Poesia di Amelia Rosselli, tratta da Variazioni belliche (1964)
Il Cristo trainava (sotto della sua ombrella) (la sua croce) un informe materiale; parole trainanti nella polvere del dipinto del chiostro di vetro. Sotto della sua chiostra di vetro il Cristo trainava una sciabola. Dodici pecore sogghignavano distrattamente alla sua predica. Io montavo in arabeschi il mio pudore dozzinale, su per le vetrate ricurve della sua sala da pranzo, margherite colate in piombo su dei prati e i cieli oscuranti di blu feroce. Io salivo i gradini della pietà molto ben concentrata in se stessa, con la croce quadriforme della sua durezza alle spalle. Il Cristo incrociato era una colomba, che spaziava teneramente, lusingava con la sua coda i teneri colori del cielo appena accennato. Il cristo deformava il mondo in mille maniere, catacombe delle lacrime. I suoi occhi Bizantini splendenti e crudeli stagliavano rondinelle nel cavo del cuore. La crudeltà si faceva forse meno maestra del mondo, o universo con la sottana troppo piccola, se lui piangeva. Io che cado supina dalla croce m’investo della sua mantella di fasto originario. Bellezza armonia che scintilli anche per i prati ora secchiti: marmo che non cade, curva di spalla sepolta e rinata, con la spala che intacca i geroglifìci del mondo. Forma cunea, alfabeto – triangolo, – punta al cielo le tue dita sporcate di terriccio.