Mi chiamo Azzurra
fotoracconto finalista Premio Kaleidos Africa’s Pictures 2012_di Martina Dimantova
sezione 15-17 anni
Mi chiamo Azzurra, vivo in un mondo apparentemente diverso da me. Ho 16 anni e potrei considerarmi la ragazza più unica di tutta l’Africa. Vi chiederete il perché. Sono il cigno nero del paese: la mia pelle è bianca e non si confonde con le mille macchie scure che popolano questa realtà; io sono la purezza visiva in persona! Tutti mi guardano con disprezzo e parlano di me ma non con me. Resoconto della mia vita? Pessimo! Per fortuna a breve andrò via da tutto, in un posto dove la diversità è sovrana, dove non ci sono sguardi derisori o parole libere nel vento. I miei genitori sono ormai vecchi ed io dovrò vedermela da sola ma non mi preoccupo, la vita qui non è semplice, è un paese molto povero e arretrato che sente molto la mancanza dell’acqua. E’ un problema che non permette a tutti noi di vivere in tranquillità, molti anziani e piccoli muoiono per la sete o per la mancanza d’igiene. Questo è il secondo motivo per andar via, voglio portare i miei genitori altrove per farli godere una vita migliore. E’ passata una settimana da quando abbiamo raggiunto questa casetta circondata da alberi e alta erba. E’ fatta in legno e quei pochi metri quadrati sono indispensabili per sopravvivere. Mentre i miei cari si occupano delle ultime sistemazioni, esco fuori per esplorare il nuovo territorio.
Mi allontano fino a non riuscire più a vedere il tetto. Qui, tutt’altra vita: altri colori e altri suoni. I toni predominanti sono il verde dell’erba e degli alberi; il giallo e il marrone delle giraffe; il bianco e nero delle zebre il grigio degli elefanti e l’infinito azzurro del cielo. La bellezza che vedono i miei occhi soddisfa l’insaziabile voglia di sete per un bel po’ di tempo. Il caldo diventa insopportabile. Sono arrivate, infatti, le ore più calde del giorno, il sole picchia forte e il mio istinto cerca incessantemente riparo e acqua fresca, così sognando il tutto ad occhi chiusi cammino senza saper dove il passo mi guiderà. La mia mente vede un fiume che brilla con le limpide acque e le mie orecchie sentono il fruscio di acque vivaci. Penso sia un’immaginazione ma il suono diventa sempre più vicino, così aprendo gli occhi vedo il paradiso. La gioia mi sale fino agli ultimi ciuffi di capelli, i miei occhi brillano come quel sole e la mia bocca si spalanca per la felicità e quel sapore per me raro risolleva la giornata. Correndo, raggiungo la mia famiglia che ormai stanca si abbandona alla soffice terra. Racconto ciò che ho visto e senza sentire più nessun affanno, balzano in piedi.
Non appena vedono il fiumiciattolo, i loro occhi si riempiono di lacrime e per l’emozione iniziano a tremare. Senza perdere altro tempo, immergono le mani rovinate dal lavoro in quella fonte di vita e subito un brivido si sparge su tutto il corpo. E’ giunto finalmente il momento in cui l’acqua disseta le loro bocche. Così felici di aver realizzato il loro desiderio, ritornano in quella casa fatta di legno che ogni giorno li vede protagonisti di una dura realtà.