma al prezzo della distruzione completa e irreparabile del reale medesimo. In questo senso l’esperienza erotica si apparenta con quella mistica: ambedue sono senza ritorni, i ponti sono bruciati, il mondo reale è perduto per sempre. Altro carattere comune all’esperienza mistica e a quella erotica è che esse hanno bisogno dell’eccesso; la misura, che è propria al conoscere scientifico, è sconosciuta tanto all’una quanto all’altra. Questo eccesso naturalmente porta alla morte. Ma nell’esperienza mistica sarà la morte del soggetto, in quella erotica la morte dell’altro. Questo forse spiega il carattere apparentemente suicida dell’esperienza mistica e omicida dell’esperienza erotica. Dico “apparentemente” perché suicidio e omicidio sono nomi che il mondo dà a certi eccessi, mentre in realtà il misticismo e l’erotismo proiettano l’uomo fuori del mondo… l’erotismo si rivela strumento di conoscenza in quanto non è mai un fatto di natura, o meglio soltanto di natura: esso comincia ad esistere a livello culturale… Il rapporto tra erotismo e cultura si può articolare nel modo seguente: all’origine l’erotismo è inconscio: via via che si sviluppa la cultura, con la stessa gradualità si sviluppa il riconoscimento e il recupero dell’erotismo. Anzi, con un po’ di forzatura, si potrebbe addirittura affermare che la cultura altro non è che la progressiva scoperta e definizione dell’erotismo originario e inconscio… Abbiamo detto che l’erotismo ha in comune con l’ascesi mistica la svalutazione del mondo reale. Una prova secondaria ma significativa di questa affermazione va ravvisata nella brevità dei libri erotici. Questi libri sono il più delle volte scadenti: più raramente hanno un valore letterario: ma belli o brutti hanno tutti in comune il carattere specifico della brevità. Ossessionato dal proprio argomento e insieme deciso ad isolarlo e a conferirgli carattere di totalità, lo scrittore erotico di solito esaurisce in poche decine di pagine tutte le possibili combinazioni del rapporto sessuale. Incesto, animalità, omosessualità, necrofilia, eterosessualità e via dicendo vengono separati dai contesti sociali, psicologici, storici, morali, a cui, nella realtà sono inestricabilmente legati. In altri termini tutto ciò che non è sesso è passato sotto silenzio come se non esistesse… Lo scrittore erotico non si occupa che dell’erotismo in quanto occuparsi dell’erotismo vuol dire appunto e prima di tutto, sopprimere tutto ciò che non è erotico… perché l’erotismo una volta assunto a tema dominante non sa che farsene della realtà”. Georges Bataille nasce il 10 settembre 1897 a Billon, Puy-de-Dome, nella Francia centrale. Sua madre è di natura psichica instabile, tenta il suicidio diverse volte pur senza riuscirci, e suo padre è afflitto da una degenerazione da sifilide, ed è già cieco al momento del concepimento del figlio. Nel 1900 la famiglia Bataille si trasferisce a Reims. Qui Bataille riceve un’educazione rigidamente cattolica. Al momento dell’esplosione del conflitto mondiale madre e figlio sfuggono alla dominazione tedesca abbandonando il capofamiglia ormai completamente paralizzato che di lì a poco muore, infliggendo al figlio un insuperabile senso di colpa. Studia regolarmente ma girando diverse città, da Chartres a Parigi a Madrid. Medita di diventare monaco. Perde la fede a causa di un amore giunto a catastrofe a causa del suo rigore cattolico. Nel 1922, dopo un periodo di docenza all’Università di Madrid, ritorna a Parigi dove si impiega presso la Biblioteca Nazionale. E’ un momento di elaborazione intellettuale senza precedenti per gli intellettuali parigini. Bataille aderisce ai circoli in cui si viene formalizzando il credo surrealista, sotto l’egida di Breton. E’ romanziere, saggista filosofo e interessato soprattutto al sesso e al suo potere di degradazione. Rifiuta la letteratura tradizionale e le sue regole e teorizza che lo scopo ultimo di ogni attività intellettuale, artistica o religiosa debba essere l’annullamento dell’individuo razionale in un atto trascendentale e violento di comunione dei corpi. Sposa l’attrice Sylvia Makles che, in seconde nozze, sarà moglie di Jacques Lacan. Il dissidio con Breton e il movimento surrealista non tarda ad emergere e presto la rottura è totale. Un riavvicinamento con un intellettuale del gruppo di Breton avviene al momento dell’avvento continentale del fascismo: insieme a Roger Caillois fonda la rivista “Contrattacco”, in difesa dei valori comunitari traditi dal socialismo reale. Nel 