Tempo medio fra gravi guasti
di Roberto Vacca.
Nel 1959 Oskar Morgenstern, che aveva inventato con von Neumann la teoria
matematica dei giochi competitivi, scrisse:
«Un giorno un’arma nucleare esploderà in modo accidentale senza alcuna connessione
con piani militari. La mente umana non può costruire qualcosa che sia infallibile».
Lo scienziato non aveva azzardato calcoli probabilistici. La sua intuizione suona
ancora plausibile. Sono stati ingenui i tentativi di quantificare i tempi entro i quali
attendersi la deflagrazione di una bomba atomica o gravi disastri tecnologici di vari tipi.
Nel 1975 N.C. Rasmussen, direttore della Divisione Energia Nucleare dell’MIT, stimò
che un incidente tale da causare la fusione del nucleo di un reattore termonucleare per la
produzione di energia avrebbe potuto causare 100 morti ogni 10.000 anni e causare 1000
morti in un incidente più grave ogni milione di anni. Quattro anni dopo si verificò la
parziale fusione del nucleo nella centrale americana di Three Mile Island – senza causare
vittime. Solo undici anni dopo, nel 1986 avvenne il disastro di Chernobyl in Ucraina.
Causò alcuni morti per l’esplosione e altri 4000 in conseguenza delle radiazioni
prodotte. Notoriamente le nubi radioattive prodotte si diffusero in tutta Europa: per un
certo tempo fu proibito il consumo di vegetali freschi a rischio di contaminazione.
Nel 2011 uno tsunami (che causò 19.500 morti) investì la centrale elettronucleare
giapponese di Fukushima avventatamente costruita sul mare Ne conseguì l’inquinamento
di tratti di mare circostanti.
Negli anni seguenti fonti ufficiali USA hanno asserito che i reattori nucleari di nuova
progettazione saranno sempre più sicuri con gravi incidenti attesi in media non prima di
10 milioni di anni. Queste stime sembrano inattendibili. È curioso che perfino il noto, grande
fisico Freeman Dyson, nel suo libro “Infinite in all directions” (1988) abbia introdotto il
concetto (non corroborato da calcoli o stime plausibili) di reattori elettronucleari che in
media non dovrebbero produrre disastri che ogni miliardo di anni. (queste considerazioni
appaiono estremamente paradossali dato che la vita utile di un reattore elettronucleare si
considera compresa fra 50 e 80 anni). I reattori più sicuri che funzionano ad alta
temperatura (1000°C e oltre) e sono raffreddati a elio invece che ad acqua (sono denominati
HTGR – High Temperature Gas-cooled Reactors). Ne sono stati realizzati pochi. In Cina
ne sono entrati in funzione 2 da 300 MW nel 2022.
Notevole che in base al numero di vittime dovute a incidenti, è da ritenere finora che gli
impianti idroelettrici siano più rischiosi di quelli elettronucleari. Nel 1963 il materiale
di una frana lunga 2 kilometri precipitò dal monte Toc nell’invaso della diga del Vajont
e l’onda conseguente uccise 1917 persone. Nel 1976 il crollo di una diga nella Repubblica
Popolare Cinese provocò 230.000 vittime.
Non ha molto senso, dunque, tentare di stimare le probabilità di disastri già verificatisi
e ben descrivibili, ma causabili da insiemi di numerosissimi eventi. Se ne registrano le
frequenze che si mira a minimizzare seguendo le procedure sempre più elaborate e
rigorose dell’ingegneria dei rischi.