Ho camminato fra i Sassi, da solo, in questa parte della città dal fascino magico e oscuro
_ di Piernicola Silvis
Presidente Giuria Premio Energheia XIV edizione_2008_
Di questa mia esperienza lucana come giurato del premio letterario Energheia terrò ferme nella memoria molte cose. E per molto tempo. In primo luogo non dimenticherò gli amici che mi sono fatto in due giorni, cioè Rossella, Felice, Rita, Beatrice, Gianni. E Carlo D’amicis, scrittore finalista del premio Strega. Non è sempre facile fare amicizia, come si dice: conoscenze tante, amicizie poche, e questo qualcosa significherà. Non è così? Non dimenticherò l’ospitalità deliziosa fatta di piccole indimenticabili premure, come la gita ai Sassi in compagnia della guida brillante e infaticabile di Felice e Rossella e i mitici mocassini marrone procuratemi dal grande Felice perché – come al solito – anche a Matera sono riuscito a cacciarmi nei guai andandomene in giro da solo per i Sassi mentre pioveva e quindi inzuppando completamente l’unico paio di scarpe che avevo portato. Il Pronto Soccorso ‘Energheia’ (una bevanda concorrente della ‘Red Bull’?) è immediatamente intervenuto con mocassini a domicilio. E poi la loro puntualità, che ti fa dire: “Altro che Zurigo!” Voglio dire che per Rossella e Felice le sei e venti ‘sono’ le sei e venti, non le sei e quarantacinque. Ah, e il cibo? Dico, vogliamo davvero parlarne? Una favola a base di cavatelli, cicoria, pettole, ricotta sublime, bruschette e perfino una pizza eccezionale come la fanno a Napoli, il
tutto divorato in locali bellissimi.
Il versante culturale materano è stato una scoperta: un festival dopo l’altro. Cinema, fumetti, libri, c’è di tutto. E librerie fornite e belle, con librai – leggi Gianni – competenti e professionali. Un fermento culturale che fa onore al Sud.
I racconti, ora. Per me il versante ‘racconti’ si sintetizza in una scoperta, quella di Matteo D’arienzo, che ha scritto il racconto vincitore, ‘Maggio’. Come ha fatto Matteo a trentacinque anni a scrivere un racconto che sembra uscito dalla penna di un autore con esperienza consumata e non di un ragazzo che ha scritto qualcosa di narrativo per la prima volta nella sua vita? Non lo so. Però lo ha fatto, e deve continuare a scrivere. Incoraggiatelo. È un talento naturale. È anche una persona modesta, e credetemi questa non è una qualità da poco.
Poi: Mel Gibson a destra, Mel Gibson a sinistra, fra cristi in croce e vie crucis, perché qualche anno fa per l’ennesima volta Hollywood si è accorta di Matera e qui Gibson ha girato il kolossal ‘Passion’. Ho camminato fra i Sassi, da solo, in questa parte della città dal fascino magico e oscuro in cui ci si perde in un’atmosfera rarefatta e spirituale, ricca di pathos. Smarrito fra una gravina che sembra un canyon del Colorado e, alla mia destra il Sasso Caveoso, ho vissuto sensazioni primordiali in un’atmosfera drammatica. Qualcosa che non avevo mai provato prima. Fra una comitiva turistica, un alberghetto nascosto, una ristrutturazione da rivista e un localino trendy si annida il segreto perverso dei Sassi, quello che non cogli subito ma solo dopo un’attenta riflessione da fare rigorosamente sul posto. I Sassi sono la sintesi geologica e storica dell’umanità, e non potrebbe essere diversamente se si pensa che in quella parte di gravina si è cominciato a costruire abitazioni dal Neolitico – scavandole nella roccia viva – passando per il Preitalico, il Romanico, il Medievale e via dicendo fino al 1950. Quando cammini per i Sassi senti palpabile e presente il senso della tragedia incombente che per secoli hanno vissuto i nostri avi e che ci hanno tramandato nel Dna.
A Matera insomma, in un periodo di Sud odiato, schifato, umiliato spesso anche solo allo scopo di giustificare discutibili speculazioni politiche, posso dire – da meridionale che non ha mai vissuto da adulto in Meridione – di aver finalmente visto un Sud attento, puntuale, non aggressivo, colto, sereno, ospitale. Un certo Sud che a pieno titolo può proporsi come guida della necessaria quanto auspicabile riscossa del nostro Meridione e – oso? – forse dell’intera identità nazionale.
Qui ho visto un gran bel Sud, un Sud diverso e di cui mi sento orgoglioso. Non c’è solo Gomorra, ragazzi. Capito?
Ciao, Matera. A presto.