Ne varrà la pena? Mi chiedo tra me e me!… e nel cuore ho una delle esperienze più emozionanti della mia vita, di Erica Massa
Finalista Premio Energheia 2017
Decido di prendere i biglietti dell’autobus solo a pochi giorni dalla premiazione.
L’idea che ci fosse un errore e che arrivata a Matera mi fosse comunicato che non ero tra i finalisti del premio Energheia era una possibilità remota che tuttavia continuava a frullarmi nella testa.
Mi decido per l’autobus perchè mi sembra la soluzione più economica; mi permette di passare a Matera solo una notte e tornare a casa per la domenica sera. E poi mi affascina l’idea di percorrere gran parte della penisola in autobus: guardare il paesaggio che cambia, il tempo scandito dalle ruote sull’asfalto, durante il quale potrò mettere a posto i pensieri.
L’autobus di andata parte da Firenze la notte del venerdì e arriva a Matera a tarda mattinata, quello del ritorno parte la domenica mattina e non arriverà a Firenze prima delle undici di sera; in mezzo una manciata di ore a Matera, poco più del tempo della premiazione.
Ne varrà la pena?
Non me lo domando, quando salgo sul bus, quando mi ritrovo a dormire con la testa ciondoloni rannicchiata in un angolino del mio sedile, perchè il mio vicino di posto occupa anche parte del mio spazio. Non me lo domando neanche guardando l’alba alla stazione degli autobus di Napoli, dove aspetto la coincidenza per Matera e dove mi trovo parte della più svariata umanità diretta chissà dove e chissà perchè.
I chilometri corrono veloci e si respira aria di Sud: Campania, che poi è la mia terra d’origine, Puglia e Basilicata si avvicendano e tutto fuori dal finestrino diventa maggese, pale eoliche e olivi dai tronchi avvinghiati come due amanti che non sanno dirsi addio.
Ho la strana sensazione di sentirmi sola ma nello stesso tempo sono consapevole che questo viaggio è mio e solo mio ed è da sola che devo farlo.
Arrivo a Matera distrutta, per fortuna ho alloggio a pochi passi dal Museo dove si terrà la premiazione e il tempo per sprofondare un paio d’ore in un sonno totale e nero.
Quando mi sveglio faccio una passeggiata per il centro: Matera è vivace, piena di persone e trasuda bellezza da ogni angolo, ovunque gli scorci sulla parte vecchia e sulla Murgia irrompono nelle strade e nei miei occhi. Mi rammarico di non aver portato la mia macchina fotografica e mi arrangio come posso con il cellulare.
Mi affaccio ad un belvedere che dà sui Sassi e contemplo lo spettacolo, sovrappensiero e incurante dei turisti e dello schiamazzo che ho intorno.
– Ma avete pagato per farlo, signorina?
Ci metto un attimo per capire che la domanda è rivolta a me. Due vecchietti materani mi guardano sorridendo: sono incuriositi dal tatuaggio che ho sul braccio. Sorrido e iniziamo a parlare.
– Noi ci abitavamo là, fino agli anni 50 mi dicono indicando i Sassi. Chiedo informazioni su Matera, domando i nomi di posti che indico dal belvedere. Mi incanta il loro dialetto del Sud, così simile al pugliese.
Ma ormai è ora, devo salutare i miei amici e andare al corso di scrittura creativa, organizzato per i partecipanti del corso. Inizio ad essere emozionata: il corso mi coinvolge subito e guardando le facce degli altri partecipanti rivedo, come in uno specchio, le mie stesse emozioni.
Prima dell’inizio della serata di chiusura, in cui ci saranno le premiazioni, ho il tempo per un caffè, che prendo seduta ai tavolini di un bar insieme a Maria, una finalista del concorso, e il marito. Maria abita ad Udine, ma scopro che anche lei è originaria di Napoli come me.
Alla premiazione trovo posto dietro Maria: siamo entrambe emozionate.
Mi commuovo quando sullo schermo appare il volto di una ragazza ventenne: è la vincitrice dell’edizione palestinese del Premio. I muri le hanno impedito di essere a Matera a ritirare il premio di persona.
Ma la letteratura i muri li abbatte e così è l’ambasciatrice palestinese a consegnare il premio alla vincitrice dell’edizione israeliana.
Ed è in quel momento che capisco che ne è valsa la pena. Che sono orgogliosa di far parte – con il mio racconto – di questo momento, di essere in un contesto in cui ci si interroga sul valore della letteratura, sulla possibilità che essa ha di essere protagonista di un cambiamento di rotta, in un mondo che troppo spesso dimentica la bellezza.
E poi arriva il momento della premiazione dell’edizione italiana. Mi trema tutto: mani, gambe cuore quando mi chiamano a ritirare il premio come finalista. Vorrei dire qualcosa di intelligente, ma l’emozione mi impasta voce e pensieri e così dopo aver balbettato qualcosa torno barcollante al mio posto.
È quando leggono la motivazione del premio per miglior racconto da sceneggiare che capisco che per me le sorprese non sono finite.
…Un equivoco che salva i rapporti più intimi… Può mai essere? Ormai mi ronzano le orecchie, quando viene dato il nome del vincitore, ma Maria si gira e si congratula, mi sorride, allora mi alzo, ancora più confusa di prima, quando mi risiedo al mio posto gira tutto, poi pian piano ricomincio a ragionare, mi connetto con il mio mondo, mando messaggi a parenti e amici che aspettano di sapere com’è andata la serata.
La notte, fatico ad addormentarmi, l’adrenalina è alle stelle. Ma devo sforzarmi di riposare: mi aspettano 12 ore di viaggio per tornare a casa. Questa volta, però, non sono sola. Nella borsa tintinnano i premi di ceramica che riporto con me e nel cuore ho una delle esperienze più emozionanti della mia vita.
Settembre, mese di bilanci e buoni propositi. Mese della premiazione di Energheia. Io riparto da qui, da Matera. Grazie di tutto!