L'angolo dello scrittore

Memiconcetti, idee, parole: da dove? Verso dove?

  Giugno 2010 – di Roberto Vacca

 

Il carattere cinese è Xiang = pensiero. L’occhio [mu – a destra] vede

l’albero [mu – a sinistra] e lo mette nella  mente [xin  (cuore) – sotto]


Qui racconto come parlare con spiriti immortali. Questi esistono. Non sono definiti da frasi interpretabili in modi diversi. Non sono evocati per mezzo di sentimenti che ciascuno sperimenta in modi diversi. La loro conoscenza non è trasmessa con parole vaghe, anche se taluno pretende che siano sublimi. sacre o elevate. Gli spiriti si manifestano ove sono cervelli umani. Diventano immortali se esprimono idee, parole, teorie, invenzioni sensate. Rispecchiano la realtà ed entrano in altre menti. Queste li accettano, li ripetono, li diffondono esprimendoli in linguaggi umani fatti di parole dette o scritte, di immagini, di formule, di strutture, di schemi.

Il nostro corpo cambia. Le cellule che lo compongono muoiono e vengono sostituite. Talora perdiamo parti del corpo, ma la nostra persona rimane. Richard Dawkins ha espresso bene questi concetti in dettaglio. Ha chiamato “memi” i nostri gesti, abilità, parole, idee, immagini, musiche, inclinazioni che introiettiamo da altri e replichiamo trasmettendoli ad altri. Il termine ricalca “gene” : un gene è una sequenza di DNA che occupa una certa posizione in un cromosoma e determina una particolare caratteristica fisica di un organismo. I nostri memi, dunque, sono unità di eredità culturale selezionate naturalmente e replicate nell’ambiente culturale. Tramandiamo memi alle menti degli altri anche dopo la morte del nostro corpo.

Machiavelli racconta che, dopo aver lasciato la sua carica di segretario fiorentino ed essersi ritirato in campagna a vita privata, il giorno giocava all’osteria, ma:

la sera entro nel mio scrittoio e mi spoglio quella veste cotidiana piena di fango e mi metto panni reali e curiali¸ e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui, dove io non mi vergogno di parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro umanità mi rispondono. Non sento per quattro ore di tempo alcuna noia. Sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro.”

Ciascuno di noi legge scritti di contemporanei e di uomini antiqui. Ne trae quello che può. Risponde senza essere ascoltato, ma le sue risposte possono andare ad altre persone di oggi o future e così contribuisce a tenere in vita gli autori anche se talora i loro nomi vengono dimenticati.

Non racconto, perciò, come metterci in contatto con gli antichi, classici o no. E’ cosa che si insegna nelle scuole. Racconto, invece, come sono stato e sono ancora in contatto con persone speciali che ho conosciuto: maestri, amici che mi hanno insegnato scienza, teorie, buon senso, metodo, inventività, humor, arti, atteggiamenti e un po’ di saggezza. Mio padre mi insegnò che tutto interessa e che tutto si può imparare. Ne è un esempio vivente. Mi diede anche esempi da evitare. Studiò e scoprì tante cose, ma ne pubblicò poche (un centinaio di lavori di matematica e altrettanti studi sulla Cina). Mi lasciò migliaia di pagine di appunti quasi tutti piuttosto disordinati. Negli ultimi mesi li ho ordinati e ne ho fatto un indice. Credo che ne saranno tratti insegnamenti di rilievo – da chi sa più matematica di me. Così ho ricreato i colloqui con mio padre – anche se è fisicamente morto da più di mezzo secolo. Così mi è venuta l’idea di raccontare questa esperienza – insieme a quelle di ripassare e meditare tanti altri insegnamenti, discorsi, input ricevuti da tante fonti diverse in più di 80 anni di vita.

Propongo questo modo di pensare come una forma giusta di spiritualità. Sono inani quelle forme che usano pretese illuminazioni o esperienze mistiche, espressioni religiose, intuizioni gratuite e non controllate.

Le parole sono strumenti ottimi. Si congiungono a formare frasi, che sono gli elementi costruttivi delle lingue. Come tutti gli strumenti possono essere usate male. Molte parole o frasi designano oggetti, strutture, processi complicati. Spesso si usano sequenze di parole in modo convenzionale per indicare una di quelle cose complicate. Le singole parole che compongono la sequenza non ci aiutano a conoscere la struttura o il processo designato. Siamo abituati a parlare di cose semplici. Sappiamo di che parla chi dice:

“Un kilo di zucchero di canna.”                  oppure

“Una station wagon Ford Focus con cilindrata 1,6.”

