Ti racconto un libro
“L’arte della gioia” è un libro postumo: giaceva da vent’anni abbandonato in una cassapanca e, dopo essere stato rifiutato da molti editori, venne stampato in pochi esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscì in Francia ricevette il giusto riconoscimento. Nel romanzo tutto ruota intorno alla figura di Modesta: una donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune. Una donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto. Modesta nasce in una casa povera ma fin dall’inizio è consapevole di essere destinata a una vita che va oltre i confini del suo villaggio. Ancora ragazzina è mandata in un convento e successivamente in una casa di nobili dove, grazie al suo talento e alla sua intelligenza, riesce a convertirsi in aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza smettere di sedurre uomini e donne di ogni tipo. Amica generosa, madre affettuosa, amante sensuale: Modesta è una donna capace di scombinare ogni regola del gioco pur di godere del vero piacere, sfidando la cultura patriarcale, fascista, mafiosa e oppressiva in cui vive. “L’arte della gioia” è l’opera scandalo di una scrittrice. È un’autobiografia immaginaria. È un romanzo d’avventura. È un romanzo di formazione. Ed è anche un romanzo erotico, e politico, e psicologico. Insomma, è un romanzo indefinibile, che conquista e sconvolge.
Goliarda Sapienza (Catania, 10 maggio 1924 – Gaeta, 30 agosto 1996) è stata una scrittrice e attrice italiana. È ricordata per la sua personalità poliedrica e complessa, e per il grande successo del suo romanzo, pubblicato postumo, L’arte della gioia. È considerata come una delle scrittrici più significative della letteratura italiana del Novecento.
Goliarda Sapienza nacque a Catania dalla sindacalista Maria Giudice, la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino e l’avvocato socialista Giuseppe Sapienza. I genitori, entrambi vedovi, con tre figli l’uno e sette l’altra, la crebbero in un clima di assoluta libertà da vincoli sociali: il padre ritenne opportuno non farle nemmeno frequentare la scuola, per evitare che la figlia fosse soggetta a imposizioni e influenze fasciste. Ereditò il nome dal figlio maggiore del padre, il fratellastro Goliardo Sapienza, morto affogato in mare tre anni prima della sua nascita, presumibilmente ucciso dalla mafia, che difendeva gli interessi dei proprietari terrieri, o dai fascisti.
A sedici anni si iscrisse all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma, dove si era trasferita nel frattempo la sua famiglia. Per un periodo intraprese anche la carriera di attrice teatrale, distinguendosi in ruoli di protagoniste pirandelliane. Lavorò saltuariamente anche nel cinema, spinta inizialmente da Alessandro Blasetti ma in seguito si limitò a piccole apparizioni da figurante, spesso non accreditate, come in Senso di Luchino Visconti. Nel 1949 conobbe il giovane regista Citto Maselli, con cui iniziò una relazione durata diciotto anni. Successivamente sposò lo scrittore e attore Angelo Pellegrino.
Negli ultimi anni della sua vita fu docente di recitazione presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dietro interesse dell’amica Lina Wertmüller. Nel 1994 interpretò se stessa nel docufiction a lei dedicato, Frammenti di Sapienza, ideato e diretto da Paolo Franchi. Il documentario fu presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Lasciò la carriera di attrice per dedicarsi alla scrittura. Il suo primo romanzo fu Lettera aperta (1967), che raccontava l’infanzia catanese, seguito da Il filo di mezzogiorno (1969) resoconto della terapia psicanalitica con il medico messinese Ignazio Majore.
Nel 1980 finì in carcere, dove fu detenuta per cinque giorni, per il furto di alcuni gioielli di un’amica che vendette ad un banco dei pegni usando la carta d’identità della cognata. Sempre in carcere, ma anche successivamente, continuò l’opera di scrittrice, pubblicando però molto poco, fatta eccezione per alcune sue opere come L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio, pubblicato grazie all’incontro con il conterraneo poeta ed editore Beppe Costa, che si batté a lungo per lei. Costa tentò senza successo di farle assegnare il vitalizio della Legge Bacchelli, né riuscì a ottenere la ristampa delle sue opere. Sapienza riuscì comunque a pubblicare, con la sua casa editrice Pellicanolibri, Le certezze del dubbio, nel 1987, e fu premiata successivamente in occasione del Premio Casalotti del 1994. Durante la reclusione nel carcere di Rebibbia, si sentì più accettata dalle proprie compagne di reclusione che dagli intellettuali italiani e, dietro le sbarre, trovò il riconoscimento che desiderava: «Sono tornata a vivere in una piccola comunità dove le proprie azioni vengono seguite, e approvate quando giuste, insomma, riconosciute», scrive su L’università di Rebibbia, racconto del suo tempo in carcere.
Il suo romanzo più celebre, L’arte della gioia, fu pubblicato postumo per intero da Stampa Alternativa nel 1998, a cura di Angelo Maria Pellegrino. Soltanto la prima delle quattro parti che lo compongono era stata stampata durante la vita dell’autrice, nel 1994, nella collana Millelirepiù diretta da Marcello Baraghini. Il romanzo fu ripubblicato da Einaudi nel 2008. La stessa casa editrice ha pubblicato successivamente i volumi Io, Jean Gabin (2010), Appuntamento a Positano (2015) e una selezione di pensieri tratti dai diari della scrittrice, raccolti nei volumi Il vizio di parlare a me stessa (2011) e La mia parte di gioia (2013).