Modelli: previsioni, buon senso
– Roberto Vacca
Capiamo il mondo e prevediamo il futuro coi nostri modelli mentali. I più semplici, intuitivi, mostrano che fenomeni complicati sono simili ad altri più familiari [le onde elettromagnetiche si comportano in modo simile alle onde del mare]. Modelli più sofisticati si esprimono in formule. Esempio: le parabole descritte da proiettili e oggetti lanciati in aria obbediscono a equazioni algebriche di secondo grado, se trascuriamo la resistenza dell’aria. Modelli mal costruiti possono indurre a spiegare la realtà in modi errati.
I modelli quantitativi non sono fatti solo di formule, anche di immagini come le carte geografiche. Borges immaginò la mappa di un impero tanto grande da coincidere con l’impero stesso. Era inutile: fu abbandonata alle intemperie e se ne trovavano frammenti abitati da animali o mendicanti. Altri modelli sono costituiti da strutture elettromeccaniche o da programmi di computer, che obbediscano alle leggi che governano processi reali. Nessun modello è identico all’originale.
Le scienze esatte e la tecnologia spiegano rapporti causa-effetto. Permettono di prevedere certi eventi naturali e gli stati futuri di oggetti e grandezze fisiche [forze, energie, correnti e tensioni elettriche, etc.]. I tecnologi lo fanno con accuratezze di percento o per mille; i fisici anche di un miliardesimo.
Se ci occupiamo di popolazioni, prodotto, mercati, cultura, brevetti, epidemie, i fattori causali sono moltissimi. Alcuni non sono misurabili. Alcuni non sono nemmeno individuati. Ugualmente sono state identificate [da Vilfredo Pareto, da Vito Volterra e altri] relazioni matematiche complesse che razionalmente ed empiricamente [a posteriori] modellano questi processi. Possiamo scrivere le equazioni corrispondenti. Però non possiamo risolverle, né usarle per fare previsioni. L’esistenza delle incognite citate impedisce di determinare i valori dei coefficienti. Può essere possibile, però, elaborare le serie storiche dei valori misurati di variabili oggettive [numeri di persone, di oggetti prodotti, quantità di energia, decessi, etc. per produrre equazioni empiriche che abbiano la forma (struttura) definita dai teorici citati e che servono a generare proiezioni ipotetiche e plausibili. In ogni caso, è vitale valutare e migliorare la qualità dei dati.
Le teorie empiriche vanno confrontate con rilevazioni e misure (quando possibile anche con i risultati di esperimenti). In certi casi constatiamo che sono utili almeno entro certi intervalli di tempo o in certe aree o regioni. Vanno usate con circospezione in attesa che nuove risultanze o analisi più profonde forniscano strumenti migliori..
Esempio: i valori cumulativi del numero di morti nella prima ondata di pandemia Covid-19 in Italia nel 2020 seguirono in funzione del tempo un’equazione di Volterra descrivente una curva logistica (a S, a 3 parametri). La fine dei decessi a Giugno fu prevista con 2 mesi di anticipo. Nella seconda ondata, più forte, l’equazione suggerì più volte la fine dei decessi a breve scadenza. Invece, poco dopo, i parametri delle equazioni variavano mirando a valori finali dei decessi lentamente crescenti.
Non ci sono soluzioni semplici e sicure di problemi implicanti grandi numeri di variabili e di popolazioni. Scienziati ed esperti conducono da decenni studi e dibattiti sul modo di analizzare e prevedere a lungo termine gli andamenti di grandi processi demografici, socio-economici, meteorologici, geologici. È materia specialistica che non può essere nemmeno delineata in questa breve nota. Per approfondire, suggerisco la (difficile) lettura di un lavoro specialistico pubblicato nel 1972 sulla rivista “Science” dal fisico (Premio Nobel) Phil W. Anderson “More is different” (“Di più è diverso”).
Come detto sopra, il ricorso a certe procedure empiriche permette di formulare scenari plausibili, che talora forniscono proiezioni anche quantitativamente accurate e. comunque, più interessanti di quelle intuitive