L’uomo è una rock star. Ma chi è Ziffer?, Anat Varezky _Beer Sheva (Israel)
Racconto vincitore Premio Energheia Israele 2016
Traduzione a cura di Cinzia Astorino
Capitolo 1
Il miglior pompino che avesse mai ricevuto (a proposito parliamo di Ziffer, Benny Ziffer) è stato tra i cespugli in un parco pubblico. Era in piedi, l’uomo nero in ginocchio davanti a lui, leccava e succhiava; gemiti di piacere provenivano da Ziffer. Proprio nel momento prima che venisse pensava al colonialismo di merda, che agisce tramite le sue vie tortuose. I cuori infranti della Sinistra lo avevano sempre infastidito, il progressivismo ha un prezzo salato, si sa: i sostenitori di sinistra sono un effetto collaterale indesiderato.
‘La madre di Ziffer ha un domestico di colore, e il fidanzato di Benny, Hugh crede che Dio stia risarcendo i neri per la loro sofferenza dotandoli di un pene grande, e compensa anche lui perché Ziffer non ci può vivere senza (dal romanzo di Benny Ziffer, “Ziffer e la sua specie”, 1999).
Chi è questo Ziffer? Chiesi con curiosità ad una compagna di classe ‘È tutto il giorno che sento: Ziffer, Ziffer. Chi diavolo è?’ Lei mi sorrise e disse: “Un provocatore di sinistra. Abbiamo una lezione con lui tra un’ora”.
Entrai in classe, con la voglia di sapere chi fosse mai quest’uomo. Un paio di anni fa, gli studenti del nostro Istituto si lamentarono di suoi commenti razzisti sugli ebrei Mizrahi. Da quell’affare (la parola “affare” fa infuriare Ziffer. Lui non capisce come possa far riferimento agli ‘affari’ felici come matrimoni e Bar Mitzvah, così come agli ‘affari’ sordidi e agli scandali. La parola dovrebbe essere univoca, o almeno essere relegata ad un unico lato della moneta); sin dal quell’‘affare’ felice o triste, il nome del docente sconosciuto del Sapir College’s Culture Studies è diventato ben noto. E a me piacciono le persone rinomate in qualsiasi campo.
Entrò in classe con un vestito grigio, un sorriso bianco e una grande borsa. Un inconsueto silenzio cadde sugli studenti, tutti in attesa che lui parlasse. Di’ qualcosa, mi sono detta, voglio sapere che cosa ha da dire questo famoso uomo. Stava perdendo tempo, con quel modo allettante tutto suo – sorrideva e respirava, sorrideva e taceva. Parla, uomo famoso, parla. Ha continuato il suo gioco immaginario, sistemando tranquillamente sul tavolo accanto a lui una pila di libri, una scatola di biscotti, un cesto con datteri e pomodori. Si è presentato gentilmente in un modo un po’ schivo che ha vinto il mio cuore, poi ha chiesto ad ogni studente di scrivere una frase su se stesso. Se c’è una cosa che odio in questo mondo, sono gli esercizi con tema “scrivere una frase introduttiva su di te”.
Dopo il più o meno imbarazzo di ognuno, la lezione cominciò veramente. Benny si trovava nel mezzo della classe e cominciò a leggere il testo a caso: “Per Sindaco di Sderot, il signor Jacob Ben Meir. Re: letto cigolante fastidioso tra mezzanotte e le 02:00…”
Interruppe a metà la sua lettura apatica, portò i suoi occhiali dalla fronte giù sugli gli occhi, fissando un punto indefinito nello spazio. Sorrise, lui sorrideva sempre, e chiese: “Cosa c’è di sbagliato in questa frase?” Silenzio di nuovo, da lui rispettato ancora una volta. Rilesse la frase. Questa volta la sua domanda aleggiò nell’aria e tutti si concentrarono sulla ricerca all’errore, nessuno ne aveva la più pallida idea. Il gioco dell’indovinello era iniziato. Nel giro di pochi secondi furono lanciati in aria suggerimenti, improvvisazioni, ipotesi, congetture, tentativi e borbottii.
Ziffer tirò su la cerniera dei suoi pantaloni, diede una pacca al suo donatore di fellatio e se ne andò.
