Telescopio inventato da Leonardo da Vinci e dimenticato per secoli
di Roberto Vacca
La maggioranza delle persone colte non sa chi inventò il telescopio. Ho interrogato numerosi laureati in ingegneria, medicina ed economia di età compresa fra 25 e 80 anni. Alcuni non ne avevano idea, Molti hanno risposto che l’inventore era Galileo Galilei. La risposta è errata come dimostrò ben 84 anni fa il fisico sperimentale Prof. Domenico Argentieri, che era fra l’altro direttore della Salmoiraghi. [1]
Fu Leonardo da Vinci nel 1492 a inventare e costruire il primo telescopio. Leonardo aveva dedotto (per analogia con le onde prodotte dalla caduta di un oggetto su una superficie di acqua orizzontale calma e indisturbata) che anche suoni e luci sono trasmessi da onde. Queste non implicano moto orizzontale, ma un tremore trasversale – cioè perpendicolare alla superficie orizzontale.
Leonardo costruiva anche lui lenti piano convesse (per correggere la presbiopia “dei sessantenni”); nel 1492 costruì un primo cannocchiale senza oculare. Lo perfezionò e nel 1508 montò una lente piano-convessa (obiettivo) in un tubo all’altra estremità del quale (a distanza di 72 millimetri) aveva allineato una lente biconcava divergente (oculare) del diametro di 46 millimetri e dello spessore ai bordi di 4 millimetri. Ingrandiva di circa il 40%, poi migliorò fino ad alcune volte.
La descrizione della struttura del telescopio e degli attrezzi con cui molava e rettificava le lenti, è riportata – corredata da ottimi disegni – nel Codice Atlantico [2] (ora alla Biblioteca Ambrosiana) e nei manoscritti leonardeschi A, E, F conservati all’Accademia di Francia.
Questi ultimi erano andati smarriti e li ritrovò nel 1889 Félix Ravaisson Mollien (1813-1900), che, però, non riuscì a interpretarli correttamente. Ravaisson Mollien fu ispettore delle biblioteche francesi – nel 1870 fu nominato da Napoleone III conservatore della sezione classica del Louvre. Letterato e filosofo, è noto per un suo saggio sull’abitudine, che definiva un fattore importante per comprendere la natura mana – rilevante anche per le discussioni su questioni morali. Ravaisson ebbe notevole influenza sulla cultura francese; secondo alcuni, in particolare su Proust, Bergson, Merleau-Ponty, Derrida e Deleuze (questi ultimi due notori esponenti della così detta nuova filosofia francese, analizzata nella sua trasparente nullità da Alan Sokal e Jean Bricmont) e anche su Heidegger.
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[1] Argentieri, D. – Leonardo’s Optics, pp. 405-435- Atti Mostra Leonardesca di Milano 1939
Argentieri, D. – L’ottica di Leonardo, Studio Tipografico del Genio Civile, 1939
Argentieri, D. – Ritrovamento delle curvature delle lenti del cannocchiale vinciano, ed. Macciachini, Milano 1939
[2] sono 399 fogli (di 65 x 47,5 cm – formato usato per gli atlanti, da cui il nome) di scritti, appunti e disegni rilegati con titolo in oro: DISEGNI DI MACHINE E DELLE ARTI SECRETE E ALTRE COSE DI LEONARDO DA VINCI RACCOLTE DA POMPEO LEONI
Il foglio 53 (verso) del manoscritto F (scritto nel 1508) mostra il disegno del telescopio con due lenti, ma Ravaisson lo interpretò erroneamente come relativo a due lenti separate da usare una all’aperto e l’altra “nello studio”.
La priorità dell’invenzione di Leonardo è stata dimostrata da D. Argentieri nelle opere citate. Una copia del telescopio di Leonardo, recante la scritta “Anno 1590” fu portata in Olanda. Ispirò, forse l’ottico Hans Lipperhey che presentò il suo telescopio che aveva realizzato prima di quello che Galileo mostrò nel 1609.
