Per creare lavoro: ricerca e sviluppo – non solo flessibilità e riforme
_di Roberto Vacca.
Il 13% dei lavoratori sono disoccupati. Matteo Renzi ha detto ieri: “Occorrono flessibilità e riforme.” Ma non sembra probabile che si creino posti di lavoro solo abolendo Senato e Province e snellendo la pubblica amministrazione.
Proprio oggi la rivista SPECTRUM dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers pubblica una serie di articoli sull’aumento della domanda di ingegneri elettronici. Un uomo chiave Microsoft dice: “Le abilità valgono più delle credenziali accademiche.” Nell’ambiente di Google si parla di Scoiattoli Viola: un paradigma di animali rarissimi che si applica al tipo di ingegneri eccellenti e moderni ai quali il lavoro non manca. Sono specialisti in: cibersicurezza, robotica, tecnologia dell’informazione, software, app mobili, griglie smart, cloud, big data. È vitale che sappiano integrarsi in squadre e che mirino all’eccellenza personale. Sono richiesti non solo in USA, ma anche in Europa e in Asia.
Per creare lavoro, dunque, ci vogliono: educazione e istruzione più diffuse e di migliore livello – ricerca scientifica – sviluppo industriale. Le statistiche dimostrano che l’occupazione è più alta ove i livelli di innovazione sono più elevati. La Commissione Europea ha appena pubblicato la classifica al 2013 dei 27 paesi dell’Unione in base al livello di innovazione raggiunto, espresso da un indice (compreso fra 0 e 1) funzione di 25 indicatori (lauree, ricerca scientifica, investimenti pubblici e privati in R&D, brevetti, etc.) L’istogramma seguente illustra la situazione.
In verde: 4 leader (Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia) – in celeste,: 10 innovatori di seconda classe, in giallo 11 innovatori moderati e in arancione; 3 innovatori scarsi. La Svezia sta a 0,75. La media dei 27 Paesi sta a 0,55. L’Italia sta fra gli innovatori moderati a 0,44 – al 15° posto su 27 – dopo Estonia, Slovenia, Cipro – tutti sotto la media.
In Italia gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo sono lo 0,53 del PIL (0,71 della media europea) e quelli privati sono lo 0,69 del PIL (0,52 della media europea). Questo divario dura da più di 30 anni. Non è solo questione di investimenti, ma di cultura media. La percentuale della popolazione che ha completato l’educazione terziaria è in Italia il 21,7%. La media europea è 35,8 %; Irlanda 51,1 %; Cipro, Lussemburgo, Lituania: 50%; UK 47,1%; Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Francia, Belgio: 44%. A livello più basso dell’Italia c’è solo la Turchia.
L’Italia è, dunque, carente nei livelli di istruzione e negli investimenti in ricerca e sviluppo particolarmente nel settore privato.
Diminuire gli investimenti e le spese (che creano lavoro), aumentare le imposte e i tassi di interesse – sono politiche di austerità inopportune: non favoriscono la ripresa e aggravano la depressione.
I 4 Paesi europei più innovatori (Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia) hanno un PIL pro capite del 25% più alto del nostro e il loro PIL cresce ogni anno di 4 punti percentuali più del nostro. Se innovassimo come loro ogni anno il PIL crescerebbe di 60 miliardi di Euro, rispetto ai quali certi risparmi di cui si parla molto (pure opportuni)– appaiono trascurabili.
Gli imprenditori, quindi, non hanno ragione di chiedere solo flessibilità negli adempimenti burocratici (che pure ci vuole). Devono raddoppiare gli investimenti in ricerca e sviluppo e assumere giovani eccellenti che inventino. Devono creare reti di collaborazione con industrie grandi e piccole, italiane e straniere. Lavoro e prosperità si creano studiando e inventando.
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Seguono 2 tabelle co0n i parametri dell’innovazione per tutti i Paesi Europei dal citato documento della Commissione Europea “Innovation Union Scoreboard 2014”