Capitolo 2
Ziffer entrò nel suo ufficio al giornale come faceva ogni mattina. Entrando salutò con un cenno breve la sua segretaria Greta, il che significava che era di cattivo umore. Il cenno breve equivaleva a: Nessuna chiamata adesso, né più tardi.
Come al solito c’erano centinaia di pagine sul suo tavolo da parte di giovani poeti che mendicavano fama e pubblicazione. Ziffer guardò la pila di carte e pensò: Queste persone che hanno bisogno della mia approvazione per avere successo sono così noiose. Ma questo pensiero gli riempì comunque il suo cuore anche di orgoglio e gioia. Qualcuno bussò alla porta e interruppe la sua linea di pensieri e in un istante il momento di orgoglio e di gioia evaporò. “Avevo chiesto di non essere disturbato”, disse, più che arrabbiato in un arrendevole sussurro letargico. “È Aviva dalla Grafica, dice che è urgente”, spiegò Greta. Prima che potesse dire un’altra parola, Aviva era sulla porta e disse: “Sai il francese, giusto?” “Sì”, rispose Ziffer, un po’confuso. “Ho un’offerta che non puoi rifiutare”, Aviva disse sicura.
***
“For non è una parola ebraica”. Il clamore di congetture e speculazioni in aula immediatamente si calmò. Di nuovo silenzio. Accennò il suo sorrisino vittorioso. “For in ebraico deriva dalla lingua accadica e sta per ‘cereali’”. Continuò con il suo discorso di vittoria esasperante, spiegando seccamente l’origine della parola. Tutti lo fissavano e nessuno capiva dove volesse arrivare. “Allora perché usiamo questa parola?” Uno studente chiese. “Perché ci sono persone analfabete che non sanno come utilizzare l’ebraico”. Oh! Ecco il famigerato uomo che non vedevo l’ora di incontrare.
L’atmosfera tranquilla e gli sguardi curiosi si trasformarono in una bolgia rumorosa, con Ziffer che controllava e comandava il rumore, come un direttore d’orchestra. “L’Ebraico è una lingua dinamica!” Urlò con rabbia, un compagno di classe. “Chi se ne frega qual è l’origine della parola, dal momento che la usiamo!” Un altro studente urlò. Ziffer amava questo tipo di consensi e di approvazioni. Stava nel mezzo della classe e giuro di averlo visto portare il corpo in avanti, inchinandosi, seguendo i suoni di gratitudine della classe.
Quest’uomo era una rock star.
Hugh, il ragazzo di Ziffer, non era felice dell’offerta che Aviva aveva fatto a Ziffer. A Ziffer non importava, Hugh sapeva che per quanto potesse obiettare, Ziffer non lo avrebbe ascoltato. “Non capisco perché si dovrebbe insegnare letteratura francese ad un rifugiato africano! Da quando sei così virtuoso?!” Ziffer entrò nel suo studio e sbattè la porta alle sue spalle. E questo non impedì a Hugh di continuare il suo monologo. Sapeva perfettamente che Ziffer non avrebbe aperto la porta e riportato la conversazione ad un dialogo; sperava invano. “Lui non è gay, dunque perché ti frega così tanto? Salva pure il povero domestico di tua madre, se sei così virtuoso!”
Ziffer sentiva in lontananza Hugh urlare dietro la porta chiusa. Se fossi stato un ariano durante il nazismo, però, rischierei la mia vita per salvare gli ebrei. Hugh non potrà mai capire che gesto grandioso sto facendo. Lui e i cosiddetti sostenitori della sinistra saranno sicuramente i primi a trovare una scusa per nascondere la testa sotto la sabbia fino a quando non passano le cose. Sto facendo qualcosa, mentre i sostenitori della sinistra cincischiano in giro nei caffè di New Jaffa.
Capitolo 3
Sharlo, questo era il nome del rifugiato africano che Ziffer aveva deciso di salvare. Era un ragazzo nero che parlava francese, e ciò fu abbastanza perché Ziffer si innamorasse subito di lui. Si incontravano quasi ogni giorno nell’appartamento soffocante di Sharlo a Sud di Tel Aviv. Ziffer amava i loro incontri, che erano la sua unica speranza nei lunghi giorni di noiose riunioni del personale. Le loro lunghe lezioni includevano poesie politiche di Victor Hugo, scritti e decine di libri classici di filosofia di Jean Jacques Russeau e opere che Ziffer, come ho detto, amava tanto. Aveva sempre guardato alla cultura moderna con sospetto e con disprezzo.
