Sogno di un sognatore, Marta Francesca Forlano_Roma
_Racconto finalista ventitreesima edizione Premio Enerrgheia_2017
CAP.1
C’era un uomo, diverso dagli altri; egli non viveva ma sognava. Volava su quelle ali che a tutti gli adulti vengono spezzate dalla semplice e cruda realtà. Non si sapeva bene quanti anni avesse, dove abitasse. Non era nè basso nè alto. Nè giovane nè anziano. Nè bello nè brutto. Era un sognatore. La sua casa erano i sogni, non aveva bisogno di una fissa dimora. La sera sedeva su una vecchia sdraio di plastica verde tutta rovinata, in un giardino. Ammirava il prato blu come il cielo e il cielo verde come il prato. Lui non vedeva il mondo come tutti, lo vedeva a modo suo. Volava nel mare e nuotava nel cielo. Raccoglieva nuvole come se fossero fiori. Nel suo giardino crescevano stelle brillanti che s’innalzavano nell’immensità della notte. E quando di sera sbocciavano come rose e la luna cantava e petali danzavano intorno a lui, la magia aveva inizio. Si cullava in quel prato stellato e viaggiava in quel vortice di fiori. Sognava di volare lontano. E lontano volava e sognava.
CAP.2
Molti pensano che tra le stelle non ci sia niente. Ma è proprio lì che nascono i sogni, che nascono le favole. Si incontrano persone curiose. In una notte brillante il sognatore viaggiava vicino a Saturno, lì c’era un uomo gelido. Aveva i capelli bianchissimi, coperti da un cappuccio, occhi sbarrati, bocca increspata, come il cielo, era talmente anziano che aveva bisogno di un bastone per camminare. Sembrava dicesse: ”Non parlatemi, perchè non vi risponderò.” Viveva solo, in una grande iglù. Non parlava, non viaggiava, non sognava. Il sognatore giunse da lui, “Ciao” disse e una scia di brina uscì dalla bocca dell’uomo gelido. “Tu chi sei?” L’uomo sorprendentemente rispose: “Una volta ero un romanziere, raccontavo storie alle stelle ballerine e loro mi riscaldavano, le mie favole venivano da lontano, me le aveva un tempo narrate mio padre il vento. Lui viaggiava in ogni dove e conosceva molti luoghi magnifici e strani, le sue storie erano meravigliose pensa che era giunto addirittura in una terra nella quale gli abitanti sapevano sognare. Poi improvvisamente un gelo terribile ha investito il mio pianeta e la mia anima, e così il mio pianeta è talmente freddo che nessuna stella osa avvicinarsi. Vivo nel gelo più assoluto, vivo solo. Non sogno più, senza le mie stelle. Non so più che farmene dei sogni, non so più cosa sognare, anzi mi stupisco che tu continui a viaggiare in un sogno. Non ricordo neanche più cosa sia un sogno. E tu che cosa sogni?” Il sognatore rispondeva “Sogno treni e cascate, gocce di pioggia e frecce argentee, nuvole e onde; e sai perchè li sogno? Perchè non smettono mai di viaggiare, di danzare, di correre e di volare. Forse… Dovresti ricominciare a sognare, perchè i sogni sollevano l’anima, la fanno fluttuare in mondi migliori, la rendono libera!” Quell’uomo gelido allora si sdraiò e cominciò a guardare il cielo privo di stelle, contemplò quell’infinito per molto tempo, e il sognatore lo osservava. Pian piano quell’uomo talmente anziano stava divenendo sempre più piccolo o forse era quell’immensità a rimpicciolirlo? No stava morendo, era diventato la stella polare, fredda, gelida, ma capace di raccontare grandi storie di pescatori e di marinai, che nella notte tanto buia erano riusciti a ritrovare la strada di casa guardandolo. E allora intorno a lui nacque una costellazione che non lo avrebbe mai più lasciato da solo: quella del piccolo carro.