Quindi siamo indotti a credere che parli di cosa nota chi dice:

“Il prodotto interno lordo italiano nel 2008 è stato di 1,272 Teraeuro.”

Invece spesso non è così. Varie persone non sanno che cosa sia, né come si misuri il PIL. Non sanno che un Teraeuro consiste di 1.000 miliardi di Euro. Non sanno tante altre cose eppure parlano di economia, di tecnologia, di morale, di politica. Le loro frasi autorevoli sembrano avere un senso, mentre non lo hanno. Non esprimono concetti, idee, parole, teorie, invenzioni che servano a renderli immortali. Non servono a niente. Sulle frasi e sulle idee staccate dalla realtà si fondano reputazioni che in certi ambienti durano anche qualche secolo (come quella di Hegel). Non ho stima alcuna per immortalità modeste e usurpate. Altri giudicano diversamente, dato che le questioni complesse sono spesso opinabili, ma non ha senso entrare in polemica con chi dalla realtà è divorziato.

E perché scrivo queste pagine? Credo che mi spinga un meme che s’impiantò nella mia mente tanti anni fa nel corso della mia educazione:

“Impara cose nuove e insegnale.”

E perché racconto i discorsi che ho fatto e continuo a fare anche con persone fisicamente scomparse? Perché solo alcune di esse sono famose (anche se non vengono lette e meditate abbastanza), ma io considero anche le altre di cui parlo come classici. Avvicinarsi a loro e ricevere i loro messaggi ti conviene nello stesso modo in cui ti conviene leggere i classici.

Si può obiettare:

“La maggioranza degli scienziati esistiti dall’inizio della civiltà pare sia ancora in vita. (Questo dipende dall’aumento della popolazione e dal crescente numero degli scienziati nella popolazione generale). Allora perché non concentrarci sui messaggi delle grandi menti viventi?”

Rispondo che è difficile capire quello che dicono le grandi menti contemporanee, se non capiamo prima quello che dissero i classici. Questi sono più visibili perché hanno avuto successo, ma non è bene considerare solo quelli famosissimi. Ce ne sono tanti altri che vale la pena di ascoltare e studiare. Spesso questi altri non hanno inventato o scoperto cose meravigliose, ma sanno comunicare bene quello che altri hanno scoperto o inventato. Queste mie pagine, dunque, sono un invito a esercitarsi nell’assorbire idee e concetti.

I pensatori contemporanei non vanno certo ignorati. Venire a sapere che esistono ed entrarci in contatto diventa sempre più facile usando Internet. In rete sono venuto a sapere dell’esistenza di persone interessanti che hanno capito cose importanti, hanno inventato, hanno visto connessioni e possibilità ancora non immaginate. In rete trovi le parole appena scritte da persone che già conosci come eccezionali. Ti evocano idee nuove: gliele scrivi e, se non sono trascurabili, spesso ti rispondono. Sono entrato in corrispondenza perfino con Freeman Dyson, il fisico.

Certo in rete sono tanti a parlare e diffondere messaggi. Alcuni di questi valgono poco. Altri sarebbero interessanti e meritevoli (hanno originato idee belle e sono dotati di grandi menti), se sapessero comunicare bene. Invece scrivono maluccio, indulgono a scherzetti privati di dubbio gusto e fanno perdere tempo. Dunque ci servono criteri di giudizio per accettare i migliori e rifiutare i mediocri e i peggiori. Questo mio è un libro di esercizi per imparare a formarsi criteri efficaci.

Fra le carte matematiche di mio padre ho trovato un foglietto in cui aveva scritto la traduzione di una poesia di Francisco Quevedo. Esprime bene le motivazioni per cui i memi vengono trasmessi e i sentimenti suscitati in chi li riceve:

Avrei voluto, e non so come, provare la mia riconoscenza

A colui al quale debbo tanto!Ma mi son detto: a che mai?

Il sole dardeggia i suoi benefici raggi;

la messe che ne profitta non dice “Grazie”

ma essa matura! Ed è tutto ciò che vuole il sole.