Il ragazzo nero rinvigoriva il cuore di Ziffer; c’era in lui, in Sharlo, qualcosa che Ziffer non riusciva a definire con esattezza. Forse era l’atmosfera che veniva a crearsi nel piccolo appartamento che usavano. Il mix di gentilezza e l’erotismo dei romanzi romantici cavallereschi del 17mo secolo che leggevano insieme, e il pensiero che lui, Benny Ziffer, aveva l’onere di salvare una vita. E che pompino… Wow… Che pompino nel parco pubblico.
Ziffer si sentiva vivo, finalmente vivo.
La segreteria del dipartimento sorprendentemente e senza preavviso ci informò, piuttosto tardi, che la lezione di Scrittura e Elaborazione del testo di Benny Ziffer quel giorno era stata annullata. Il motivo non ci fu comunicato. Qual era stato il motivo della cancellazione misteriosa? La scomparsa di Ziffer sicuramente puzzava da qualcosa di brutto.
Maledizione, perché avvisarci all’ultimo minuto?
“La Sezione Libri di Ha’aretz è un bidone della spazzatura intellettuale, gestita da Mister Benny Ziffer. È tempo che Mister Ziffer si ritiri, ma dai contenuti della sezione sembra che Ziffer sia fuori dal contatto con la realtà, così vi esorto, responsabile di edizione del giornale, a dimostrare un po’ di buon senso su un’isola di pazzi creati da mister Benny Ziffer stesso, e riportare il poco onore che la Sezione Libri ha ancora. Io, a tal proposito, ho annullato il mio abbonamento.
Saluti.
Ex-abbonato Rotem Zur”
Tutti erano seduti in silenzio e guardavano con imbarazzo Ziffer, che sedeva dritto sulla sedia del responsabile di edizione. Il capo editore godette nel leggere ad alta voce le parole amorevoli dell’ex-abbonato Rotem Zur e poi collocò con soddisfazione il pezzo di carta sul tavolo. Girò un po’ la sedia, quasi inosservato, verso il volto di Ziffer. Lo guardò. E aspettò.
Capitolo 4
Un rumore strano proveniva da fuori la classe. “È musica classica?” Si chiese una compagna di classe con una contrazione nelle sue mascelle che rivelava il suo disaccordo. Sorrisi e mi chiesi cosa il nostro uomo avesse preparato per la sua lezione-spettacolo di oggi. Entrammo in classe con timore, come per assicurarci di non essere in errore. Non lo eravamo. Benny si trovava nel mezzo della stanza con un’indiscutibile torta arancione sulla scrivania accanto a lui. Un’elegante torta fatta in casa riposava accanto a una pila di libri e ascoltava la musica che l’avvolgeva. Ziffer sorrise come al solito, decorato dal suo sorriso sottile e ci invitò da gentiluomo a mangiare con lui.
“La sua assenza la scorsa settimana suggerisce…” sussurrò il mio amico, mentre cercava di trovare una parola per definire la strana scena che si svolgeva di fronte ai loro occhi attoniti.
Uno squillo di cellulare affettò il silenzio della stanza. “Devo rispondere a questa”, si scusò Ziffer soprattutto per il capo redattore, ma anche per il resto delle persone presenti nella stanza. Non guardò di chi fosse la chiamata, voleva solo uscire dalla stanza il più presto possibile.
“Ziffer, ho detto all’editore del tuo progetto”, disse Greta, mentre camminava veloce dietro di lui. “Guarda, lui non intendeva…” Ziffer si fermò, si voltò, guardò Greta e sussurrò: “Invece sì!” Greta fece una pausa, non a causa di ciò che aveva detto Ziffer, ma per via dello sguardo triste sul suo volto.
“Ma lui fu felice di sentirlo”. La porta si chiuse, Ziffer entrò nel suo ufficio e Greta sapeva che oggi avrebbe dovuto sospendere tutte le chiamate.
Voleva piangere, ma qualcosa in lui non lasciò che accadesse. “Piangi, miserabile, piangi”. Si intimò. Le lacrime esitarono.