CAP.3
Una sera, il sognatore, solcando quell’oceano infinito, atterrò su un pianeta davvero poco conosciuto. Aveva un nome talmente strano che nessuno riusciva a pronunciarlo, così quel pianeta fu dimenticato da tutti. Proprio lì viveva un uomo piccolo piccolo, era fragile e delicato. Aveva la carnagione bianca bianca come la neve, i suoi occhi cristallini scrutavano tutto ciò che aveva intorno, aveva dei capelli tanto neri che accecavano coloro che li fissavano. Emanava una luce spenta. In testa aveva un cappello, era un bel cappello, verde bottiglia. In spalla aveva una canna da pesca. Era seduto proprio sul bordo di quel piccolo pianeta, aspettava, aspettava e aspettava. Dopo averlo osservato per un po’, si chiese cosa stesse facendo. Sedette accanto a lui, era quasi trasparente, i suoi occhi erano tanto brillanti che sembravano illuminare quell’immensità. Incuriosito, chiese lui cosa stesse facendo. Il pescatore rispose: “Non mi vedi? Non vedi che sto pescando?” “E che cosa vuoi pescare?”. L’uomo spiegò lui: “Io ho perso tutto, la mia luce, la mia brillantezza, il mio calore, io prima illuminavo tutta questa infinità, io prima ero una stella ardente. Cos’altro posso fare se non catturare la brillantezza di altre stelle? Io devo brillare, ancora una volta. Io devo esplodere in un fuoco accecante. Io devo ancora essere vivo. Non mi vedi, pian piano sparisco, la mia luce diventa oscurità. Io sono il buio di cui tutti i bambini hanno paura. Dov’è andato a finire il mio spendore, io volavo alto nel cielo, e poi sono caduto. In un secondo, in un soffio, in uno schianto, la mia luce è diventata tenebre.” I suoi occhi spenti si affievolivano sempre più fino a diventare oscurati da un’immensa tristezza. Il sognatore, tentò di consolarlo: “Sai cos’è la realtà? E’ un burrone in cui tutti gli adulti cadono, quando credono di essere troppo grandi per considerarsi ancora bambini. Ma quel burrone è spaventoso. La paura più grande di un adulto è quel burrone. Io in quel burrone non ci sono ancora caduto, ma ho paura. Tutti abbiamo paura, di cadere, perchè succede a tutti prima o poi. La cosa importante è non dimenticarsi mai di sognare. Perchè i sogni salvano le persone. Anche se ci sono persone che sostengono che i sogni uccidano. Ma come può, un qualcosa di così meraviglioso spegnere qualcuno. I sogni accendono le persone. Le rendono vive, impediscono che cali l’oscurita in quelle anime rotte.” Dopo queste parole pian piano, il pescatore si calmò, e un sorriso talmente splendente s’impadronì di lui che la sua luce era accecante per il sognatore; si innalzò nel cielo il pescatore, o come ora viene chiamato, sole.
CAP.4
Il nostro amico sognatore non si stancava mai di viaggiare, usava ogni mezzo di trasporto possibile. Un giorno mentre viaggiava su una mongolfiera, vide una gondola. Questa era di legno, come quelle che si trovano a Venezia, e alla guida della gondola c’era un bambino molto piccolo, tanto piccolo da scomparire in quella barca così grande, avrà avuto all’incirca sette anni. Aveva gli occhi neri e brillanti proprio come il sole, luccicavano in quel mare infinito, aveva i capelli talmente chiari che sembravano trasparenti. La sua bocca era dolce e socchiusa. Sembrava sognare quando lo si guardava mentre contemplava quelle stelle meravigliose tanto simili a lui. La sua figura piccolissima, sembrava cercasse qualcosa, i suoi occhi splendenti erano persi nell’infinito, o forse nell’oblio. L’uomo si avvicinò: “Ciao piccolo, stai cercando qualcosa?” Il bambino rispose timidamente: “ Sì, ho perso la mia infanzia. Per caso l’hai vista qui in giro, ho proprio bisogno di ritrovarla. Perchè sai è difficile per i bambini vivere senza infanzia anche se ormai ci si fa l’abitudine!” “Sai almeno come ti chiami?” “Te l’ho detto, mi è stata portata via l’infanzia, io non esisto dunque non ho un nome. Ma io voglio esistere, quindi devo ritrovare la mia infanzia!” “Hai detto che ti è stata portata via, da chi?” “Boh, non saprei, sai un giorno nel pianeta da cui provengo, è accaduto qualcosa di molto strano, gli adulti la chiaman guerra. Non ho ben capito cosa fosse, ma improvvisamente ed inispiegabilmente la gente ha iniziato a combattere. E poi sono gli adulti che dicono a noi bambini di non litigare, certo che sono proprio incoerenti. Ma sai penso che a volte anche i grandi debbano essere rimproverati, perchè anche loro sbagliano. I bambini ricordan tutto, ma gli adulti soffrono di una strana forma di amnesia che fa loro dimenticare addirittura l’esistenza della felicità. Certo che sono proprio strani eh!” L’uomo stette ad ascoltare sbigottito le parole del bambino, disse lui: “Ti va di venire con me, ti porterò in un paese dove potrai vivere felice, dove ci sono le più grandi meraviglie che tu possa mai ammirare, come i fiori, i ruscelli, le farfalle colorate e i cieli tersi. Ma poi dovrai andare via. Dovrai crescere.” Il bambino felice andò con lui, l’uomo sorvolò sulla terra, ma poi si allontanò.
