Omero e Tommaso d’Aquino, conoscere l’avvenire
di Roberto Vacca
Scienza e tecnica ci fanno conoscere con accuratezza crescente le conseguenze delle nostre azioni in tempi futuri e anche certi altri eventi che accadranno fra anni. Sappiamo programmare il lancio e le accensioni dei motori a razzo di un’astronave perché dopo anni entri in orbita attorno a un asteroide distante molti miliardi di kilometri.
Ai tempi antichi conoscevamo con accuratezza non spinta il moto di pianeti e satelliti. La letteratura riporta da millenni i presunti successi di profeti nel predire morti e altri eventi – in effetti è stato spesso documentato che le storie delle profezie erano state inventate dopo quegli accadimenti.
Nell’XI canto dell’Odissea, nell’Erebo, l’anima del profeta Tiresia dice a Ulisse:
“Dovrai attendere ancora a lungo il tuo ritorno a Itaca. Ci arriverai povero e derelitto su navi altrui. Faticherai a farti riconoscere dai tuoi: ti aiuterà la tua vecchia balia. Dovrai combattere e uccidere molte persone per riprendere quello che è tuo. Poi ripartirai e arriverai a conoscere popoli che non hanno mai visto il mare e non mangiano cibi conditi con il sale. Porterai in spalla il tuo remo e ti chiederanno se è un ventilabro.”
Nel poema le cose vanno proprio come annunciato da Tiresia.
Orazio (nell’Ode XI del Primo Libro) consigliava alla sua giovane amica Leuconoe di non chiedere che fine ci abbiano preordinato gli dei. “Scire nefas”: saperlo ci è proibito – e concludeva con il “carpe diem”: cogli l’attimo fuggente. Nel XIII secolo Tommaso d’Aquino discusse se sia possibile prevedere l’avvenire in due pagine della sua Summa Theologica [Parte Prima, Questione LXXXVI, Articoli II e IV ].
Il filosofo scrisse:
“Possiamo conoscere Dio, che è infinito dunque possiamo conoscere le infinite specie di ciascun genere (numeri, proporzioni, figure), ma l’infinito, in quanto infinito, è ignoto. Il nostro intelletto conosce per specie intelligibili che astraggono dal qui e ora e sono, quindi, indifferenti al tempo, ma può conoscere le cose presenti e, in certo senso, anche l’avvenire. La conoscenza intellettiva dell’uomo è più efficace di quella degli animali bruti, anche se molti animali riescono a conoscere certe cose future. Ad esempio le cornacchie starnazzano quando sentono che la pioggia è imminente. Dunque l’intelletto umano potrebbe conoscere molte più cose future o in se stesse (il che non è possibile) o nelle loro cause (come fanno gli astrologi che predicono eclissi future). Possiamo anche formulare congetture più o meno attendibili, a seconda che le cause siano più o meno inclinate ad avere effetti.”
Le congetture si possono fare “a sentimento”, ma spesso esprimiamo, ad esempio, la nostra stima di quanto sia probabile un evento futuro mediante un valore percentuale. Dovremmo aggiungere che si tratta di un valore intuito e non calcolato. Le banche fissano i tassi di interesse e, quindi, possiamo calcolare esattamente quanto ci costeranno gli interessi da pagare su un prestito che riceviamo o quanto ci pagherà l’ente che emette un’obbligazione a un tasso x noto.
Nel 1494 Luca Pacioli (frate e matematico amico di Leonardo da Vinci) calcolò il numero di anni in cui raddoppia un capitale investito all’interesse composto di x%. Questo N numero di anni si ottiene come
N = 72/x
Se l’interesse è del 6%, il capitale raddoppia in 72/6 = 12 anni. Se è dell’8%, il raddoppio si ha in 72/8 = 9 anni.
In effetti il calcolo è esatto per l’interesse dell’8 % (che era il tasso usuale in Italia alla fine del XV secolo). Per tassi molto bassi (inferiori all’1 %) imvece del “numero magico” 72, si dovrebbe usare 69,3 [che è uguale a 100 volte il logaritmo naturale di 2 – che Pacioli calcolò quando ancora i logaritmi non erano stati scoperti].