1936 fa parte di un circolo dove viene in contatto con personaggi di straordinaria caratura: tra di essi, Pierre Klossovski, Jean-Paul Sartre, Claude Levy-Strauss, Walter Benjamin, Theodor Adorno. Dieci anni dopo, Bataille è un guru filosofico e letterario assoluto. E’ grazie al suo occhio preveggente che vedono la luce i primi lavori di Barthes, Derrida, Blanchot e Foucault. La tubercolosi che lo colpisce in questi anni, seppur curata, gli causa un indebolimento del sistema immunitario che lo conduce alla morte il 1962. E’ un autore tradotto e studiato in tutto il mondo e fino ad ora ha goduto di una attenzione sicuramente non paragonabile alla sua levatura in una Italia troppo condizionata da eredità clericali. Da noi è stato tradotto per la prima volta negli anni sessanta e addirittura perseguito in giudizio come un pornografo di bassa lega. In realtà le sue opere e il suo pensiero si sono velocemente diffuse ed ha conquistato un posto di primo piano nell’editoria del nostro paese, pur così refrattaria a pensieri avanzati e trasgressivi come il suo. Ricordiamo, fra i suoi libri: “L’Erotismo”, “La Letteratura e il Male”, “Storia dell’occhio”, “L’Impossibile”, “L’esperienza interiore” e molti altri. Un altro personaggio di rilievo, forse non abbastanza conosciuto è Aubrey Beardsley , figura di dandy-intellettuale assolutamente singolare che occupa un posto di rilievo in un panorama, anche se incompleto, della storia della letteratura erotica, ma anche in quella della cultura e del costume. Nacque nel 1872 e morì nel 1898. Era inglese e aveva un enorme talento per il disegno, un disegno morboso, esaltante, irritante ed estremamente raffinato. Il suo fu uno dei migliori esempi di grafica che ha influenzato l’art nouveau. Scrisse un romanzetto erotico delizioso, purtroppo incompiuto “Venere sotto il vulcano”. Anche il sommo poeta Apollinaire si cimentò nel romanzo erotico lasciando il piccolo capolavoro “Le undicimila verghe”, poi dobbiamo menzionare lo scrittore surrealista André Pieyre de Mandiargues, che, ne “Il castello dell’inglese” ci ha lasciato un romanzo emblematico che contiene alcune delle caratteristiche principali del genere erotico. Il romanzo erotico “classico”, infatti, di solito ha come protagonisti personaggi paradossali, dei quali non conosciamo quasi nulla. Come abbiamo già detto, la loro inconsistenza è paradigmatica. Non sappiamo da dove vengono e nemmeno dove andranno, non conosciamo la loro storia passata. Li troviamo in un luogo, di solito isolato e segregato (un castello, una villa in campagna) e in questo luogo avvengono, fra i protagonisti, amplessi e congiungimenti carnali variegati e improbabili. Nella postfazione di Alberto Capatti all’ operina di Mandiargues leggiamo: “L’altero e lontano castello delimita un campo pericoloso, memore di lotte e conflitti intestini. Il lettore potrà penetrarvi solo grazie a un sotterfugio. Dovrà sottrarre al feudatario i suoi giochi terribili e le sue creature, risvegliandoli da un incantesimo”. Feudatario che ama, fra le altre cose, marchiare a fuoco le sue “proprietà”, come ritroviamo nella famosa scena del leggendario “Histoire d’O”, scritto con lo pseudonimo femminile di Pauline Réage, ma quasi certamente opera di un uomo. L’eccesso, nel romanzo erotico classico, regna sovrano. Lo troviamo in Sade e negli altri, e diventa una protezione per il godimento dei propri fantasmi al di fuori di ogni possibile proselitismo. Ovvero, se una storia si sviluppa in modo torbido e sanguinario, come ne “Il castello dell’ inglese”, sarà difficile, anzi impossibile fare proseliti. Le fantasie, anche le più inusuali e violente, resteranno personali, porteranno addosso il marchio dell’autore e solo quello. Vivranno quindi in una esplosione di vitalismo a volte necrofilo o catastrofico, ma carico di energia. Questo per quello che riguarda il genere erotico classico, quello codificabile in una formula precisa. Un genere ricco di chicche, di romanzi per amatori e cultori del genere. Un genere con alcune irresistibili tentazioni per gli scrittori: considerare il proprio diletto l’unico motore e il pubblico come una sorta di eterno minore. Scrive sempre Capatti: “Per essere creduto chi scrive ha sempre bisogno di uno spettatore pietoso, nascosto dietro un paravento: deve fare i conti in ogni scena, con quel bambino innocente che fa da schermo agli occhi con le sue manine, messo di fronte allo stupro e all’incesto”. Quindi personaggi senza spessore, idea del lettore