CAP.5
Viaggiando e conoscendo tanti mondi l’uomo incontrò molti insoliti personaggi. Un giorno, viaggiando intorno ad una galassia sconosciuta al mondo degli uomini, incontrò un pittore. Era tutto macchiato da colori: aveva capelli blu e il viso colorato di verde e azzurro, le braccia erano dipinte di un bel lilla, solo la sua tuta completamente bianca non presentava neanche una pennellata. Aveva gli occhi assorti, velati da malinconia e gioia o da paura e audacia o da serenità e ansietà. Stava davanti al cielo e dipingeva stelle, pianeti, meteoriti. I suoi capolavori si libravano nell’aria fresca e il vento gliele portava via. Il sognatore si avvicinò a quel pittore e lo salutò. Questi gli rispose, allorchè il sognatore gli chiese: “Cosa fai?” Il pittore gli rispose pacatamente e lentamente, quasi in preda ad un sogno: “Dipingo.” E di nuovo questi con occhi sognanti, come se non ci fosse nessuno accanto a lui, continuava indisturbato il suo lavoro. Il sognatore dunque lo interrogò nuovamente: “E perchè lo fai?” E allora, in quel momento il pittore posò i suoi pennelli e sempre placidamente si sedette, guardò il sognatore con occhi luminescenti, e iniziò a raccontare la sua storia: “C’era un tempo, ormai lontano, in cui vivevo su un pianeta, un pianeta grigio, terribilmente grigio. Questo pianeta è molto lontano, lontano da qualsiasi cosa. Nulla osava avvicinarcisi, o almeno così io lo ricordo. Ecco vedi, in quel luogo era vietato avere emozioni. Un giorno, ogni settimana venivano uomini talmente grigi da sembrare fumo, questi offuscavano i sensi e rubavano le emozioni. Io ho vissuto talmente tanto tempo senza emozioni, non sapevo cosa fossero, finchè un giorno, ero disteso a guardare un cielo talmente grigio da essere opprimente, quel cielo mi schiacciava sotto il suo peso. Mentre ero lì disteso, vidi qualcosa di brillante, era un fiore, la bellezza di quel fiore mi riempì gli occhi, allora le emozioni cominciarono a riaffiorare in me, la gioia, la tristezza, la paura. E allora cominciai a piangere, a ridere, a gridare e a saltare; nel momento in cui la mia prima lacrima toccò il suolo del mio pianeta, questo iniziò a spaccarsi e io precipitai nell’immensità più oscura. Fluttuai per giorni e notti, non sapendo neanche cosa fossero il giorno e la notte perchè nel mio pianeta non c’era altro che un grigiore eterno. E mentre volavo piangevo gridavo e ridevo. Fino a che non arrivai in questo pianeta, qui però capii una cosa: dovevo dare una forma alle mie emozioni. Perchè se no sarebbero diventate vuote e senza alcun significato. Le mie emozioni presero così le sembianze dell’arte: nasce così l’intero universo, come tu ora lo conosci. Così meraviglioso, ma nessuna stella è uguale all’altra, così come nessun pianeta è uguale ad un altro. Perchè ogni singola emozione ha un suo significato ed un suo valore.” Allora il pittore, si alzò con gli occhi brillanti e ricominciò a dipingere, dalle sue lacrime nascevano stelle, dalle sue risa fiorivano pianeti. E mentre il sognatore si allontanava piangeva, e sognava di viaggiare su una stella cometa. Dunque anche sognare è arte?