Non sembra che la copia citata possa esser stata ispirata dallo specchio parabolico e dall’occhiale realizzati a Napoli nel 1580 da Giambattista Della Porta, che inventò la camera oscura, confutò l’astrologia, fu accusato di stregoneria, fondò la fisiognomica, scrisse “De telescopio” e altri trattati su fenomeni naturali sorprendenti, sulla rifrazione, sulla forza elastica del vapore oltre a numerose commedie. Era in corrispondenza con Galileo e sostenne di aver inventato lui il telescopio pur ammettendo di non aver compiuto osservazioni astronomiche significative. Curiosamente la sua priorità fu accettata da Keplero, il quale ebbe nel 1610 un’interessante corrispondenza con Galileo.
Leonardo nei tre anni passati a Roma (1513-1515) studiò la geometria di grandi specchi concavi parabolici da sostituire alle lenti per ottenere ottimi ingrandimenti. Li costruì in bronzo e due secoli prima di Newton trovò che l’aggiunta di arsenico nella lega oltre a rendere il bronzo più fragile ne aumentava molto la durezza. Il materiale, così reso compatto e a grana fine, era molto più adatto ad essere levigato come il vetro con buone proprietà ottiche.
Nel Codice Atlantico (Folio 396 retto e verso) Leonardo riportò il disegno della sua macchina lunga 12 metri per molare specchi parabolici con distanza focale di 6 metri che è rappresentata nella figura seguente.
Leonardo: macchina lunga 12 m per molare specchi parabolici con distanza
Focale di 6m [Codice Atlantico Foglio 396]
Non sono arrivate fino a noi queste macchine, né parti di esse – come è anche il caso di tante altre macchine disegnate da Leonardo, di cui modernamente sono stati ricostruiti modelli di legno. Leonardo ne costruì segretamente vari esemplari con l’aiuto di due artigiani tedeschi noti come Mastro Giorgio e Mastro Giovanni degli Specchi. Quest’ultimo collaborò alla costruzione del citato grande specchio parabolico concavo con cui Leonardo riuscì a vedere notevoli ingrandimenti della luna di cui ha scritto e forse anche i 4 satelliti di Giove – un secolo prima di Galileo.
Nel foglio 247 del Codice Atlantico Leonardo narra come Giovanni degli Specchi volesse costruire una copia del grande specchio parabolico che voleva portare con sé in Germania. Leonardo non gli permise di costruirla e scrisse che gli diede solo disegni parziali di ciascuna delle parti componenti con indicazione di larghezza, lunghezza, altezza e forma di ciascuna.
Se Leonardo avesse visto i quattro satelliti di Giove (che un secolo più tardi Galileo chiamò “Medicei”), avrebbe mantenuto il segreto per non essere perseguitato dall’Inquisizione che avrebbe potuto metterlo al rogo malgrado la protezione di papi e cardinali, i suoi meriti agiografici (quadri e affreschi di Cristo, santi e martiri.) e numerose invocazioni formali di stampo cattolico nei suoi scritti.
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La ricostruzione di Argentieri dei dati sul telescopio vinciano non convinse tutti (vedi il Giornale di Astronomia, N°45, 4 Dicembre 2019) Alcuni astronomi negarono che Leonardo avesse mai costruito telescopi. Fra questi: Pio Emanuelli e Vasco Ronchi, che ebbe una polemica lunga e infocata con Argentieri, il quale conclude le sue violente critiche a Ronchi (nel terzo libro citato sopra nella nota [1]) copiando la seguente volgare riflessione dello stesso Leonardo (Codice Trivulziano, Foglio 14):
“Demetrio solea dire non essere differentia dalle parole e voce dell’imperiti ignoranti che sia da soni e strepidi causati dal ventre ripieno di superfluo vento. E questo non senza cagion dicea: imperochè lui non reputava esser diferentia da qual parte costoro mandassimo fuora la voce o dall part ineferiori o dalla bocha chè l’una e l’altra era di pari valimento e sustanzia.”