come di un bambinone in cerca di piaceri illeciti, crudezza oltre ogni limite per limitare la noia. Ecco il punto debole del romanzo erotico classico, la noia. Dopo una litania a sviluppo variabile di amplessi sanguinari, subentra, inevitabilmente, una noia mortale che ha influito sullo sviluppo del genere. Anche il più fantasioso rapporto orgiastico consumato nella sala di un castello fra mobili antichi, candele e animali, ripetuto per l’ ennesima volta arriva ad annoiare a morte e muore anche l’eccitazione. Questo è accaduto fino a che le donne non si sono messe a scrivere di erotismo. A cominciare da Anais Nin. La prima. Di sicuro la Nin non può e non deve, a tutti i costi, essere considerata esclusivamente una scrittrice erotica. Anzi, non è ardito definirla una delle più importanti scrittrici del novecento. Il suo Diario, ancora non pubblicato interamente, è paragonabile a “La ricerca del tempo perduto” di Proust scritto dal punto di vista femminile, e riflette la ricca interiorità di una donna artista, coraggiosa testimone del suo tempo. Un mito, una persona che ha vissuto la propria vita al di fuori di tutti gli schemi, che ha esplorato i territori della passione e dell’eros compiendo un percorso conoscitivo che non ha uguali. Oltre ai Diari che sono stati resi pubblici fino ad ora, la Nin ha legato parte della sua fama ai testi erotici raccolti nel “Delta di Venere” e in “Uccellini”. Il sesso come strumento di conoscenza, senza rinunciare a storie ricche, con un linguaggio lunare e acquoso, seducente e avvolgente. Dalla Nin in poi il romanzo erotico ha cambiato pelle ed è destinato a cambiarla ancora. Ritengo abbia assunto confini malleabili, fluttuanti e attraverso questi confini, io che sono stata definita dal settimanale L’ Espresso “la più famosa scrittrice erotic-chic italiana”, intendo e amo muovermi. Intanto i generi hanno perso purezza, per fortuna. Esiste una “fantascienza erotica” di matrice americana, esistono romanzi “tecno-porno”, esistono noir che sono anche romanzi di formazione. Il nostro è il tempo della contaminazione. Quindi i romanzi erotici possono essere altro, opere complesse, addirittura piccoli classici, come si può definire il romanzo di Alessandro Golinelli: “Angeli” e come si possono definire le opere di Alina Rizzi, dallo stile superbo e incantatore. E si può trovare erotismo forte in romanzi normalmente non considerati di genere. Io ripeto sempre, come provocazione-paradosso, che il monologo di Molly Bloom, alla fine dell’’ “Ulisse” di James Joyce, è una delle cose più erotiche che mi sia mai capitato di leggere. Comunque si sono fatti molti passi in più direzioni. La casa editrice Pizzo Nero si è fatta complice di queste trasformazioni, le ha sollecitate, accompagnate, in molti casi ha scoperto manoscritti che sono diventate dei veri casi letterari. Le distinzioni sono meno scoperte, molto meno evidenti. Sono contenta dell’occasione che mi è stata data di riscrivere “La sottomissione di Ludovica”, modificando piccole parti senza togliere freschezza all’intreccio e alla scrittura. E’ un romanzo a cui tengo molto, è arrivato e spero continuerà ad arrivare ad un pubblico variegato e composito. Spero che le donne, e non solo loro, continuino ad identificarsi e a lasciarsi coinvolgere dal percorso che svolge questa coraggiosa donna contemporanea per conoscersi meglio e per sapere esattamente qual’ è, in un determinato periodo della vita, il percorso del piacere. Secondo Mandiargues il romanzo erotico dovrebbe raccontare una successione di eventi “il cui corso si vorrebbe far precipitare sino ad un esito catastrofico, e la cui conclusione potrebbe essere una rivincita, tanto incosciente quanto involontaria, della morale”. Io non ho mai portato a tali limiti estremi le mie storie, ma una certa idea di “percorso di purificazione”, di perdizione estrema che rende più forti e agevola la conoscenza, non mi è mai stata estranea e a volte si è impossessata delle mie narrazioni. In Ludovica credo si noti poco. Spero che della storia continui a colpire la vitalità, il coraggio della protagonista, la sua audacia. Perché è stata questa la grande novità che ha corroborato il romanzo erotico dalla Nin in poi: l’audacia femminile. E se non credo a una “scrittura” femminile, penso che questa audacia possa costituire linfa preziosa per presenti e future narrazioni. (www. pizzonero.com, http://letteraturaerotica.blog.tiscali.it, http://narrazioni.blog.excite.it, il terzo blog di francesca mazzucato)