Matera 1985 : identità e qualità urbana – Dal mito degli anni ’50 alla crisi della città contemporanea.
_di Michele Morelli (Una riflessione in vista dell’appuntamento del 18 settembre 2024)
Matera 1985 : identità e qualità urbana – Dal mito degli anni ’50 alla crisi della città contemporanea.
Energheia pubblica gli atti del convegno organizzato dall’Ordine degli architetti di Matera e Potenza, il 18 settembre alle ore 19,00 presso l’Archivio di Stato l’arch. Mauro Saito e Michele Morelli si confronteranno sul tema.
Sono anni che Energheia ha concentrato la propria attenzione sulla pubblicazione digitale di saggi e documenti che hanno a che fare con la storia della nostra città a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Un anno fa circa Energheia pubblicava i saggi introduttivi del 1956 dell’UNRRA-CASAS di Riccardo Musatti, Friedrich Georg Friedmann, Giuseppe Isnardi e di Francesco Nitti. “Matera, Fu l’occasione per ricordare, insieme a Mimmo Calbi, quegli anni, alcuni suoi protagonisti tra i quali Leonardo Sacco. Penso alle relazioni che accompagnano i piani regolatori di Piccinato degli anni Cinquanta e Settanta. Penso ai documenti che hanno accompagnato il concorso internazionale per il recupero degli
antichi rioni Sassi. In questi giorni Energheia pubblica sul proprio sito gli atti del convegno organizzato dall’Ordine degli architetti di Matera e Potenza del 1985 dal titolo: Matera: identità e qualità urbana – Dal mito degli anni ’50 alla crisi della città contemporanea. Gli atti pubblicati contengono i contributi di personaggi che hanno fatto la storia dell’urbanistica del nostro paese e della nostra città, Ludovico Quaroni, Marcello Fabbri, Edoardo Salzano, Tommaso Giuralongo, solo per citarne alcuni.
Uno degli animatori di quel convegno fu proprio l’arch. Mauro Saito, ospite della conversazione del 18 settembre che si terrà presso l’Archivio di Stato nell’ambito della XXX edizione del festival organizzata da Energheia.
Nella sua relazione introduttiva al convegno, l’arch. Saito ci descrive in modo puntuale lo stato di fatto della nostra città, tracciando un quadro a dieci anni dall’adozione nel ’73 della Variante Generale al PRG del ’56.
Alla fine degli anni Sessanta, dopo tre leggi speciali, si chiudeva il generale sfollamento dei Sassi con la costruzione di circa 2800 alloggi di cui ben 2503 nell’ambito urbano cittadino. Durante gli stessi anni l’Istituto Case
Popolari realizzava altri 1400 alloggi. Per un totale di oltre 4000 alloggi di edilizia pubblica.
Alla fine degli anni Sessanta, dunque, la città si configurava con un disegno urbano del tutto nuovo, “connotata positivamente sul piano urbanistico generale” (A. Pontrandolfi).
Con l’approvazione della Variante Generale del ’73 si chiudeva la stagione del cosiddetto “riformismo materano” che aveva prodotto una pianificazione illuminata.
Il nuovo piano regolatore fissava, in modo del tutto arbitrario, l’aumento della popolazione complessiva di circa 93.000 abitanti alla fine del Ventennio. Allargava a dismisura le aree di espansione, debordando al di là della superstrada Matera-Ferrandina ritenuta, invece, dal Rapporto Musacchio invalicabile. Soddisfacendo così le richieste di quel “super partito dell’edilizia” denunciato dalla rivista “Basilicata” ma anche dallo stesso autore del Piano, Luigi Piccinato. Nella sua relazione che accompagna la Variante Generale, Piccinato parla di spinte “che un tempo non esistevano”, denunciava in sostanza “il nascere di nuovi soggetti fortemente interessati alla rendita fondiaria” e alla speculazione edilizia.
Alla metà degli anni Ottanta del Novecento, la città presenta numerosi campi aperti.
“Non è una città cattiva”, dirà il neo sindaco socialista A. Pontrandolfi nel suo breve intervento di saluto al convegno. “Non è una città piena di speculazioni o di solo palazzi”. Per il neo sindaco socialista un nuovo progetto riformista per la città era possibile. La sua convinzione è dovuta al nuovo quadro politico che si è andato a determinare all’indomani delle elezioni amministrative del 1984 con la nascita del primo governo cittadino di sinistra.
Dopo un’egemonia durata ininterrottamente dal 1946, dopo un decennio di crisi permanente e di gestione commissariale, la DC materana (partito di maggioranza relativa con numeri che si attestavano intorno al 40% delle preferenze) si scopre per la prima volta all’opposizione nel Consiglio comunale. L’esperienza della prima amministrazione di sinistra durerà appena un anno essendosi conclusa con le dimissioni del sindaco nell’ottobre del 1985. Dopo le dimissioni, nel gennaio del 1986, la DC si presenterà in Consiglio comunale con una nuova maggioranza di centro che eleggerà il nuovo sindaco F. Saverio Acito. L’era Acito, si concluderà nel 1994, la sua eredità sarà determinante sul futuro assetto
urbanistico della città.