“Sono una di quelle persone che dedicano la loro vita ad arte e letteratura e agli aspetti spirituali della vita”, si consolò, “Io sono uno di quelli che credono che tutto sia un ostacolo sulla strada per soddisfare il proprio amore per l’arte”. Ma prima di finire la frase si rese conto che stava recitando qualcosa che aveva messo in bocca a qualcun’altro, e che lui, nonostante fosse un redattore letterario, non era altro che un piccolo uomo, non più giovanissimo, irritabile, frustrato, non bello, che nessuno avrebbe ricordato, tempo un paio di giorni, dopo essersi sparato (dal libro di Benny Ziffer: L’ascensione del redattore letterario, 2004)
Chiamata senza risposta – Greta.
Capitolo 5
“Te lo scopi?” chiese Hugh, tentandolo mentre apriva la cerniera di Ziffer. “Hugh tesoro, concentrati sul micro cosmo di fronte a te”, disse Zipper in un tono consono alla loro posizione fisica: Lui in piedi, Hugh a carponi. Hugh voleva credere che Ziffer non si scopasse il rifugiato africano, anche se aveva notato come Ziffer mostrasse grande interesse per il progetto, che i due si vedevano sempre più spesso e come il sorriso di Ziffer diventava più ampio di conseguenza, man mano che i loro incontri si facevano più frequenti.
“Hugh tesoro, hai intenzione di succhiarlo o di giocare”, Ziffer osservò dall’alto, di fatto, mostrandogli nel suo modo speciale quanto fosse deluso dalla prestazione di Hugh,
più giù,
più su,
nel micro cosmo.
“Sono alquanto scioccato. Una mia studentessa che a stento ha frequentato per tutto il semestre, mi ha preso in disparte un giorno, durante una pausa, e ha balbettato di una biografia che stava scrivendo. Sono stato così ingenuo da collaborare. Non pensavo che lei potesse saper mettere due parole insieme, che sfacciata. Ed ecco qui questo testo mediocre in stampa! Non leggevo una brodaglia simile da tempo. Se non ci fosse stato il mio nome, non sarebbe stato preso sul serio”. (Benny Ziffer).
Qualche parola sulla storia
Ho incontrato Ziffer quando ero una studentessa e lui era il mio professore. A modo suo ha accettato la mia bizzarra richiesta di scrivere una biografia selvaggia e immaginaria su di lui.
Benny Ziffer è editore di un giornale israeliano, un poeta e uno scrittore. Egli riesce a creare un sacco di interesse intorno a lui tra gli studenti per il fatto di essere amato e odiato allo stesso tempo. È fondamentale capire che quest’uomo sia un enigma. È quasi impossibile descrivere il suo carattere, e questo è il motivo principale per cui ho voluto scrivere di lui.
Tanto per chiarire – c’è un continuo conflitto nel carattere di Benny – da un lato, scrive storie gay-erotiche provocatorie, il cui eroe ha come nome “Benni Ziffer”…
Dall’altra parte, vive una vita comune: padre di 3 figli e felicemente sposato. Veste come una persona di alta classe in Francia, ma insiste nell’utilizzare il trasporto pubblico.
È il tipo che dirà sempre le parole che non vuoi sentire e farà in modo di farlo nel posto sbagliato al momento giusto.
Per riassumere, quest’uomo è mille cose insieme, ma nessuna allo stesso tempo. È per questo che la mia storia è costruita su una serie di voci diverse e da diversi angoli, che cercano, senza sapere che è una causa persa, di descrivere quest’uomo.
Infine, credo che la cosa più bella di questa storia sia che ho scritto questo quattro anni fa, durante un breve corso in un piccolo college nel Sud di Israele, quando il nome Benny Ziffer non diceva nulla alla maggior parte delle persone, e come un profitto che si è concretizzato, nel corso dell’ultimo anno, Benny è diventato una star nel mio Paese. La gente lo riconosce, è spesso intervistato in televisione e crea clamore su tutti i media. Benny è ora, più che mai, una star.
La stessa star che ho immaginato quattro anni fa in una piccola classe.
E forse più di quanto io non sia una brava scrittrice, la storia rivela come io non sia, poi, una così cattiva premonitrice.