CAP.6
Una notte, mentre il sognatore sognava di volare su una nuvola, accarezzò un nuovo pianeta. Questo pianeta era davvero gigantesco. Il sognatore viaggiò per lunghe notti, fino a che non arrivò nella parte più oscura di tutto il pianeta. Qui si accorse di un uomo che stava silenziosamente seduto e guardava un piccolo laghetto. Questo uomo aveva lo sguardo talmente vuoto da sembrare inesistente. Era molto piccolo. Appariva come un miraggio. Il sognatore come sempre, si avvicinò e chiese cosa stesse facendo. Egli rispose che stava cercando di guardarsi allo specchio. Il sognatore, piuttosto perplesso chiese: “Perchè?” E allora quell’uomo disse: “Perchè non esisto.” E allora il sognatore, contrariato gli rispose. “Ma certo che esisti, ti vedo benissimo, qui davanti a me, posso anche toccarti.” L’uomo inaspettatamente scoppiò in una profonda risata e disse: “Ma perchè tu credi veramente che ogni cosa che vedi esista ed ogni cosa che non vedi non esista?” Il sognatore si sedette, e ancora perplesso chiese all’uomo di raccontargli la sua storia. Questo gli rispose: “Sai, c’è un momento della nostra vita, in cui siamo perfettamente noi stessi, senza alcuna influenza. É un periodo molto corto, che viviamo solo nella prima parte della nostra vita. Dopo poco questo periodo termina e il nostro vero essere cambia. E allora non siamo più noi stessi, chi siamo? Se non siamo più noi stessi allora non esistiamo. Cosa ci ha fatto cambiare? Sai quando io ero piccolo, nel mio pianeta che sta proprio vicino la Terra, c’era una cosa che si chiamava società, era formata da persone tutte uguali, tutte pensavano le stesse cose e facevano le stesse cose. Questa ti influenza tanto da cambiarti. La società risucchia sempre più la tua identità fino al punto che di tuo in te non c’è più nulla. E questo dopo un po’ smette di sorprenderti. E tu non sei più te stesso. E questo dopo un po’ smette di sorprenderti. E tu ti guardi allo specchio e vedi te stesso, ma c’è qualcosa che non puoi vedere allo specchio. E non ti riconosci nonostante la tua immmagine rimanga invariata. E questo dopo un po’ smette di sorprenderti. Perchè non ci sono domande, non c’è pensiero, non c’è ragionamento o libertà, c’è solo la grande identica società. Un giorno mi domandai chi fossi io veramente, e decisi di scappare, per ritrovare la mia identità. Atterrai in questo paese e vidi questo laghetto. Mi specchiai e vidi la mia immagine, l’immagine di sempre, ma dov’è la mia identità in questa immagine? É invisibile. Cerco di vederla in questa mia immagine, ma è inutile.” Allora il sognatore rispose: “ Sai io viaggio tanto, conosco molta gente, e sono me stesso- o almeno credo di esserlo- conosco me stesso, mi miglioro e imparo molte cose. Sai sognare e vivere ti aiuta a essere te stesso.” E allora l’uomo rispose: “Ma sognare non è il contrario di vivere?” Il sognatore non capiva, al che l’uomo si spiegò; “Se sogni non ti perdi tutto ciò che è reale?”
CAP.7
Il sognatore improvvisamente si svegliò e vide dopo tempo sorgere il sole. E vide il colore verde del prato e quello blu del cielo, e gli apparivano belli, brillantemente belli. E come tutti coloro che aveva incontrato, anche lui aveva perso qualcosa: aveva perso la vita reale. Anche per lui era tempo di ritrovare ciò che aveva perduto. Ma la sera quando si sedeva sulla sedia che non aveva mai abbandonato, rivedeva il cielo verde e i pesci volare, rivedeva il prato di un azzurro terso dove sguazzavano gli usignoli. Il sognatore sapeva che il sogno è l’unico luogo in cui si è liberi, veramente.