Compito del convegno organizzato dall’Ordine degli Architetti di Potenza e Matera è quello di “identificare questo nuovo e composito organismo urbano”.
Matera, oltre alla “dote” storica, ambientale e culturale costituita dalla città antica, è una delle poche città meridionali ad aver avuto una “dote” urbanistica moderna. Questa “dote” è stata dimenticata, disattesa dalle ulteriori espansioni urbane, dal fermo del recupero dei Sassi, da una serie di atti politici e urbanistici, in palese contraddizione con quell’idea originaria di città, espressa compiutamente dal primo Piano Regolatore.
L’arch. Saito denuncia la generalizzata perdita di identità urbana che … induce a leggerla per parti incompiute … nel quadro di una patologia dimensionale che sembra incontrollata e che rischia di omologarla verso il basso.
E’ convinto che qualsiasi processo di recupero di un’identità e di una qualità urbana passa per lo scioglimento di quel nodo irrisolto, costituito dall’abbandono del suo centro antico e dalla riappropriazione di tutte le tappe di quell’esperimento di progettazione integrata della costruzione della prima Matera moderna.
In attuazione della Variante al PRG di Piccinato del 1975, la città negli ultimi dieci anni ha già raggiunto i limiti estremi, estendendosi, secondo l’asse Nord-Sud, per 7 km.
Il nuovo perimetro urbano, secondo l’arch. Saito, è stato raggiunto con espansioni residenziali pubbliche e
private e con un’area di insediamenti artigianali, ubicata dal piano in infelice posizione, su uno dei principali ingressi della città.
Nel 1985, i servizi principali (scuole, commercio, alberghi, cultura, ricreazione …) sono tutti concentrati nella zona centrale della città. I nuovi servizi (sedi istituzionali, attrezzature sportive) realizzati, o in progetto, sono stati accentrati nell’area del centro direzionale priva finora di piano attuativo con singole varianti parziali, con disattenzione anche per gli standard minimi di legge o di Piano.
La bozza di studio del Programma Poliennale di Attuazione, elaborato alla fine del 1984 dal Commissario ad acta sintetizza così lo stato di attuazione della VPRG:
1. il patrimonio edilizio esistente è sicuramente superiore al fabbisogno reale;
2. i parcheggi ed il verde pubblico sono abbondantemente al disotto del minimo indispensabile;
3. le attrezzature collettive di servizio pubblico o privato sono appena al 40% rispetto a quelle previste dalla VPRG.
La città, con le sue “fabbrichette e le sue palazzine”, esprime una cultura insediativa d’importazione. E’ una
città dai mille volti, tanti quante sono le parti di cui si compone, inospitale e irriconoscibile, estranea a
quell’alternanza equilibrata di cave di tufo, campagna, nuovi quartieri ben assestati, centro storico e Sassi, quale alla fine degli anni ’60 si presentava Matera.
Le zone intermedie di completamento sono riempite di palazzine private; i Sassi, il centro storico e il nuovo centro
direzionale sono fermi.
La Matera contemporanea, secondo l’arch. Saito, si fonda su molte scelte insediative sbagliate …
gli ingressi sono adibiti ad aree artigianali di rilevante dimensione; i terreni instabili ed impervi vengono scelti per insediamenti residenziali (via Montescaglioso, via Dante e in via La Martella…) … tutte le zone
centrali rimangono obsolete.
La VPRG, nella sua versione originale e con le successive varianti parziali, è la migliore dimostrazione che, a
tutt’oggi (1985), l’urbanistica moderna si basa esclusivamente sull’esperienza della crescita. «Sviluppo senza confine» come «principale ipotesi fondatrice della modernità».
“La cultura, la valorizzazione dell’esistente come bene economico e culturale stenta ad affermarsi”.
Gli standard di Piano sono concepiti “come un vincolo minimo, imposto per legge, non come una qualità
specifica e qualificante del Piano vigente”.
A tutto questo si aggiunge anche la pessima qualità di progettazione.
Le Istituzioni non danno più il buon esempio, sul piano della qualità urbana e architettonica.
È urgente, secondo l’arch. Saito, rinnovare il ruolo delle istituzioni. È fondamentale sostituire alla nozione di «Piano aperto» con quella di “Piano-processo”, da attuare per “progetti unitari”.
Verificare, con un’anagrafe dell’utenza, il reale deficit abitativo pregresso che non può essere disgiunta da un’analisi tipologica e dimensionale del patrimonio residenziale esistente (quali case mancano, se mancano ancora e di quali dimensioni?).
I Sassi, oltre a rappresentare una alternativa all’espansione della città, rappresentano, insieme al centro storico, la principale risorsa economica, culturale ed ideale cittadina: un patrimonio collettivo, che ha finanziato la nuova Matera, ed ora necessità di “contenuti”.
La parte centrale, quasi vuota della città, destinata a centro direzionale, va probabilmente riconvertita in aree-progetto.
L’arch. Saito ricorda che la Variante Generale affida la connessione dei vari quartieri urbani al sistema del verde, ai percorsi pedonali e ciclabili. Giardini, viali, parchi che stentano ad essere realizzati.
Nei nuovi quartieri mancano i servizi di base.
L’Agro urbano, sostiene l’arch. Saito, va preservato come un bene inestimabile, sia come riserva ambientale che produttiva: i parchi rupestri ed archeologico, il lago di San Giuliano, le masserie e i boschi vanno tutelati come risorse a scala urbana ed interregionale, con opere di consolidamento e sistemazione idraulica e forestale. Matera che aspira da sempre a dirigere il suo territorio di riferimento, dal Metapontino all’Area Bradanica, fino all’immediato hinterland pugliese, rimane con progetti più sognati che supportati da offerte di servizi, infrastrutture ed aree attrezzate per attività produttive e direzionali.
Il semplice strumento urbanistico generale, nella sua attuale versione (privo cioè di molti piani attuativi), non consente all’Ente locale di controllare e gestire le risorse urbane. È necessario, secondo l’arch. Saito, la formazione di una forte struttura tecnica, in definitiva dell’Ufficio del Piano, dotarsi di un Programma poliennale di attuazione e munirsi di un parco di “temi di progetto”. Un parco di “temi di progetto” non solo architettonici e urbanistici, ma anche culturali, scientifici, economici e sociali, attirando su Matera personalità di alto profilo culturale.
E’ necessario, inoltre, riacquistare fiducia nei concorsi d’idee ed esecutivi a livello regionale, nazionale e internazionale, su temi precisi e ben individuati alla scala urbana.
Così come si ritiene importante la qualificazione professionale e l’aggiornamento culturale continuo dei
professionisti che operano alla costruzione quotidiana della città.
La relazione dell’arch. Saito si conclude con un invito ai propri colleghi architetti. “Noi architetti, dobbiamo sentirci impegnati in prima persona nella ricerca-riscoperta dell’anima di questa città, se è vero che oggetto del nostro lavoro è la modificazione della stessa, attraverso le pietre che la costruiscono. Un lavoro d’immensa responsabilità, verso la storia, verso la tradizione più antica e più recente, verso l’utenza e i bisogni attuali, un lavoro che va affrontato quotidianamente con saggezza e sapienza di mestiere… ”.
Per comprendere ciò che è accaduto sul piano urbanistico nella nostra città negli ultimi decenni basta confrontare i dati con il PRG Piccinato del 1975. La quantità di parcheggi per abitante risulta essere poco più di 2,5 mq/ab (RU2021), per un totale di circa 12.000 posti auto, grazie ai borghi e ai quartieri storici del moderno, il Piano Piccinato ne prevedeva 28.286.
Oggi, la quantità di Verde a valenza territoriale risulta essere poco più di 3,94 mq per abitante (RU2021), per un totale di 236.921 mq, molto al disotto dello standard di legge pari a 15 mq/ab ( DM 1444/68).
Negli ultimi trent’anni abbiamo divorato poco meno di 2.000.000 mq di verde, parcheggi e servizi. Con la legge regionale n. 25/2009 (piano casa) tutto cambia, viene meno la nozione stessa di urbanistica (una legge che nasce con un limite temporale ma che invece, dopo continue proroghe, grazie ai governi regionali di sinistra, diventerà legge ordinaria). Con l’approvazione del RU2021, non solo le poche aree rimaste libere cambieranno la loro destinazione d’uso a favore della residenza, la maglia delle rendita sarà sempre più ampia (ciò che la legge regionale vietava il regolamento urbanistico consente ). Da anni la città è sottomessa a continue trasformazioni, al centro così come nelle tante periferie e persino nel periurbano. Gli abbattimenti e le ricostruzioni generalizzate, i trasferimenti di volumetrie, in assenza di piani attuativi, non fanno altro che aumentare il peso urbanistico nelle zone centrali della città. Tutto è monetizzabile, tutto è derogabile, dalla dotazione minima di spazi pubblici ai limiti di legge che definiscono le densità edilizie. L’urbanistica in generale è sempre stata contagiata dalla produzione di redditività, nell’ultimo decennio vi è stata una accelerazione che ha prodotto grossi vantaggi ai privati a scapito del pubblico. Architetti ( e architetture) sempre più al servizio della committenza privata, rinunciando ad ogni funzione critica. Poco attenti ai temi ambientali e sociali, sembrano aver abdicato al loro mestiere, proponendo architetture “fuori luogo”.
Sembra, per il momento, che non sia possibile, neppure immaginare, un nuovo progetto riformista per la città. Prossima tappa l’area industriale dismessa ex Barilla a Piccianello.